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21/03/2014

Per qualche voto in più (o in meno)

a cura di Mario Ambel

La grande ipocrisia

Perché  parlare ancora di voti? Che cosa è accaduto di nuovo perché sia… il caso di dedicare “il caso” alla valutazione in voti decimali nella scuola di base?

Probabilmente è opportuno o forse indispensabile parlarne proprio perché sulla questione dei voti non è più accaduto nulla e, mentre si parla di tutt’altro (di edilizia scolastica, di valorizzazione degli insegnanti, di recupero di scatti di anzianità, di misure di accompagnamento per implementare le Indicazioni per il curricolo…) si continuano a dare voti.

Perché, dunque, parlarne ancora? Perché ostinarsi a essere contrari? Perché continuare una battaglia che appare sempre più minoritaria, destinata alla sconfitta e a tratti persino velleitaria o, secondo alcuni, addirittura di retroguardia?

Vale la pena parlarne ancora, non solo perché non è scontato che si debbano combattere  solo le battaglie facili e destinate alla vittoria, anzi, in tempi in cui il populismo demagogico ha un certo appeal, persistere nel difendere le cause perse potrebbe sembrare un titolo di merito.
E neppure perché si tratti di promuovere novità sconvolgente. Anzi, affermare che la valutazione in voti decimali è diseducativa sul piano etico e valoriale, incoerente sul piano docimologico, deleteria sul piano didattico e sconfessata ormai da più di un secolo nelle scienze pedagogiche è poco più che inanellare qualche ovvietà. Scarsamente riconosciute e praticate, certo, ma questo è un altro discorso.

Il vero motivo per cui bisogna continuare a parlarne è che, in fondo, parlar d’altro, fingere che non sia un problema importante, per esempio non dichiarare esplicitamente la gravità della contraddizione fra lo spirito e il dettato delle Indicazioni e il persistere della valutazione in decimi sono una forma di ipocrisia culturale e istituzionale nella quale continuiamo a gradire di non essere coinvolti.

E che dire della legittima pretesa di dotarsi di un sistema efficiente di valutazione di sistema per valutare una scuola che dà i voti e ne fa la "media" persino con i punteggi delle prove Invalsi in un contesto di gravità istituzionale qual è (o era) l'Esame di Terza media ridotto a cabala spannometrica?

Quando ri/cominceremo a denunciare la schizofrenia istituzionale e normativa fra indicazioni e regolamenti che ci chiedono di continuare a fare una scuola (democratica e inclusiva) come quella delineata  - con maggior o minor coerenza ed efficacia - in tutti i documenti programmatici, dalla riforma della scuola media unica del 1963 e (con colpevole ritardo) dai "Nuovi programmi per la scuola media" del 1979 alle Indicazioni per il curricolo della scuola di base del 2012 (ma sulla coerenza degli impianti previsti per le scuole secondarie di II° dell'era gelminiana ci sarebbe da discutere, e invece si tace..) e i provvedimenti, ora anche le norme come quelle sulla valutazione che prefigurano una scuola del tutto diversa (meritocratica e selettiva)?

E allora da dove si potrebbe cominciare, per farsi ancora e di nuovo ascoltare su un tema che a molti è venuto quasi a noia?

Forse dalle norme?

La valutazione precede, accompagna e segue i percorsi curricolari. Attiva le azioni da intraprendere, regola quelle avviate, promuove il bilancio critico su quelle condotte a termine. Assume una preminente funzione formativa, di accompagnamento dei processi di apprendimento e di stimolo al miglioramento continuo.

Da MIUR, Indicazioni per il curricolo della scuola di base, 2012.

