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25/06/2016

Taccuino postelettorale

a cura di insegnare

Al termine  di un anno  (scolastico) caratterizzato dalla "Buona scuola" e dall'approvazione della legge 107, sono arrivate le elezioni amministrative. E mentre in Italia si raccolgono le firme per alcuni referendum abrogativi di quattro articoli della legge 107/2015 e ci si prepara alla lunga stagione che ci porterà al referendum costituzionale di ottobre, da giorni si discute dell'esito a suo modo storico del referendum inglese che ha decretato l'uscita dell'UK dall'Unione Europea.
Da molte parti, al di là dei risultati, vengono sollevate preoccupazioni allarmate sull'effettiva natura democratica e della dignità culturale del confronto politico così come ormai si va configurando, soprattutto nel nostro Paese, in virtù della rappresentazione della realtà che viene fatta dai media.
È una situazione che dovrebbe sollecitare qualche notazione anche sui rapporti fra scuola, progetto educativo, politica e democrazia. 
Abbiamo deciso di raccogliere su questo tema, qualche  spunto di analisi e di riflessione, anche perchè la scuola è a un passaggio assai delicato e cruciale ...


Scrivere a redazioneinsegnare2010@gmail.com 

 

La terra di mezzo


di Luigi Tremoloso

Siamo da tempo - e sempre più - un paese senza identità, stravolto da narrazioni sempre più numerose.

La narrazione infatti è il nuovo totem di cui si serve la politica per cancellare la realtà e sostituirla con immagini infantilmente semplificate.
Al fondo di questi racconti c'è l'affermazione dell'idea del protagonismo e del protagonista. Singolo, unico, irripetibile con il quale puoi identificarti- il leader -, oppure che tu stesso puoi rivendicare di diventare, anche se per un solo giorno.

Nel voto delle ultime amministrative si è arrivati allo svelamento, a mio avviso, della apparente contrapposizione tra i poli e in realtà della loro sostanziale simmetria, con la conseguente chiara percezione dell'essere l’una il riflesso dell'altra.
Non è un caso che ciò accada. Essi sono figli della stessa stagione anagrafica con non pochi tratti comuni.

Il primo è l'uso e l'esaltazione della tecnologia come veicolo e strumento di progresso e di trasformazione della comunicazione e della partecipazione.
Il secondo, che è un portato del primo, è il rifiuto del passato e delle radici come valore.
Il terzo è il misconoscimento del sapere, bollato come patrimonio di “professoroni”.
Il quarto – decisivo- è l'esaltazione dell'individuo, del singolo, o fatta circolare attraverso la retorica del “merito” - del migliore-, o a partire dall'idea sondaggistica dell' “uno vale uno”.

Il risultato, in tutti i casi, è il racconto di una costruzione semplificata del mondo, dove il sapere, il confronto pacato e documentato, l'indagine faticosa dei processi, la lettura attenta dei percorsi storico-sociali, la ricerca condivisa delle soluzioni, dove, insomma, tutto ciò che è a fondamento della democrazia vera, viene bollato come disvalore.

E l’associazionismo come il nostro è, nel tempo, e per questa politica, diventato tale. Ci sono tanti elementi, tuttavia, che dovrebbero farci riflettere, soprattutto per chi come noi ha una responsabilità o una sensibilità educativa: se questo è l'orizzonte, la vita in futuro sarà sempre più sotto il potere totalitario di chi la narrazione la governa avendo di fronte tanti manovrabili singoli protagonisti imprigionati nel proprio ego.



Rapidi, signori!


di Agata Gueli

Brexit: sì, no. Risposta: sì. Ecco, in un sol giorno la storia è fatta. Ottimamente rapidi! 
Istituti professionali: li eliminiamo? Sì, no. Velocità, per favore, non perdiamoci nei dettagli!
TFA III ciclo: si bandiscano, velocemente, entro il 31 luglio 2017 tutto deve essere fatto, proprio tutto: rapidi!
Concorso docenti: veloci, si facciano le prove scritte, a tempo per favore: rapidità signori! E poi da maggio al 31 agosto 2016 si correggano le prove, si facciano i colloqui, e dal 1° settembre stesso anno  tutti in classe per favore! Velocità signori! Rapidità!

