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11/02/2025

Guardare per leggere

di Angela Maria Petrone

La lettura nella società delle immagini

Esperti di vari settori, tra cui neuroscienziati, docenti, specialisti delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, affermano che nei prossimi decenni sarà sempre più necessario possedere abilità cognitive avanzate per gestire le complessità derivanti dall’evoluzione del mondo digitale [1]. In questa prospettiva lo sviluppo di tali capacità potrà avvenire se saremo in grado di investire in alcune qualità del pensiero umano come quelle espresse dalla lettura delle immagini, dal saper osservare e saper fare inferenze, dalle capacità immaginative e dal confronto, dallo sviluppo del pensiero critico, dalla metacognizione anche attraverso l’esplorazione e l’applicazione didattica di nuovi metodi di supporto all’apprendimento. La scuola deve avere, quindi, chiara consapevolezza del ruolo generativo, di sviluppo, creativo, espressivo, culturale ed intellettuale che tali capacità potranno assumere. Tra queste la lettura delle immagini nel contesto attuale assume per i nostri studenti fondamentale importanza.

La lettura alla luce delle conoscenze scientifiche

Due affermazioni mi hanno fatto riflettere e mi hanno interessata: la definizione di Reading literacy del framework dell’indagine Pirls 2021 e quella del neuroscienziato francese S. Dehaene [2]La prima definizione recita[3]: «La literacy in lettura è l’abilità di comprendere e utilizzare le forme di linguaggio scritto richieste dalla società e/o apprezzate dall’individuo. I lettori sono in grado di costruire significato dai testi in una varietà di forme. Leggono per imparare, per partecipare a comunità di lettori a scuola e nella vita quotidiana e per piacere personale». A mio avviso il valore centrale di questa definizione è aver posto l’accento sul nodo della costruzione dei significati da parte del soggetto che legge in una varietà di forme. 
La seconda affermazione, quella di Dehaene, in un passaggio significativo del testo I neuroni della lettura, dichiara: «Imparare a leggere consiste nel mettere in connessione due sistemi cerebrali presenti nell’infante: il sistema visivo del riconoscimento delle forme e le aree del linguaggio»[4].

Nella seguente figura 1 è riportata una schematizzazione semplificata delle aree cerebrali coinvolte nella lettura. L’area occipitale sinistra si attiva per riconoscere la forma visiva delle parole, a seguire il messaggio neuronale attraversa numerose aree che sono implicate nella rappresentazione del significato, del suono e nell’articolazione delle parole, dislocate nel lobo frontale e temporale.

Figura 1: la rete delle connessioni neuronali dei processi di lettura [5]

È questo il processo neuronale che si deve attivare nel bambino. La lettura, infatti, è un costrutto culturale, non ha basi genetiche e ognuno deve imparare a farlo con un lungo apprendistato.
Dehaene individua tre fasi di sviluppo nell’acquisizione della lettura: la prima è la tappa pittorica: il bambino riconosce, come se fosse un’immagine, le scritte che trova nell’ambiente, riconosce per esempio la scritta BAR. In questa fase il bambino non ha nessuna idea di cosa sia la scrittura; seguono la tappa fonologica e quella ortografica.
È la prima quella più preziosa di tutto il percorso, senza di essa il processo risulta monco e bloccante per tutti i passaggi successivi in quanto il bambino deve imparare a riconoscere forme, colori, grandezze ecc. Di questa fase pochi sono consapevoli. Come insegnanti, educatori e genitori non prestare la necessaria cura allo sviluppo dell’alfabetizzazione visiva, al saper osservare e quindi al saper guardare, può risultare molto penalizzante per gli apprendenti.

Gli studi di Dehaene dimostrano come le competenze legate al vedere e soprattutto al saper guardare sono di fondamentale importanza per l’apprendimento della lettura.

Tracce per l'introduzione dell'albo illustrato a scuola: il rapporto testo e immagini

L’albo illustrato avvicina i bambini al mondo dei libri e alla narrazione, alle storie, ed è questa che mette il primo tassello del renderci umani; infatti, la capacità immaginativa, sottesa alla capacità di narrare il mondo e di inventare storie, sottolineata da Y. N. Harari, permette di costruire comunità.
«I Sapiens dominano il mondo perché soltanto loro sono in grado di tessere una rete intersoggettiva di significato: una rete di leggi, forze, entità e luoghi che esistono puramente nella loro immaginazione condivisa. Questa rete consente ai soli uomini di organizzare crociate, rivoluzioni socialiste e movimenti per la difesa dei diritti umani»[6].

