“Proffa, ma davvero Dante è stato un possibile fascio?”
Se insegnassi ancora, qualche giorno fa, mi sarei aspettata a lezione in una classe di una secondaria di II grado una domanda del genere: cruda e schematica, come sono soliti esprimersi i giovanissimi, ma collegata a un fatto di cronaca comunque colto, come vedremo, nella sua essenzialità.
Dante “come possibile fascio” è la semplificazione -da me peraltro letta realmente su innumerevoli siti Internet- di un’affermazione definita “molto forte” dal suo stesso estensore, il ministro della cultura Gennaro Sangiuliano. Durante un recente evento elettorale di Fratelli d'Italia a Milano egli ha sostenuto che Dante Alighieri sarebbe stato “il fondatore del pensiero di destra nel nostro Paese” sia per “quella visione dell’umano, della persona, delle relazioni interpersonali” che egli avrebbe avuto, sia per “la sua costruzione politica che è in saggi diversi dalla Divina Commedia (sic).”
Non so a quanti insegnanti della scuola pubblica italiana una domanda del genere sia stata realmente posta da un loro studente o studentessa, certo è che sui social la polemica è esplosa con grande (e spesso scanzonata) virulenza. Segno di una definitiva transumanza dei giovani dalla scuola reale ai territori sempre più ampi e inafferrabili del web?
Non posso rispondere in proposito, proprio per la mancanza di dati oggettivi, ma vorrei mantenere il mio “se” iniziale per non soffocare il potenziale sviluppo di una ulteriore mia domanda, questa volta posta a me stessa: “Se mi avessero realmente fatto questa domanda in classe, come e che cosa avrei risposto?”
Dopo un comprensibile sconcerto, credo che non avrei per niente minimizzato o messo in ridicolo la sconcertante definizione su Dante, proprio perché derivata dalla bocca di un Ministro e di quale ministro, quello della Cultura!
Una reazione di immediato rigetto si è manifestata invece nel filosofo Umberto Galimberti che in una recente trasmissione televisiva serale [1] è esploso sull’argomento dicendo che “le imbecillità (del Ministro) non devono creare luoghi di discussione”, aggiungendo poi che perché la gente possa essere istruita “si deve fare cultura, soprattutto a scuola”. Di questa cultura che a suo parere parte da Platone gli insegnanti dovrebbero far tesoro valorizzandone “la seduzione e il fascino”, e invece… E qui il filosofo si è prodotto in una dura invettiva contro gli insegnanti maldestri e inadeguati.
Se è ben noto l’atteggiamento molto severo di Galimberti nei confronti delle vere? presunte? inadempienze culturali degli adulti, tra cui gli insegnanti, nei confronti dei giovani, nel corso della trasmissione una difesa della scuola tuttavia è stata fatta con un certo fare da “mammina” dalla giornalista conduttrice Concita de Gregorio e, in generale, i presenti (tra cui, il conduttore David Parenzo e l’editorialista del “Corriere della Sera” Massimo Franco), hanno cercato di sfumare la delicatezza della questione “cultura” ripromettendosi di tornarci su a tempo debito…
Ora io penso che non vada bene neanche questa svaporata mitezza. Gli insegnanti dovrebbero attivare ogni strumento disciplinare per far verificare ai propri alunni la veridicità di certe spropositate affermazioni, come sono state quelle del Ministro della Cultura. Chi a scuola magari non lo avesse fatto commentando frettolosamente o con un sorriso di riprovazione o peggio ancora, senza cercare di stimolare i ragazzi rilanciando la questione con successive iniziative di approfondimento, potrebbe forse testimoniare -il dubbio è sempre d’obbligo- che si è attenuato in lui/lei un interesse? Precisamente quell’interesse civile che ogni insegnante dovrebbe porre nel cercare e verificare insieme con i propri alunni sia il senso che le intenzioni di certe affermazioni come quelle di Sangiuliano [2]. Indubbiamente esse sono tali da minare anche la serietà del fare scuola in modo rigoroso e per così dire “scientifico”.
Di esternazioni molto discutibili purtroppo da tempo la politica della destra italiana contemporanea si va fregiando [3], e ciò è a dir poco sconcertante, specie se, come nel nostro caso, esse riguardano l’interpretazione della vita e del pensiero di Dante, un autore cardine della cultura italiana (stavo per scrivere dell’identità culturale italiana), tanto che lo studio delle sue opere permane nei programmi di italiano di tutta la secondaria di II grado.