 È come essere dentro una trottola che gira vorticosamente su se stessa senza che si riesca a vedere dove si stia andando; siamo a volte frastornati, zippati dentro  un decisionismo che non lascia scampo, che genera i nuovi vinti verghiani del terzo millennio, quelli che al pensiero rapido preferiscono il pensiero lento (L. Maffei, Elogio della lentezza, ed. Il Mulino, 2016).  Quelli che intendono salvare l’emisfero cerebrale sinistro, dove è nato il linguaggio, dagli attacchi dell’emisfero destro, quello delle risposte rapide, necessarie quando è in gioco la sopravvivenza (non posso perdere tempo in analisi se devo mettermi in salvo da un incendio),  pericolose quando sono in gioco questioni complesse.
Ma nel terzo millennio non si può perdere tempo, in nessun caso, come se il tempo esistesse in re  - e nella società del consumismo globalizzato nulla deve andare perso, ma tutto deve essere utilizzato - e non fosse invece una categoria della conoscenza che, in quanto tale, richiede lentezza, la lentezza di un’analisi, di una riflessione, di una valutazione delle ipotesi possibili rispetto alle conseguenze di una decisione da prendere.

Appare evidente allora come la rapidità, il decisionismo, la politica del fare non siano garanzia di qualità, tutt’altro, in quanto sono  espressione di un tempo, il nostro, in cui non esistono più forme di riferimento, quelle che si chiamavano ideologie nel secolo scorso; non esistono più comunità segnate dall’etimologia originaria: compiere un incarico (munus) insieme con (cum) altri. A prevalere con il decisionismo è il personalismo sfrenato, la voglia irriducibile di apporre la propria firma da qualche parte: la riforma delle superiori, il ritorno dei voti nella scuola di base, l’eliminazione dei voti nella scuola di base, l’alternanza scuola – lavoro in ogni scuola, la valutazione dei docenti, dei dirigenti, l’organico dell’autonomia, l’eliminazione della supplentite, l’esame di stato di terza media con prova Invalsi, senza prova Invalsi, l’organico funzionale, di potenziamento, dell’autonomia, le fasi 0, A, B, C …
Si rifletta se non ci vuole tutta la pazienza del pensiero lento per tradurre in una narrazione linguisticamente possibile e di senso questa sequela di eventi, senza scatenare il ghigno del pensiero rapido che ride di chi tenta ancora, perché ci crede, di operare analisi, studio, riflessione, sentendo il carico valoriale di una professione, quella docente, che se è tale è eticamente connotata.

Il risultato di un tale fronteggiarsi del pensiero lento e  del pensiero rapido è, nel settore dell’istruzione, sotto gli occhi di tutti da tempo, per chi, si intende, voglia guardare:La nuova diseguaglianza ( ...). Un circuito scolastico a bassa intensità di contenuti culturali e di impegno individuale destinato a una massa di percettori di quello che possiamo definire una sorta di reddito minimo garantito applicato all’istruzione” (A. Scotto di Luzio, La scuola che vorrei, ed. B. Mondadori 2013).

E nel più ampio scenario del terzo millennio il risultato  potrebbe essere quello paventato da Lamberto Maffei, nel suo citato Elogio della lentezza:
“(...) si potrebbe assistere a un ritorno all’indietro nel tempo, cioè a un cervello che tende a usare funzioni più primitive che lo facilitano nella socialità del mondo globalizzato, cioè nella necessità di avere risposte rapide, nell’emotiva, irrequieta, fideistica idea di ottimizzazione del tempo perché questo è denaro, business e così via. Si arriverebbe al paradosso che la globalizzazione, ultimo traguardo della civiltà, potrebbe produrre un’involuzione cerebrale”.

E chiediamoci se questo non stia forse già accadendo anche nelle menti di tanti studenti, preda della velocità dei pollici che scrivono sulla tastiera dei loro smartphone. Ma questa è un’altra storia per  analizzare la quale occorrerà tanto impiego del pensiero lento...


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
Vincere il degrado senza abolirsi
Mario Ambel, Direttore della rivista, nel suo editoriale di giugno, risponde a due articoli di Antonio Scurati, Nuove periferie crescono in mezzo a noi, da La Stampa, e Andrea Gavosto, Perché cambiare l'esame di maturità, da Repubblica, entrambi del 22 giugno.
 
 
La nostra Europa dell'educazione 
Marisa Cavalli, in un suo contributo assai interessante, raccoglie dalla documentazione e dalle prospettive del Consiglio d'Europa l'orizzonte valoriale e le strategie culturali e didattiche per un'educazione alla cittadinanza europea senza frontiere e senza egoismi.
 
 
costituzione
Questioni referendarie di una qualche importanza
Caterina Gammaldi 
affronta dal punto di vista educativo le circostanze e le preoccupazioni di due appuntamenti referendari che ci attendono: quello per l'abrogazione di quattro articoli della legge 107/2015  e quello relativo alla legge di Riforma costituzionale.
 
 
Brexit e democrazia
Rosamaria Maggio riflette sull'esito e le implicazioni del referendum che ha decretato l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea, in un quadro di sempre maggior incertezza per le democrazie occidentali.
 
 
 
La Francia in subbuglio
Renata Ada Ruata
ragiona sulle motivazioni e le caratteristiche dello scontro in atto sulla legge che modifica le condizioni di lavoro, il "Jobs act" francese.