L’incontro con l’albo illustrato, definito dall’artista praghese K. Pacovská la «prima galleria d’arte che il bambino visita»[7], per la sua particolarità di mettere insieme testo e immagini, avvicina alla scoperta di un linguaggio o, meglio, a una molteplicità di linguaggi espressivi importanti per lo sviluppo delle capacità del bambino. Ed è proprio questa particolarità a renderlo unico. L’albo illustrato è, infatti, un oggetto, un oggetto culturale, un prodotto editoriale peculiare e attualissimo. Sull’albo illustrato, in particolare sul focus testo/immagini, sono stati scritti molti contributi interessanti che provo a illustrare.

Lettura e interpretazione

Tondardini [8] afferma che gli albi illustrati possono essere studiati da due punti di vista [9]Il primo riguarda il fatto che è un oggetto dedicato alla lettura. Il secondo, invece, è un rimando alle molteplici possibilità offerte all’interpretazione che a partire dall’albo coinvolge chi si sofferma sulle sue tavole e prova a “leggerle”, entrando così nelle «dinamiche di senso che questo medium produce e quindi del rapporto che instaura con il lettore» [10].
Su questi due punti di vista pesa il nostro sistema educativo che ha sempre tenuto in grande considerazione soprattutto i contenuti dell’insegnamento e che storicamente si riferiscono al testo e non all’immagine; a quest’ultima, infatti, è riservata sempre una grande diffidenza. Per il bambino-lettore la componente testo e la componente immagine non sono due ambiti distinti, ma vanno di pari passo proprio per la modalità di questo a un approccio di tipo sincretico, globale che egli esercita meglio dell’adulto nel leggere un albo.

Grande importanza ha poi la matericità del libro: forma, grandezza, fattura in carta o in cartonatura, come si sfoglia, presenza di buchi oppure fustellature, laccetti, tasche, pop-up, copertina, risguardi sono tutti elementi che ne caratterizzano la produzione e lo fanno unico. Anche il voltar pagina ha la sua importanza e alcuni libri, anche quelli senza parole, sono costruiti proprio sulla sorpresa prodotta dal girare la pagina [11] o dall’aprire un’aletta [12]Già queste azioni pongono il lettore nella condizione di farsi domande e qui sta il gioco!
L’albo illustrato è costruito con poche parole e immagini; si possono leggere le parole, si possono leggere le immagini. Due codici, due linguaggi. La magia che scaturisce dall’albo fa nascere un altro tipo di lettura, quella che viene fuori dalla interazione tra le poche parole e le immagini. A volte di accompagnamento, a volte di contrasto. La relazione tra parole e immagini è uno spazio vuoto ci dice Tondardini, uno spazio che è il lettore a dover colmare e a farsene carico[13]. Tale vuoto è riempito dalle conoscenze che il lettore ha, conoscenze del mondo e sul mondo, sul suo funzionamento e che costituiscono atti interpretativi. Bellissima è la metafora che usa Tondardini per parlare di questo rapporto; l’autrice sceglie il termine «sfregamento». Due parti che si avvicinano, che si parlano per arrivare a un equilibrio [14].

Immagini e testo, un rapporto in evoluzione

Anche Negri scrive del luogo comune della sudditanza delle immagini rispetto al testo[15]. Nel senso comune le immagini servono per rendere allettante il libro, perché l’occhio ne sia in qualche modo ammaliato, per renderlo quindi più semplice da leggere e per incuriosire. In Italia è solo con l’inizio del Novecento (se pensiamo ad altri paesi si può considerare dalla fine dell’Ottocento, vedi Baby Bunting di R. Caldecott del 1882,) che questa sudditanza si stempera un po’ con la diffusione del fumetto, per la pubblicazione delle prime riviste dedicate ai bambini come il «Giornalino della Domenica» e il «Corriere dei Piccoli» e le prime collane come la «Biblioteca dei ragazzi» o la «Bibliotechina de “La Lampada”» fino ad arrivare alle opere di A. Rubino. Questo prolifico autore ha pubblicato in Italia, nel 1919, il primo libro illustrato per ragazzi, Viperetta [16], ed è stata una svolta culturale e dell’editoria italiana che ha così dato il via a numerosi altri testi di notevole pregio (vedi, per esempio: Nella notte buia [17]Piccolo blu e piccolo giallo [18]). 