Come è evidente, le affermazioni del ministro hanno scavalcato a piè pari da una parte la cornice storica in cui è vissuto Dante, dall’altra quella della formazione del concetto politico di “destra” in Europa. Infatti, in quali contesti storici la destra avrebbe cominciato ad assumere il valore di uno schieramento politico con suoi principi e finalità identitarie? Non certo nel Medioevo. Qualsiasi buon dizionario etimologico della lingua italiana ci indica, che è dalla fine del XVIII secolo, per la precisione dal 1793, che si comincia in Francia (e dunque neanche in Italia!) a definire come destra il gruppo politico che siede per l’appunto a destra del presidente dell’Assemblea [4].
Ciò chiarito, ci si dovrebbe allora chiedere: di quale destra parla Sangiuliano? Perché quella evocata dal ministro per misurare il presunto conservatorismo di Dante è del tutto evanescente.
Dimostrati dunque il maldestro anacronismo nei confronti di Dante e la sostanziale fumosità del concetto di “destra” buttato là dal ministro, un insegnante potrebbe ritenersi soddisfatto della disamina svolta? Certo che no, perché esiste un secondo passaggio di indagine sul piano istruttivo educativo -a nostro parere il più importante dal punto di vista critico- ed è quello di chiedere agli studenti: “A chi Sangiuliano intendeva destinare questa forzatura? E con quale scopo?”
Le tante dotte esegesi che sono state pubblicate nei giorni scorsi su quanto il Dante vissuto nel Medio Evo sia stato lontano dall’essere il profeta di una destra metastorica [5] non riescono a rispondere del tutto a queste domande. Perché, per riuscirvi, bisogna spostarsi dal piano interpretativo storico letterario a quello (ahimè) politico, essendo evidente che nelle affermazioni di Sangiuliano c’è uno smaccato uso pubblico della storia e della letteratura, forzato a tal punto da diventare alla fine un grumo di fake. Oltretutto il ministro ha spacciato le sue bizzarrie come farina del suo sacco, quando si sa che già durante il ventennio fascista non furono pochi i tentativi di arruolare Alighieri tra gli antesignani dei grandi ideali del regime [6].
Ma allora questo Dante patriota un tempo paragonato al dux Mussolini non offende solo il rigore scientifico di una interpretazione analitica che non si può inventare di sana pianta “per provocazione”, ma si configura anche come il falso politico di un ministro della Repubblica italiana democratica, che, dimentico del suo doveroso ruolo istituzionale dell’essere super partes, ha preteso di giocare con i concetti entrando pesantemente nel merito di delicate questioni di identità “pubblica” riguardanti la contemporaneità.
“Ritengo che non dobbiamo sostituire l’egemonia culturale della sinistra, quella gramsciana, a un’altra egemonia, quella della destra. Dobbiamo liberare la cultura che è tale solo se è libera, se è dialettica”, questo ha aggiunto ancora Sangiuliano [7], e francamente ci chiediamo sulla base di quali criteri il ministro possa tranciare certi giudizi e delineare certi obbiettivi di rinascita. Salvo poi far finta di niente smentendo tutto. Ministro, il MinCulPop, che nutriva propositi e strategie simili, è stato soppresso nel lontano 1944!
1. Si tratta della trasmissione televisiva “In onda”, del 15 gennaio scorso.
2. Il Ministro, a fronte delle polemiche sorte sulle sue esternazioni, ha messo le mani avanti parlando di una sua voluta provocazione. A noi non sembra che questo sia un comportamento degno di un Ministro della Cultura.
3. Inseriamo nel recente florilegio le esternazioni nostalgiche sul MSI da parte del Presidente del Senato o la citazione di Garibaldi (un altro pater patriae!) da parte della nostra Presidente del Consiglio dei Ministri.
4. Cfr. /destra/ in M. Cortelazzo, P. Zolli, Dizionario etimologico della lingua italiana, Zanichelli, 1989, vol. II p. 329.
5. Si veda per esempio quanto sostenuto sulla cultura di Dante da Massimo Cacciari, intervistato da Raffaella De Santis in “Dante di destra? Sangiuliano ridicolo”, in “la Repubblica”, 15.01.2023; si veda anche M. Muraglia, "Se il Ministro fosse davvero dantesco", in "L'ora", 16.01.2023.
6. Sotto questo profilo è molto interessante la ricostruzione delle distorsioni interpretative del pensiero di Dante e quindi di un uso pubblico strumentale della sua immagine da parte del regime fatta da Stefano Iossa in “Per Dante svoltare a destra”, 16.01.2023, di cui si consiglia vivamente la lettura.
L'immagine accanto al titolo è tratta dal sito della "Società Dante Alighieri. Comitato delle Isole Canarie", a corredo di un articolo dedicato ai rapporti di D'Annunzio con l'opera dantesca.