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02/07/2018

Perché e come la competenza

di Bianca Guzzetta

Nell'ambito del nostro "speciale" Di nuovo conoscenze vs competenze!, pubblichiamo con molto interesse questo contributo di Bianca Guzzetta, che ci auguriamo possa consentirci di proseguire nella riflessione e nella ricerca attorno a questi temi,  da noi   ritenuti  centrali  e decisivi nel dibattito pedagogico e didattico.

 

Perché la competenza

L’allievo che apprende attraverso lunghi processi di addestramento e di esercizio della memoria, abituato a prolungati tempi di attenzione in “posizione di ascolto” non esiste più: questa perdita, o meglio l’elaborazione di questa perdita non è ancora pienamente compiuta da parte di noi docenti. La mancata elaborazione e pacificazione con questo lutto diventa negazione e rifiuto di tutto ciò che, didatticamente e metodologicamente, ci mette di fronte al fatto che i bambini e i ragazzi del contemporaneo sono portatori di altri bisogni rispetto all’apprendimento e al sapere.
Sicuramente non necessitano di insegnanti che sappiano tutto, che conoscano i dettagli di un mondo i cui contorni sono sempre più allargati e sfumati, non necessitano di tutte le informazioni possibili, facilmente reperibili altrove; sono portatori, però di una richiesta di organizzazione, di mediazione e di senso che riguarda il sapere e  la grande mole di informazioni vere, verosimili, false. Ancora, dal mio punto di vista, gli allievi, chiedono, più o meno esplicitamente, che la mediazione didattica ed educativa, acquisisca senso per il loro sé, per le loro vite, o meglio per migliorare la loro condizione di vivibilità, intesa questa come  possibilità di costruire consapevolezza e di rivendicare uno spazio di identità possibile insieme agli altri che, però, non li neutralizzi come individui autonomi e autodeterminati.

Per questo sembra che nel mondo, in questo mondo, non si possa dare altro spazio di apprendimento se non quello legato al contesto,  apprendimento situato, che rechi in se stesso tutta l’utilità possibile nei processi  trasformativi e di attribuzione di senso di cui dicevo sopra. E non deve sorprendere, dunque, che la ricerca pedagogica e didattica, abbiano messo al centro dell’apprendimento il costrutto della competenza.
L’apprendimento che ha come perno, come propria struttura portante il costrutto della competenza, implica, senza dubbio ma con grande fatica, un ri-assetto della stessa concezione di insegnamento.

Mettendo al centro la competenza, il traguardo di senso di riferimento del sapere si proietta fuori dal dominio di conoscenza, fuori dalla disciplina, e per questa via, sulla capacità degli alunni di mobilitare risorse per immaginare, trasformare, intervenire sulla realtà esterna e anche interiore (capacità di aprire spazi di critica e dubbio, di modificare le proprie convinzioni, di negoziare parti di identità).

Non solo la didattica tradizionale è messa in crisi e con essa le modalità di insegnamento di tipo trasmissivo; ma quello che entra in crisi in maniera profonda è la stessa natura del sapere, declinato, secondo il costrutto della competenza, anche in termini di utilità e fuori dallo spazio cognitivo tradizionalmente assegnatogli, quello della memoria. L’ex-stasi del sapere, il suo star fuori, non riguarda solo il luogo interiore della mente dell’allievo, ma è uno star fuori che riguarda il recinto del suo stesso dominio di conoscenza: la sua struttura epistemologica è costretta a contaminarsi di altri e negli altri domini, in uno spazio che è definibile, di volta in volta, come trasversalità, interdisciplinarità, multidisciplinarità.

La consistenza performativa

Andando a guardare più da vicino la competenza, definibile come mobilitazione di risorse per la risoluzione dei problemi della vita, si scopre che essa, in ultima istanza, non può non coincidere con la sua consistenza performativa. Non si dà competenza senza la sua performance, l’ontologia della competenza è definibile solo con la sua manifestazione, e questo ci riporta alla sua natura contestuale, storica e sociale. Così, la competenza in  lingua madre alla fine del primo ciclo di istruzione - “Ha una padronanza della lingua italiana che gli consente di comprendere enunciati, di raccontare le proprie esperienze e di adottare un registro linguistico appropriato alle diverse situazioni”- non può scindersi, dal punto di vista didattico,  dall’organizzazione di un set performativo, nel quale gli allievi siano messi nelle condizioni di “esibire” la loro padronanza in termini di produzione e comprensione orale, ove in gioco saranno capacità di organizzazione del pensiero, di selezione delle informazioni, di gestione delle proprie emozioni, di recupero di lessico specifico, insomma, di tutte le abilità di tipo procedurale che, insieme  a elementi di tipo contenutistico (le conoscenze) e ad una sottostante e invisibile riflessione metacognitiva, diano ragione dell’acquisizione della competenza.

Il carattere performativo della competenza ci riporta ad un’altra considerazione, tanto necessaria quanto indigesta alla classe docente: la valutazione come momento costitutivo della didattica per competenze. Anzi, forse potremmo spingerci ancora più in là, affermando che la competenza coincide con la sua valutazione almeno in un duplice senso. Se è vero infatti che la  competenza in  lingua madre alla fine del primo ciclo di istruzione necessita di quel setting organizzativo perché venga alla luce, perché si mostri, allora quella manifestazione costituisce la prova della sua mancata o avvenuta acquisizione, proiettandoci –senza soluzione di continuità- nella dimensione valutativa. Inoltre, se è assodato il carattere performativo della competenza, la progettazione didattica orientata alle competenze dovrà essere pervasa dall’idea di valutazione -autentica e formativa, si intende- poiché dovrà fornire feedback costanti non soltanto agli allievi, ma soprattutto al docente che dovrà servirsene nell’aggiustamento continuo del tiro didattico.

E' chiaro, dunque, che la strada maestra per praticare la didattica per competenze è quella della progettazione a ritroso. Selezionata la competenza che si vuole sviluppare, è necessario trovare la prestazione e le prestazioni di riferimento che la possono far emergere, rendendola visibile. Una volta individuata, la prestazione deve essere composta e ri-composta, fatta e dis-fatta per cercarne i suoi elementi costitutivi: abilità, conoscenze, atteggiamenti, da riportare al dominio delle singole discipline ovvero nell’alveo della loro contaminazione. E' così che i contenuti di apprendimento agganciati alle conoscenze procedurali, attraverso l’esercizio e l’applicazione di strategie sempre più adeguate e complesse in segmenti esperienziali di apprendimento, possono dar vita al continuum didattico e valutativo, che condurrà all’acquisizione, o meglio all’uso, secondo diversi livelli, della competenza stessa.

 

Parole chiave: conoscenze&competenze

Scrive...

Bianca Guzzetta Insegnante di scuola primaria, specializzata nel sostegno. Avvocata. Ha insegnato nei TFA di Sostegno UniRoma e Università di Palermo. Formatrice nazionale “Proteo Fare Sapere”. Professionista Riflessiva.

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