Il pregio di questi testi è tutto nella nuova struttura del libro nei quali il linguaggio non è solo quello verbale, ma nasce dalla commistione di questo con quello delle immagini in un dialogo nuovo e profondo, vivace e creativo agli occhi di chi si sofferma a capirne il funzionamento e a trarne gioia e piacere. E così la lettura, attraverso questi ed altri libri di pubblicazione coeva, anche straniera, introducono un elemento nuovo pur nella tradizione della lettura, l’elemento dell’interpretazione da parte del lettore. Afferma Negri: «l’esperienza della lettura si rivela nella sua specificità di ininterrotta attività di interpretazione e integrazione delle informazioni offerte dal testo, un testo che va però inteso nel senso allargato […]» [19].

Il senso allargato del testo di cui parla Negri lo intendo riferito non solo all’integrazione di testo e immagini, ma anche all’integrazione di tutti i saperi che il lettore, l’apprendente, in quel particolare momento, mette in campo e che vanno dall’enciclopedia del singolo a quella del gruppo classe se la lettura è una lettura corale, fatta insieme con o senza l’adulto di riferimento.
La funzione comunicativa dell’albo illustrato è riconosciuta ed esso è considerato valido strumento per lo sviluppo delle capacità cognitive e polo di interessi, ma spesso non se ne riconosce l’importanza che può avere per l’apertura a spazi di creatività e immaginazione: « […] se ne disconosce tuttavia troppo spesso una funzione più propriamente semantica […]: non si accetta cioè l’idea che il linguaggio delle immagini possa veicolare informazioni non già presenti nel testo verbale che accompagnano, influendo sulle sue possibilità di significazione quando non, addirittura, consentendo l’accesso a territori della riflessione e dell’immaginazione preclusi alle sole parole» [20].

Negri individua due possibili modelli di interazione tra testo e immagini[21], tra parole e figure: la prima riguarda l’uso dell’immagine come se questa fosse una parola, per questo modello si può citare il ruolo esercitato dalle immagini nei sillabari, tra tutti l’Orbis sensualium pictus di Comenius [22] ma anche nei limerick e nelle illustrazioni di alcune fiabe. L’altro modello è quello che si può ritrovare nei picture book «caratterizzati da una costitutiva interdipendenza tra linguaggio iconico e linguaggio verbale, che proprio in tale relazione hanno la loro specificità espressiva […]: una forma narrativa che ha molti punti di contatto con l’universo della poesia, in cui indissolubile è il legame che vincola forma e senso e dove il linguaggio perde ogni trasparenza, allargando e mantenendo aperte le sue possibilità di significazione» [23].
Questo tipo di libri, scrive più avanti il nostro autore, hanno caratteristiche peculiari quali la qualità dei costituenti dell’albo, la disposizione nella pagina di testo e immagini (come caratteri e spazi bianchi) che, nella loro disposizione ne esalta il rapporto e dà maggiore enfasi ai tempi di lettura e ai suoi meccanismi permettendo di rallentare o «addirittura di perdersi» [24].
Proprio come in Piccolo blu e piccolo giallo il linguaggio delle immagini porta con sé tante possibilità di dare significato alle parole e alle immagini in un andare e venire da una all’altra che presuppone una continua attività da parte di chi legge di dare significato a ciò che si sta guardando. Questi libri, veri e propri oggetti letterari, «hanno il coraggio di proporre storie e rappresentazioni della vita, reale e immaginaria, senza le censure preventive che troppo spesso gravano sulla letteratura rivolta ai lettori giovani e giovanissimi, come lo scorrere inesorabile del tempo e il senso della fine, i luoghi molteplici in cui l’amore può nascondersi e manifestarsi e la solitudine, l’incontro con forme di diversità anche estreme e i modi, spesso insospettabili, in cui l’amicizia può darsi e maturare» [25]L’albo illustrato, insomma, parla ai lettori con leggerezza e profondità, con garbo, ma senza fare sconti sulla vita e sulle emozioni.

Nei suoi saggi Negri riporta critiche agli albi illustrati, definiti «libri per i figli degli architetti»[26]
Questo tipo di opinioni si smontano con la possibilità di educare allo sguardo le giovani generazioni, perché cercare nessi e relazioni è qualcosa che si impara e «che si forma attraverso l’esperienza e l’incontro, avendo dunque a che fare con l’educazione: con qualcosa su cui è possibile agire»[27]L’educazione dello sguardo è oltremodo necessaria nella nostra società governata dai social, dai mass-media e dal web che ci bombardano costantemente di immagini fisse e in movimento e con le quali ci confrontiamo in tutti i momenti della nostra vita.