Si potrebbe ripartire dalle norme vigenti per ricordare agli insegnanti di scuola primaria e secondaria di I grado che, ai sensi della L.169 del 30 ottobre 2008 - conversione in legge del DL 137/08, la prescrizione di valutare  “mediante l'attribuzione di voti espressi in decimi” riguarda  “la valutazione periodica ed annuale degli apprendimenti degli alunni e la certificazione delle competenze da essi acquisite” e non già la valutazione in itinere, della quale la legge non si occupa in dettaglio metodologico (né potrebbe) mentre sia il “Regolamento recante coordinamento delle norme vigenti per la valutazione degli alunni e ulteriori  modalità applicative in materia” (D.P.R.  22 giugno 2009, n. 122) sia le ormai  ampiamente note Indicazioni per la scuola di base raccomandano l’esercizio della valutazione formativa, il ricorso a una pluralità di strumenti in nome della complessità dei processi educativi e della relativa rendicontazione intermedia e finale.

Sì, si potrebbe ri/partire da qui anche perché, se è giusto attribuire al Parlamento la responsabilità di aver reintrodotto i voti sulle pagelle, è giusto che gli insegnanti si assumano quella di averli reintrodotti sui quaderni e sui diari!

Oppure dai raduni internazionali?

Oppure si potrebbe partire dai molti contesti in cui viene ribadita l’inutilità o peggio la nocività dei voti. Uno, importante, ci è stato recentemente segnalato da Giovanni Fioravanti.

Si tratta dell’ "Equinox Summit: Learning 2030", organizzato dal WGSI (Waterloo Global Science Initiative) che si è svolto l’autunno scorso in Canada, a Waterloo, nell’Ontario, e “ha riunito i maggiori leader in materia di istruzione, i migliori professionisti dell’insegnamento, ricercatori e politici, insieme ai giovani studenti di quelle scuole che nel mondo hanno innovato i processi di apprendimento”.

Non più voti, non più esami. I risultati dell’apprendimento vengono misurati attraverso una valutazione qualitativa delle competenze che documentano l’intera esperienza dello studente, piuttosto che misurare singole e isolate performance.
Queste valutazioni sono condotte in modo collaborativo tra alunno, insegnanti, compagni, genitori e talvolta mentori esterni alla scuola. Si tratta di valutazioni personalizzate che fanno parte del regolare processo di apprendimento degli studenti, dove una particolare attenzione viene riservata alla capacità dello studente di portare a completamento anche progetti complessi. Come risultato gli studenti sanno in ogni momento quali sono i loro punti di forza, dove hanno spazio per migliorare, e come stanno affrontando i loro progressi.

da Giovanni Fioravanti, "Obiettivo 2030, la scuola del futuro nasce ora" da www.ferraraitalia.it 

Prosegue Fioravanti: “Un raduno senza precedenti a cui hanno partecipato 33 rappresentanti di tutti i continenti, espressioni di diverse realtà socioeconomiche, per comporre una prospettiva sull’apprendimento veramente globale e intergenerazionale. Per disegnare una road map dei cambiamenti percorribili, convinti che ogni bambino, non importa dove viva nel mondo, possa sviluppare le competenze necessarie alla propria cittadinanza nel 2030.

Sono gli strumenti del pensare creativo, indipendente, critico, rigoroso, dell’agire in modo collaborativo, nella piena consapevolezza di sé e del contesto sociale ciò che dovranno saper fornire di norma i sistemi scolastici del mondo.”

E tra le modalità di lavoro individuate, a proposito di valutazione, quella riportata a lato - “Non più voti, non più esami” -  è l’indicazione che emerge dal summit.

Ma certamente ai molti insegnanti italiani di che cosa fare per preparare la scuola del 2030, interessa poco: preme di più la certezza che con i voti gestiscono meglio, a loro dire, quella del 2014. Il futuro si sa… è in altre mani!

Oppure dall'ostinato stupore di alcuni?

Intendo l’ostinato stupore di chi ha tuttora la coerenza di ricordare quanto sia assurdo dare voti e al contempo reclamare competenze.

“Siamo in molti a non capire quale reale necessità ci fosse di ritornare al voto nelle istituzioni   scolastiche del primo ciclo, invece di passare al suo superamento in quelle del secondo! Superamento atteso, auspicato e preparato in migliaia di corsi sulla valutazione proprio in questo grado di istruzione.  […]  Ovviamente, l’ironia serve a poco  a fronte degli incompetenti e … guarda caso, proprio in un momento in cui da più parti ci chiedono di muoverci verso le competenze, e non per una moda del momento!”

