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28/03/2021

Esperimenti poetici: Backstage.

di Emanuela Annaloro

Tre regole

Questa raccolta di esperimenti poetici è un gioco serissimo basato su tre regole fondamentali.

La prima regola afferma che la letteratura non è una scienza, non è una materia e non è neppure un dovere. È un'arte che conquistiamo se ne facciamo esperienza nella vita.
La seconda regola sostiene che abitare due lingue (le lingue si abitano e ci abitano) è una grande ricchezza per gli studenti che le parlano e per la loro classe. Questa regola vale per i ragazzi che vengono da altri Paesi e per tutti quelli che hanno la fortuna di incontrarli.
La terza regola recita così: non si deve insegnare e non si deve imparare nulla in forma soltanto astratta. Quando si studia e quando si insegna bisogna avere un po' di spirito d'avventura. Questa regola vale per tutti e chi scrive ha il dovere di tenerla bene a mente.

Stando a queste tre regole fondamentali, gli studenti della II D hanno composto i loro esperimenti poetici, lavorando con i suoni delle poesie, con la posizione delle parole e dei versi e con i significati che le parole, usate in un certo modo, possono generare, scoprire e dilatare. Per questo le tre sezioni che compongono la raccolta si intitolano: suoni, spazi e pensieri. Perché sono queste tre dimensioni della poesia che abbiamo provato a sondare.

I suoni

Per quanto riguarda i suoni siamo partiti dalle rime. Elementare, si dirà. Certo, conviene iniziare la salita per gradi... ma in realtà le rime non sono poi così facili come appaiono negli abbeccedari: né da trovare, né da usare in modo espressivo. Caproni ci ha mostrato, ad esempio, quanto complesso sia il lavoro sulle rime chiare e aperte. Il lavoro delle parole con le parole, infatti, ci suggerisce significati che prima di ascoltare l’associazione dei suoni non potevamo immaginare:

Non trovo le parolemazzodiviole
per svelarti il mio amorepazzoaccecatore.

Tristan Tzara, il padre del dadaismo, ci ha ispirato un secondo esperimento poetico per cogliere l'essenza dei suoni puri. Tzara consiglia di ritagliare da un giornale delle parole, mescolarle, estrarle a sorte e poi trascrivere in ordine quanto viene estratto. Tzara scommette che la poesia così composta ci somiglierà. Non possiamo confermalo. E tuttavia allontanandosi dai significati delle frasi nelle parole si sente l'essenza dei suoni puri. E inoltre vengono fuori dei versi interessanti come:

sono sigaretta di centrale.

Il terzo esperimento è stato di ascolto dei rumori, dei suoni e delle voci alla finestra. La natura  o una città hanno dei loro suoni, ma i suoni che provengono dall'esterno in che modo entrano nella lingua dei poeti? Abbiamo provato ad imitarli componendo onomatopee, poi sciolte in descrizioni in prosa. Descrizioni, appunto, di suoni di suoni.

Gli spazi

Un altro aspetto che colpisce nella poesia è lo spazio. Nelle poesie il bianco intorno alle parole, di fianco ai versi suggerisce un senso, lo completa o addirittura lo contraddice. La posizione delle parole poi influenza le immagini del poeta e il senso che il lettore vi trova. Semplice a dirsi, ma molto difficile a capirsi. Definire un chiasmo è facile, difficile coglierne la bellezza (questo è un chiasmo!). Allora abbiamo tentato. Prima di tutto con l'uso più estremo che si possa fare dello spazio in poesia: il calligramma. (Estremo anche per chi ha dovuto lottare con le tastiere dei PC per cercare di comporli: un problema che Apollinaire non aveva...). Questa parte di esperimenti si intitola forme. Gli spazi in poesia creano difatti forme, forme del significato.

Un altro uso geniale delle posizioni delle parole che si riscontra in poesia è quello dell'anafora. La usiamo anche nel linguaggio comune, tanto è incisiva questa figura. Un'anafora lavora come un cuneo nel legno, scava il senso delle parole, non si limita a renderlo memorabile o a ribadirlo. Lo scolpisce ripresa dopo ripresa. Gli inventari formati da anafore ripetute di semplici parole o aggettivi possono rivelare molte possibilità, farci arrivare in fondo:

Non sento le onde del mare
non sento la pioggia
non sento le rondini
non sento il vento

non sento niente più.