Il lavoro di cooperazione con il libro

Proprio sull’educazione dello sguardo ho trovato molto interessanti gli scritti da Gramantieri in un saggio pubblicato in Hamelin, Ad occhi aperti, intitolato L’albo illustrato e il suo lettore [28]. Queste pagine restituiscono la giusta collocazione del lettore quando si pone di fronte a un albo illustrato. Tre sono i punti sui quali la riflessione della Gramantieri si sofferma:

  1. Il primo riguarda il «lavoro di cooperazione» [29] che il lettore deve fare, bambino o adulto che sia, per dare significato alle pagine del libro. Si struttura così quella che R. Barthes definisce déja-vu, ovvero la storia letteraria del lettore che comprende tutto ciò che rimane nella sua mente dei libri con cui è venuto in contatto, «una sorta di enciclopedia» che si è sedimentata nel lettore e che riguarda le cose lette ma anche ciò che abbiamo visto, ascoltato, le emozioni, i sentimenti, i valori di riferimento. Questa stratificazione ci permette di leggere testi con narrazioni sempre più complesse e divenire più competenti a ricavarne il senso [30]. Il lettore svolge così due azioni: quella bottom-up, di tipo induttivo, che dalla superficie del testo va alla sua mente, permettendo così aggregazioni progressive di significati e quella top-down, cioè dalla mente di chi legge al testo, attuando processi inferenziali e di previsione che saranno via via confermati o smentiti dal prosieguo della lettura [31]. Nella scuola italiana è dato poco spazio al «lettore come agente attivo nell’attualizzazione del testo» [32]: questo è possibile, con l’utilizzo, per esempio, del testo "Le Jacquot de Monsieur Hulot" [33] che utilizza doppie pagine e alette permettendo a chi sfoglia il libro di porsi domande e dare risposte alle aspettative oppure con il volume fotografico e senza parole di R. Beretta e A. Llorens, The quick brown fox jumps over the lazy dog [34]. Anche quest’ultimo libro, una sorta di abbecedario, pone domande a chi legge e solo dopo aver girato alcune pagine è chiaro che gli autori hanno scattato delle foto ambientali dove si possono evidenziare lettere alfabetiche. A quel punto il libro assume tutto un altro significato.
  2. La storia è solo uno degli elementi presenti nel libro: forma, copertina, buchi, testo, colori sono tutte punteggiature che concorrono alla narrazione che si va facendo insieme al lettore che gira le pagine. Un bell’esempio è costituito da Liberatemi! [35]: leggendo e sfogliandone le pagine, il lettore ‘libera’ il protagonista.
  3. L’adulto non deve solo favorire l’incontro con il libro deve saper anche scegliere i libri da offrire al bambino. Buone narrazioni non possono prescindere da buone edizioni di libri e albi di qualità. Tali scelte si identificano nello spessore letterario, nella grafica, nelle illustrazioni, nel rapporto ben dosato con i diversi linguaggi che sono presenti nel testo. Per finire, un albo non si può scegliere perché insegnanti, genitori o bibliotecari hanno la necessità di trattare un certo tema. Un albo si deve scegliere perché è ben costruito, incuriosisce, motiva. Le trame e i temi si possono cercare a posteriori nelle discussioni create ad hoc dopo aver letto il libro [36].

Conclusione

L’uso delle immagini nella didattica può risultare utile e portare a risultati per ciò che riguarda:

  • le immagini incoraggiano il confronto dell’allievo con la comprensione delle metafore, ovvero qualcosa che sta per qualcos’altro, di cui l’allievo si potrà nutrire anche in letteratura. È infatti, nelle narrazioni e più in generale nel romanzo che si fa grande uso della metafora;
  • i processi relativi alle inferenze sono sviluppati meglio e con maggiore profondità perché nelle immagini può essere più immediato il riconoscimento;
  • i processi di inclusione sono favoriti in quanto attraverso le immagini e soprattutto quando ci si confronta con esse in classe riescono a far emergere diversità. Questa è intesa in un duplice senso: sia nella manifestazione delle intelligenze multiple (vedi Gardner[36]) sia per l’incremento delle competenze linguistiche che può essere innescato perché misurarsi in gruppo con una immagine produce la possibilità di far emergere la ricchezza di vocabolario di tutti i partecipanti;
  • il rapporto tra docente e discente è favorito perché il primo si pone in una condizione di maggiore ascolto sia rispetto alla classe che al singolo studente, aumentano così empatia e intimità;
  • la riduzione dello spazio di potere tra docente e discente favorisce un apprendimento di tipo non trasmissivo.