Da Maurizio Tiriticco, "Dei voti e dell'incompetenza", 2008, in www.edscuola.it.

Eh sì, perché in alcuni (molti non direi!) ci si era davvero illusi che l’avvento delle competenze sancisse finalmente l’abbandono dei voti nella scuola superiore a vantaggio di forme di valutazione descrittiva e documentale, più in uso nella scuola primaria e invece di ritrovarci quella a imitare questa, ci siamo ritrovati questa a scimmiottare quella, menando fendenti di voti a man bassa!
E bene fa Maurizio Tiriticco, in un articolo ormai di qualche tempo fa, a rammentarne l’incompetenza , se non altro in ossequio dei molti anni trascorsi ad applicare norme che impedivano di considerare “voti” i giudizi sintetici della scuola di base! Com’era dal 1974! Ma che si sia in molti non direi. Forse molti  lo pensano, ma certamente pochi lo dicono! Soprattutto fra coloro che hanno responsabilità istituzionali.

Ci si difende affermando che… lo dice la legge. Ma, oltre al fatto che è vero solo in parte, non è requisito essenziale della democrazia contestare le leggi che si ritengono sbagliate e provare a cambiarle?  O questa è di quelle regole che non valgono più? Oppure si teme l’area di vasto consenso che i voti hanno nella "pubblica opinione, come del resto ogni retaggio simbolico o reale della scuola trasmissiva tradizionale?

Oppure dalle  medaglie al merito?

Imparare facendo
Un altro elemento base del Metodo Scout è il concetto di educazione attiva, o più  semplicemente, imparare facendo, che è diventato una pietra angolare  dell’educazione moderna. Questo concetto appare tra le righe del fondatore che l’ha  sistematicamente sottolineato: “un ragazzo è sempre pronto a fare piuttosto che  ad imparare”. L’idea, nello Scautismo, che si deve imparare con l’osservazione, la  sperimentazione e l’attività personale, venne lodata dalla Dr. Maria Montessori, una  delle maggiori autorità nel campo dell’educazione attiva. Quando le venne chiesto in che maniera il suo sistema avrebbe potuto essere applicato ai ragazzi dopo l’età  infantile dei sei, sette anni, la Dr. Montessori replicò ”Voi in Inghilterra avete i Boy  Scout, e le loro attività sono la naturale continuazione di ciò che io do ai bambini”.  
Da Da  “Regolamento CNGEI. I principi generali dello scautismo”, in www.cngeisezionetaranto.it

Oppure si potrebbe parlare dell’assurdità di decidere di dare medaglie e gagliardetti al merito, come abbiano ricordato qualche settimana fa, in un editoriale  di  insegnare, a proposito dell'esecrabile progetto "Mimerito".
Si potrebbe indagare sulle ragioni che hanno indotto alcuni  a farlo, scomodando persino l’etica educativa degli scout!
Che la vita degli scout sia corredata da gagliardetti e inserita in una struttura gerarchica di tipo piramidale è noto. Forse non è legittimo dedurne che debba ispirarsi a pratiche valutative di tipo meritocratico e competivo!
Piuttosto sarebbe interessante indagarne il nesso con alcune delle opzioni pedagogiche più innovative del secolo scorso. Si possono leggere, al riguardo, le note poste a lato, tratte da “I principi generali dello scoutismo”
E quanto potesse essere lontano   l’insegnamento della Montessori dalla pratica valutativa che si esprime in misurazioni, lo possiamo far dire ai suoi epigoni moderni.

Le verifiche di noi insegnanti sull’attività dell’alunno vertono principalmente sull’osservazione, con rari e delicati interventi diretti; da essa scaturisce il quadro di valutazione.

Nell’attività di verifica e valutazione dell'alunno, consideriamo i seguenti aspetti:

  • capacità di scegliere autonomamente una attività;
  • tempo di concentrazione;
  • ripetizione dell’esercizio;
  • capacità di svolgere organicamente l’attività;
  • capacità di portare a termine in modo autonomo il lavoro intrapreso;
  • livello di autostima;
  • rapporto con gli altri;
  • rispetto delle regole;
  • disponibilità e partecipazione.