 Così come camminare per casa o per strada con lo sguardo del passeggiatore, come ha fatto Aldo Palazzeschi a Firenze. Cosa succede se la poesia diventa uno strumento da usare nelle passeggiate? E se le parole si dispongono in forma di elenco? Nella sezione passeggiate c’è l’esito di questo tipo di esperimenti.

A destra la pasticceria
un caffè è da portar via
a seguire il forno
con un buon profumo attorno scendendo, la chiesa


un pò incompresa
mai visto nessuno lì dentro.

Così come può essere interessante anche passeggiare nella propria testa:

Camminando per la mia testa vidi una finestra
a un tratto

mi fermai cinque minuti

ad osservare.
Dentro c’era solo un vuoto da colmare.


I pensieri

Nell’ultima parte della raccolta si trovano due sezioni, Tra e Giovani. La prima ospita dei paragoni. Il paragone è una figura di significato interessante perché mettendo in correlazione oggetti, sentimenti, esperienze diversi, questi ricevono nuova luce. E così sono state composte poesie lavorando con coppie di elementi: l’amicizia e gli animali, il mare e il futuro, i genitori e la cucina. E gli esiti non sono stati scontati. Chi l’avrebbe detto che ragionando sulle automobili e la malattia avremmo potuto descrivere il nostro senso di insicurezza ai tempi della pandemia e non più lo smog cittadino?

Come in auto in fila indiana
la distanza è sicurezza
ed io mi sento incauto
se tento una carezza.

Infine sono arrivati i giovani. Sui giovani gli studenti hanno scritto usando una figura che ben si adatta al loro tratto di vita: l’antitesi.

L’adolescenza è un periodo spensierato
di problemi
di via vai dagli schemi.

Personalmente ho trovato le poesie di questa sezione molto belle.

 

Conclusioni?

 Infine qualcuno forse si chiederà perché abbiamo fatto questi esperimenti. Per imparare delle tecniche? Per metterci alla prova? Per superare la noia che può generare lo studio della prosodia e della retorica? Non era sufficiente la didattica a distanza a complicare le cose? In verità è stata proprio la distanza a rendere ancor più necessario uno studio concreto e vivo: eravamo riversi sui computer e allora abbiamo ri-fatto, cioè fatto nostri, alcuni versi.

Questo certamente non vuol dire che tutte le poesie presenti in Riversi siano belle o siano venute al meglio. Vuol dire soltanto che abbiamo tentato di avvicinarci alla grandezza della poesia e di avvicinarci un po’ di più tra di noi, di lavorare insieme. Il lavoro è dunque concluso? In verità potrebbe continuare con nuove sezioni. Ad esempio c’è tutto il mondo delle emozioni da esplorare… ridere, piangere, odiare, ricordare e poi c’è la metrica, la poesia in prosa…ma per il momento sentiamo il bisogno di distaccarcene e di offrirvi quel che abbiamo fatto.

Gli autori

Gli autori [1] hanno composto poesie alla finestra, girando per casa, per strada, traducendo, disegnando, inventando rime, ritagliando, trascrivendo, pensando, immaginando, sentendo. Grazie a tutti loro per non essersi tirati indietro!
Grazie inoltre ad Andrea B. e ad Alberto per aver impaginato il volume e curato la grafica della raccolta «dopo litri di sudore e fatica e chili di caramelle per la gola» cit. Grazie a Maria Laura per le bellissime illustrazioni che corredano i testi e a Christela per le sue traduzioni altrettanto belle. 

Grazie!

Per scaricare il volume "Riversi", frutto di questi esperimenti poetici, clicca qui.

 

1. Federica Lombardo, Salvatore Lo Bocchiaro, Francesco Tomasino, Alberto Taranto, Ivan Chinnici, Giusto Bonanno, Maria Laura Vaccaro, Giulia Nardi, Andrea Bonanno, Finten Christela Kinoshi sono tutti studenti della II D dell’Istituto Filippo Parlatore di Palermo - sezione CAT.

Scrive...

Emanuela Annaloro Dottore di ricerca presso l'Università di Siena e insegnante di lettere alle scuole secondarie superiori. Si occupa di critica tematica, didattica della letteratura e didattica speciale.

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