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29/07/2017

A proposito delle liste di lettura per l'estate

di Pino Assandri

L’estate è, come sempre, la stagione delle “liste di lettura”, assegnate in molte scuole ai ragazzi, insieme ai “compiti” veri e propri. Da sempre se ne parla, divisi in fautori e detrattori. È facile fare dell’ironia su alcune di queste liste, soprattutto quelle più becere o casuali. E confesso di averlo fatto più volte io stesso sulle colonne de “Il Pepeverde”, la rivista di letture e letteratura per ragazzi a cui collaboro, nella rubrica “S.O.S. Scuola”. È uno di quegli argomenti ricorrenti - come il peso degli zaini o la giravolta di cattedre di inizio anno - su cui la stampa generalista ci affligge con articoli il più delle volte stucchevoli, superficiali o improvvisati. E fin qui, niente di nuovo.

All’inizio di questa estate, però, l’argomento è stato ripreso su un piano finalmente (!) un po’ diverso, con interventi se non altro stimolanti, e un confronto di tesi contrapposte che invitano a prendere posizione. Mi riferisco, in particolare, all’articolo di Paolo Di Paolo (La Repubblica, 26 giugno) "Cari prof, per conquistare i ragazzi osate di più sui libri delle vacanze" a cui ha prontamente ribattuto Marco Belpoliti (La Repubblica, 28 giugno), "Difendo Levi e Calvino".
Per intanto, gli autori degli interventi sembrano almeno avere un’idea (cosa niente affatto scontata!) di quel che succede a scuola, oltre il livello del sentito dire.
In breve (chi ne ha voglia può leggere gli articoli in questione in rete) Di Paolo, prima di formulare il suo accorato appello a “osare di più”, prende le mosse dall’andamento delle vendite in libreria. Come sempre, nel mese di giugno, schizzano verso l’alto le vendite di libri come L’amico ritrovato di Uhlman (per oltre 20 anni primo anche nelle classifiche di narrativa scolastica!), dei libri di Calvino (soprattutto Il sentiero dei nidi di ragno o Il barone rampante) e naturalmente di Se questo è un uomo di Primo Levi. Evidentemente si tratta di un effetto liste di lettura. Di Paolo non contesta (giustamente!) la validità di questi e altri libri ma si domanda che cosa un libro come Il barone rampante possa dire ai diciassettenni di oggi. Diciassettenni? Dovremmo più correttamente parlare di tredici-quattordicenni, perché questi libri sono sempre presenti nelle liste estive per la seconda o terza media. Il problema posto è quello del “lettore coatto” e dell’effetto che fanno le “letture obbligate”. Il suo invito a “osare di più” è generico perché gli unici esempi “alternativi” che fa - e secondo me impropriamente – sono il GGG di Dahl (oggi letto da bambini al di sotto dei dieci anni) o della fortunatissima serie de "La schiappa". Uno dei pochi casi in cui un libro per ragazzini è capace di scalare le classifiche assolute di vendita. Ma stiamo al tema, che non è qui il valore di libri come quelli di Kinney, che certo non hanno bisogno di essere “consigliati” dagli insegnanti. 

Belpoliti, due giorni dopo, risponde dissentendo. Il suo dissenso si fonda sull’affermazione che “La lettura non è solo piacere ma anche fatica”. Peraltro lo dice chiaramente anche Pennac nel suo Come un romanzo, libro scritto 25 anni fa, ma che è stato spesso recepito malamente, per sentito dire! Un libro, peraltro, che non sarebbe male rileggere. Consigliare Levi e Calvino è dunque giusto – sostiene - e non bisogna demonizzare il fatto che “la scuola comporti sempre qualcosa di obbligatorio”. E poi “tutti o quasi ricordano quelle letture obbligatorie come un elemento importante della propria formazione personale”.

Sull’argomento sono intervenuti altri scrittori (alcuni con un background scolastico), come Maria Pia Veladiano o Eraldo Affinati. Ma è soprattutto l’ampio dossier pubblicato su “Robinson” (9 luglio) Romanzi ex cattedra a cura di Elena Stancanelli che merita attenzione. Non solo perché è la prima volta che su un quotidiano nazionale viene dato così ampio rilievo a un tema come questo, ma per il taglio del dossier. È interessante soprattutto il fatto che a sette insegnanti (di scuola media o superiore) venga chiesto di raccontare come e cosa leggono ai ragazzi e indicare i loro “consigli” di lettura, con tanto di copertine dei libri. Una prima risposta ai quesiti posti nel botta e risposta tra Di Paolo e Belpoliti citato prima. 

