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28/03/2019

Autonomia differenziata: ricadute in materia di istruzione

di Emanuele Barbieri

Finalmente si è rotto il muro del silenzio e le scelte sull’Autonomia differenziata hanno suscitato le attenzioni che meritano. Ora non può più passare sotto silenzio una modifica costituzionale importante come quella prevista dall’articolo 116 della Costituzione.

La norma, introdotta nel 2001 con la modifica del Titolo V, prevede la possibilità di attribuire forme e condizioni particolari di autonomia alle Regioni a statuto ordinario. Tra le materie nelle quali possono essere riconosciute tali forme ulteriori di autonomia rientrano “le norme generali sull’istruzione”.

Prima di esaminare le implicazioni culturali, istituzionali, politiche e sociali di una tale scelta credo sia utile richiamare, anche se schematicamente, le esigenze e i problemi del nostro sistema di istruzione, ma anche i danni che interventi maldestri e improvvisati hanno determinato e possono determinare.

Il problema di fondo della scuola italiana consiste nella sua iniquità, intesa come incapacità di colmare le disuguaglianze. Il contrasto delle disuguaglianze non si affronta modificando il quadro delle competenze. È necessario ricostruire le condizioni politiche e professionali per un esercizio più qualificato dei compiti e delle funzioni proprie dei diversi livelli istituzionali e attuare quanto già previsto in termini di responsabilità, trasparenza e rendicontazione puntuale. In atri termini, non serve un altro pasticcio né un’altra grida manzoniana, ma un serio mutamento culturale.

L’esperienza dell’ultimo ventennio ha dimostrato quanto sia inutile e spesso dannoso continuare a cambiare le norme: occorrono una classe politica e un’amministrazione più rispettose della Costituzione e del ruolo istituzionale della scuola. Così come è noto, almeno a coloro che si occupano e preoccupano dei risultati del sistema di istruzione, che le disuguaglianze crescono in relazione alle caratteristiche territoriali e alle competenze affidate agli enti territoriali.

Servono interventi differenziati a favore delle situazioni più svantaggiate. L’attribuzione di maggiori competenze in materia di istruzione nelle regioni più ricche avrà come conseguenza un aumento delle disuguaglianze. Questo non significa ignorare le ragioni che spingono verso certe proposte. Tali ragioni vanno analizzate al fine di costruire risposte diverse e convincenti.

Occorre, inoltre, analizzare attentamente le norme relative al federalismo differenziato, sapendo che ci sono nella stessa Costituzione elementi per contrastare ipotesi di destrutturazione del sistema nazionale di istruzione.
Come punto di partenza c’è da obiettare che lo Stato non può trasferire ulteriori competenze senza aver definito prima i livelli essenziali delle prestazioni (LEP) validi su tutto il territorio nazionale. Altri motivi di contestazione si possono reperire in alcune sentenze della Corte costituzionale. Ma l’opposizione a una scelta sbagliata e pericolosa non può essere però solo giuridica e parlamentare. Deve svilupparsi sul piano culturale e politico, coinvolgendo tutti i soggetti interessati.

Data l'ampiezza e l'articolazione del tema trattato, abbiamo preferito, per agevolarne la lettura, fornire al lettore due documenti impaginati e scaricabili in pdf, intitolati rispettivamente:

In considerazione della rilevanza politica del tema, abbiamo scelto di pubblicare i due testi in libera lettura e non solo per gli abbonati.

Scrive...

Emanuele Barbieri già Direttore Regionale Emilia Romagna e Capo Dipartimento Programmazione Ministeriale Bilancio, Risorse Umane, Informazione del MIUR

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