Tali osservazioni che non prescindono mai dal rispetto della personalità e dei tempi di sviluppo del bambino, aiutano noi insegnanti a non assumere il facile ruolo di giudice che emette sentenze, ma ci offre la possibilità di poter valutare con obiettività se il nostro intervento è stato efficace.

Da "Verifica e valutazione", Opera Nazionale Montessori, www.operanazionalemontessori.it

 

Oppure dagli allievi di Don Milani ...

Certo si potrebbe  ri/partire dagli allievi di Don Milani, ma quelli, si sa, erano estremisti, persino pacifisti!

A poco a poco abbiamo scoperto che questa è una scuola particolare:  non c'è ne voti, né pagelle, né rischio di bocciare o di ripetere. Con le  molte ore e i molti giorni di scuola che facciamo, gli esami ci restano  piuttosto facili, per cui possiamo permetterei di passare quasi tutto l'anno  senza pensarci. Però non li trascuriamo del tutto perché vogliamo  accontentare i nostri genitori con quel pezzo di carta che stimano tanto,  altrimenti non ci manderebbero più a scuola.
Comunque ci avanza una  tale abbondanza di ore che possiamo utilizzarle per approfondire le  materie del programma o per studiarne di nuove più appassionanti.
Questa scuola dunque, senza paure, più profonda e più ricca, dopo pochi  giorni ha appassionato ognuno di noi a venirci. Non solo: dopo pochi mesi  ognuno di noi si è affezionato anche al sapere in sé ...

Da Lettera a una professoressa 

 

 

Oppure dai… grandi maestri

Il riferimento alla Montessori e a Don Milani richiama alla mente la possibilità, per parlare dell’assurdità dei voti, di far ricorso all'esempio dei grandi maestri del secolo scorso.
In queste settimane abbiamo celebrato i fasti televisivi del maestro Manzi e successivamente  abbiano dato l’addio a uno dei grandi maestri italiani della seconda metà  del Novecento, Mario Lodi.
Che cosa pensassero entrambi dei voti è noto ed è stato ricordato  anche su queste pagine. Ma anche su questi "esempi", l’ipocrisia del panegirico  approda raramente alla coerenza dell’imitazione. E così proseguendo potremmo ricordare tutta la pedagogia dalla fine dell’Ottocento a tutto il Novecento…  
Ma a che servirebbe contro l’arroganza degli incompetenti? Di coloro che non leggono, che sanno già tutto, che fondano le loro certezze nel “Si è sempre fatto così” e se si obietta che non è vero, tra le righe ti dicono o ti fanno capire che loro, in fondo, i voti li hanno sempre dati. Più o meno camuffati da giudizi, lettere, punteggi…

Ma perché accade?

Ma se le cose stanno almeno in parte così, perché tutto ciò accade?  Perché i genitori continuano a chiederli, gli allievi a fregiarsene (alcuni, o a fregarsene, altri) e gli insegnanti a far finta di essere costretti a darli in virtù e per mandato dalle norme vigenti…

Le spiegazioni potrebbero essere molte da quelle apparentemente più semplici, a quelle più complesse.  A noi basterebbe che tutti si ponessero questo interrogativo, senza barricarsi dietro l’alibi della legge: “Perché do i voti?” Perché credo che sia l’unico modo di ridare serietà e credibilità alla scuola… Perché i genitori e gli stessi allievi me lo chiedono… Perché è giusto sapere ciò che vale e ciò che non vale, premiare chi fa bene, punire e stimolare chi fa male…
Oppure perché ho bisogno di qualche certezza, in una scuola sempre più debole, di fronte ad allievi demotivati e distratti, a contenuti che non li attraggono più… dentro spazi e con strumenti ormai anacronistici… Il voto, almeno, è chiaro, lapidario, trasparente, sicuro… oggettivo. Sappiamo bene che non è vero, che basta cambiare aula, sezione, scuola, quartiere, città, regione… perché un “compito” che qui prende un dato voto altrove ne prenda uno anche radicalmente diverso. Ė sempre stato così! Il voto non è per nulla chiaro, trasparente, sicuro,  non è per nulla oggettivo. Lo sappiamo bene, ma continuiamo a fingere di non saperlo. Perché è lapidario. E poi neppure tanto, con tutti quei quasi e meno meno che lo sfumano verso dal al, e il mezzo, e il più più, e il più di quello di sotto…