Gli albi illustrati e finanche i silent books dovrebbero avere un ruolo da protagonisti nella pratica didattica dell’insegnamento della lettura fin dalla scuola dell’infanzia per l’empatia che concorrono a sviluppare per la narrazione.

Note

[1] N. Carr, Internet ci rende stupidi? Come la rete sta cambiando il nostro cervello, Cortina, Milano, 2011

 [2] S. Dehaene è un neuropsicologo che ha studiato le trasformazioni nel cervello del bambino con l’acquisizione della lettura, dimostrando che le trasformazioni non sono tanto il risultato della maturazione dell’encefalo quanto piuttosto dovute all’apprendimento.

[3] pag. 9, consultato il 10 dicembre 2025

[4] S. Dehaene, I neuroni della lettura, Cortina, Milano, 2009, pag. 225

[5] Rielaborazione da S. Dehaene, I neuroni della lettura, Cortina, Milano, 2009, p. 72

[6] Y. N. Harari, Homo Deus: Breve storia del futuro, Bompiani, Milano, 2018, p. 121

[7] P. Vassalli, Il libro illustrato è una galleria d’arte: Beatrice Alemagna, Kvĕta Pacovskà, Chris Raschka, Giannino Stoppani, Bologna, 2005

[8] I. Tondardini, Meccaniche celesti: come funziona un albo illustrato, in Hamelin Associazione Culturale (a cura di), Ad occhi aperti. Leggere l’albo illustrato, Donzelli editore, 2012, pp. 21-48.

[9] I. Tondardini, ivi, p. 21

[10] I. Tondardini, ivi, p. 24

[11]I. Tondardini, ivi, pp. 34 e 35 (si veda C. Boyer, Boîtes, Albin Michel, Paris, 2011)

[12]D. Merveille, Le Jacquot de Monsieur Hulot, Editionsdu Rouergue, Paris, 2006 edito in Italia nel 2022 da Feltrinelli, in Hamelin Associazione Culturale (a cura di), Ad occhi aperti. Leggere l’albo illustrato, Donzelli editore, 2012, pp. 206-207

[13]I. Tondardini, ivi, p. 40

[14]I. Tondardini, ivi, p. 46

[15]M. Negri, Parole e figure: i binari dell’immaginazione, in Hamelin Associazione Culturale (a cura di), Ad occhi aperti. Leggere l’albo illustrato, Donzelli editore, 2012, pp. 52-53

[16]A. Rubino, Viperetta, Vitagliano, Milano, 1919; Scalpendi, Milano, 2010, in M. Negri, ivi, p. 54

[17]B. Munari, Nella notte buia, Edizioni Corraini, Mantova, 1996, in M. Negri, ivi, p. 54

[18]L. Lionni, Piccolo blu e piccolo giallo, Babalibri, Milano, 1959, in M. Negri, ivi, p. 54

[19]in M. Negri, ivi, p. 54

[20]in M. Negri, ivi, p. 56

[21]in M. Negri, ivi, pp. 61-71

[22]J. A. Comenius, Orbis sensualium pictus, London, 1659

[23]M. Negri, op. cit. p. 63

[24]op. cit. p. 64

[25]op. cit. p. 66

[26]op. cit. p. 68

[27]op. cit. p. 71

[28]N. Gramantieri, L’albo illustrato e il suo lettore, in Hamelin Associazione Culturale (a cura di), Ad occhi aperti. Leggere l’albo illustrato, Donzelli editore, 2012, pp. 203-225

[29]Ivi, p. 203

[30]Ivi, p. 204

[31]M. Ambel, Quel che ho capito. Comprensione dei testi, prove di verifica, valutazione, Carocci, Roma, 2006, pp. 28-31

[32]N. Gramantieri, op. cit., p. 204-205

[33] D. Merveille, Le Jacquot de Monsieur Hulot, Editions du Rouergue, Paris, 2006; edito in Italia nel 2022 da Feltrinelli. 

[34]R. Beretta - A. Llorens, The quick brown fox jumps over the lazy dog, Edizioni Corraini, Mantova, 2008

[35]A. Sanders, Liberatemi!, Babalibri, Milano, 2008, citato in N. Gramantieri, op. cit., p. 213-214

[36]Ivi, pp. 218-225

Scrive...

Angela Maria Petrone Insegnante nella scuola primaria

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