Ma devo ammettere che, accanto a qualche incoraggiante conferma o bella sorpresa (le graphic novel d’autore Maus di Spiegelman e Persepolis, l’infanzia in Iran negli anni ’80 raccontata da Marjane Satrapi) sono rimasto perlomeno sorpreso da alcune delle proposte di lettura estiva. Niente da dire sui “consigli dei prof” che operano in licei o istituti tecnici, con proposte abbastanza varie e interessanti. Ci sono Calvino e Sciascia, ma anche Bulgakov, Carver, perfino Cristiano Cavina e Michele Mari. Quel che mi stupiscono sono quelle per i ragazzi di seconda (!) o terza media. Tanto per citarne alcune: Ragazzi di vita di Pasolini, Vita di Melania Mazzucco, Il grande Gatsby di Fitzgerald e perfino (!) la raccolta di saggi sulla lettura Il lettore infinito di Aidan Chambers. Ma siamo proprio sicuri che siano libri adatti a ragazzini di seconda o terza media?

Eppure - credo che siamo tutti d’accordo - c’è una bella differenza tra un ragazzo di seconda media e uno di seconda superiore. Per carità, c’è chi ha letto Thomas Mann o Kafka alle medie ed è sopravvissuto. Ma mi sembra perdurare la confusione tra età diverse. Come nella sconcertante indagine Miur (2016) sui 10 libri più amati a scuola da bambini e ragazzi (tre milioni e mezzo di studenti coinvolti di 138 mila classi), per scegliere nuovi libri da avere nella biblioteca della propria scuola: i libri per la scuola media e superiore erano (incredibilmente!) conteggiati insieme! Nella top ten di medie e superiori, c’erano quindi ben quattro libri di D’Avenia e due di Ammaniti.

Che fare dunque? Aggiungo qualche riflessione finale, indicando alcuni “bisogni” diversi ma correlati.
C’è bisogno di costruire un curricolo unitario e verticale di formazione del lettore. È stato questo il filo rosso che ha accompagnato il convegno “Letteratura da 0 a 19 anni. Per una ridefinizione del curricolo del lettore” tenutosi a Palermo il 17-18 marzo 2017, organizzato dalla nostra rivista insieme ad altri promotori, su cui ha ben riferito Maria Riccarda Bignamini nella sua rubrica “Liber(a)mente” (maggio 2017).

C’è bisogno di conoscere bene i lettori di oggi e di conoscere i libri migliori. Non solo classici o libri ‘di livello’. Come sappiamo, la “Buona Scuola” non cita neppure la parola “lettura” e solo nelle pieghe del piano digitale si può trovare un appiglio che riguarda le biblioteche scolastiche. C’è invece un’ampia “terra di mezzo” tutta da scoprire che sta tra i classici del Novecento italiano e “La schiappa”. Nell’articolo di Di Paolo e nei consigli di lettura dei professori chiamati in causa da “Robinson” non c’è traccia di una letteratura per ragazzi e giovani adulti che pure esiste ma fa fatica a farsi conoscere. Penso per esempio a David Almond, Aidan Chambers, Michael Morpurgo, Marie-Aude Murail, Anne Fine, Guus Kuijer. Autori stranieri, soprattutto, è vero. Pure se non mancano anche libri di autori italiani, che vale la pensa di conoscere e consigliare.  

Per farlo, ci sarebbe bisogno infine di momenti di formazione specifica, su questi temi. L’educazione alla lettura non si improvvisa. Sappiamo bene che ben altre sono ora le parole d’ordine (dai compiti di realtà all’alternanza scuola lavoro, talora con esiti tragicomici). Ma vale la pena di farlo, se condividiamo le parole del caro, vecchio Pennac: “Nella lettura non c’è nulla di sacro e la lettura non ci salva da nulla. Leggere ci permette però di acquisire una certa lucidità e contemporaneamente ci permette di sognare; tutti abbiamo bisogno di sognare, di evadere.” (Daniel Pennac, L’amico scrittore. Conversazione con Fabio Gambaro, Feltrinelli, 2017).

 

Scrive...

Pino Assandri Insegnante e dirigente scolastico; studioso di letteratura ragazzi; scrive per le riviste il "Pepeverde" (letteratura ragazzi) e "Conflitti"; su "insegnare" cura la rubrica "Fiori di loto"

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