E allora…

Si potrebbe concludere con la sensazione e la speranza che qualche crepa si stia aprendo nel fronte compatto di chi applica la legge o si è fatto un alibi del  doverla applicare. Comincia a serpeggiare il sospetto che in fondo ai ragazzi e purtroppo anche ai bambini, ormai interessi più soltanto “Quanto ho preso” e non “Che cosa abbiamo fatto”, “Che  cosa ho capito”, “Che cosa vorrei capire domani…”. Che siano sempe più alieni da quel mitico “…dopo pochi mesi  ognuno di noi si è affezionato anche al sapere in sé ... “ dei ragazzi di Barbiana.

Si potrebbero allora raccogliere testimonianze come quella posta qui sotto che aprano la speranza che si allarghi la schiera di coloro che dissentono e magari sono pronti a chiedere che anche quella legge e non solo le sue applicazioni esasperate sia finalmente cambiata…

Chiudere i bambini in un numero

“Non sono stata capace di dire no. No ai voti. Alla separazione dei bambini in base a quello che riescono a fare. A chiudere i bambini in un numero. Ad insegnare loro una matematica dell’essere, secondo la quale più il voto è alto più un bambino vale.

Il voto corrompe. Il voto divide. Il voto classifica. Il voto separa. Il voto è il più subdolo disintegratore di una comunità. Il voto cancella le storie, il cammino, lo sforzo e l’impegno del fare insieme. Il voto è brutale, premia e punisce, esalta ed umilia. Il voto sbaglia, nel momento che sancisce, inciampa nel variabile umano. Il voto dimentica da dove si viene.
 Il voto non è il volto.

I voti fanno star male chi li mette e chi li riceve. Creano ansia, confronti, successi e fallimenti. I voti distruggono il piacere di scoprire e di imparare, ognuno con i propri tempi facendo quel che può. I voti disturbano la crescita, l’autostima e la considerazione degli altri. I voti mietono vittime e creano presunzioni.

I voti non si danno ai bambini. In particolare a quelli che non ce la fanno”.

Da  "Chiudere i bambini in un numero", in http://comune-info.net 

Oppure come questa, che stigmatizza l'iniziativa "Mimerito" con considerazioni che non possiamo che condividere pienamente.

Com’è vecchia e triste e povera e priva di attrattive la scuola delle medaglie che quella proposta configura.Triste perché somiglia troppo a una pista grigia e spoglia in cui si corre tutti nella stessa direzione come in un girone infernale.Triste perché ci sono i primi e gli ultimi che spesso restano tali per sempre, perché l’ allenamento non può modificare sostanzialmente la muscolatura di cui ciascuno è dotato.Triste perché molti non si appassioneranno mai a gareggiare per una misera medaglia e altri si sentiranno a disagio pensando che ogni medaglia vinta è una medaglia sottratta al vicino.Triste perché chi inciampa e cade rimane fuori gioco e chi corre per la medaglia non può fermarsi a soccorrere chi inciampa e cade.
Da "Non un campo di gare ma un giardino", in http://scuoladelgratuito.wordpress.com

Mondi e pensieri con cui riaprire dialoghi, speranze, prospettive, per salvare ciò che di serio e vero la scuola davvero può ancora rappresentare ed essere.

Nei prossimi giorni pubblicheremo su questo argomento alcuni articoli usciti sulla versione "cartacea" di insegnare.

Intanto, attendiamo commenti, opinioni, narrazioni, prese di posizione! 

Scrive...

Mario Ambel Per anni docente di italiano nella "scuola media"; esperto di educazione linguistica e progettazione curricolare, già direttore di "insegnare".

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