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12/10/2018

Le "prove" future fra passato prossimo e remoto

di Maurizio Della Casa

Dunque, ai prossimi esami di maturità gli studenti si vedranno proporre una tipologia delle prove scritte di italiano sostanzialmente modificata rispetto all’impianto in vigore dal 2003.  Le normative ministeriali uscite in questi giorni recepiscono difatti le proposte della commissione di esperti nominata dalla ex ministra Valeria Fedeli e coordinata dal linguista Luca Serianni, che prevedono la riduzione dei tipi di prova fra cui scegliere da quattro a tre e, ciò che più conta, la riformulazione di alcune delle loro caratteristiche qualificanti.

Il quadro che ne risulta, a mio parere, solleva più di un interrogativo, dando l’impressione di volere stemperare l’adesione troppo marcata del vecchio impianto alle odierne teorie testuali e recuperare almeno in parte il più tranquillizzante passo scolastico del passato. Non è un caso che associazioni come CIDI, GISCEL, LEND, MCE, all’uscita del decreto legislativo che notificava le nuove norme (gennaio 2017), si siano sorprese e preoccupate, inviando una protesta alla ministra in carica.

Ma cerchiamo di entrare un po’ più nel merito, guardando al “Documento di lavoro per la preparazione delle tracce della prima prova scritta” elaborato del gruppo di cui sopra [1].

Già nel paragrafo introduttivo (Obiettivi della prova) compaiono osservazioni che si prestano alla discussione, come quando si parla della “astratta classificazione della tipologia testuale”, lasciando trasparire una considerazione un po’ tiepida degli approcci didattici alla scrittura che coltivano, accanto alla dimensione linguistica, la consapevolezza e la pratica dei generi discorsivi.  Generi, o più comunemente tipi [2], che consentono di guardare alla scrittura non più  come un processo psicologico gestito in solitudine da una mente individuale, ma più realisticamente come una azione situata in un contesto, finalizzata a determinati scopi e strutturata dalla cultura e dall’ambiente. Proprio perchè si adattano e conformano alle diverse sfere di attività sociale e di sapere, i tipi testuali non sono impalcature rigide, ma schemi elastici che orientano e sostengono un processo di scrittura che diversamente procederebbe senza bussole. È in questa ottica, d’altra parte, che si sono riviste, nel 2003, le vecchie pratiche di scrittura decontestualizzata com’era il tema [3].

Venendo più specificamente alla tipologia delle prove proposte, la prima, che reca il titolo “Analisi e interpretazione di un testo letterario italiano”, ripropone in modo un po’ più esteso ma senza mutamenti di sostanza le indicazioni della “Analisi del testo” che apriva la sequenza di opzioni nel decreto del 2003. In entrambi i casi, difatti, si fornisce un testo (corredato di informazioni orientative e di domande per la verifica della comprensione), che i candidati dovranno dimostrare di saper capire dandone anche una interpretazione d’insieme. Colpisce però che nel vecchio decreto si parli di analisi “di un testo letterario e non letterario” (contratto in “Analisi del testo” nelle successive disposizioni annuali), consentendo - almeno in linea di principio - una  maggiore apertura nella scelta dei testi da sottoporre ad esame.

Le maggiori perplessità nascono quando si passa alla “Tipologia B”, che è titolata “Analisi e produzione di un testo argomentativo” e che sostituisce la precedente  “Redazione di un saggio breve o di un articolo di giornale”. Confrontando le due formulazioni, appare subito evidente che la seconda prospetta un campo di lavoro assai più aperto, che guarda a una duplice esperienza di scrittura: da un lato il saggio breve, da un altro lato l’articolo di giornale. Più che di generi chiaramente definiti nella struttura e nell’ambito di applicazione si tratta di categorie estese, contenenti al proprio interno una pluralità di opzioni. Il saggio breve, così, se in generale consiste in uno scritto di dimensioni contenute, in cui si riferiscono i risultati dell’esame critico di un certo oggetto,  può assumere una forma prevalentemente espositiva e interpretativa, oppure proporsi come discussione e  confronto ragionato di diverse posizioni, o  ancora consistere nella argomentazione di una tesi, sempre a partire da una base documentaria (è questa la valenza preferenziale che spesso gli si attribuisce). L’articolo di giornale, a sua volta, si può presentare nelle forme di  cronaca, editoriale, reportage, elzeviro e altre ancora,  nettamente differenziate per organizzazione, scopi, trattamento retorico dei contenuti, linguaggio. Indicazioni come queste coprono dunque un territorio testuale piuttosto ampio, consentendo la formulazione di tracce di lavoro diversificate e possibilmente intriganti.
Assai più circoscritto, invece, il campo delineato dalle disposizioni recenti, che sono esclusivamente incentrate sul testo argomentativo in senso stretto. Lo studente è invitato ad analizzare e comprendere un documento e a coglierne in particolare la tesi e le relative giustificazioni, facendovi seguire un commento in cui le assunzioni del testo d’appoggio sono sottoposte a discussione, sostenendole o confutandole. Non molto chiare, a dire il vero, le indicazioni specifiche per la formulazione delle consegne. Basti osservare che si dice che le tracce potranno essere più vincolanti, richiedendo per esempio di utilizzare mosse argomentative specifiche, o meno vincolanti "di esporre tesi e argomentazioni specifiche senza ricorrere necessariamente a strategie discorsive proprie della argomentazione”, dove non si comprende come argomentazioni specifiche, posto che gli studenti ne siano consapevoli o meno, possano collocarsi al di fuori del repertorio delle possibili strategie discorsive dell'argomentazione (che, come è noto, nel ragionamento quotidiano sono assai più variate e numerose di quelle utilizzate nella logica). Per concludere questo punto, il tipo di prova proposto appare assai più limitante di quello prefigurato dalle disposizioni precedenti, riducendosi alla sola opzione dell' analisi di un testo argomentativo dato e alla successiva replica ragionata (di consenso o confutazione). Si sarebbe potuto per lo meno offrire come alternativa una seconda prova in cui si chiede allo studente di partire da un problema (sociale, d’attualità, tecnico, ecc.), di riflettervi così da ipotizzare una possibile risposta (la tesi) ed elaborare quindi una propria argomentazione di primo livello, utilizzando qualche documento informativo d’appoggio oltre che le proprie conoscenze.

Al terzo posto, come ultima opzione, viene proposta la “Riflessione critica di carattere espositivo-argomentativo su tematiche di attualità”. Legittimo chiedersi come mai sia scomparso il cosiddetto  “tema di argomento storico”, senza una riga di giustificazione. Forse si è ritenuto che si tratti di una prova che richiede un esteso background di conoscenze che solo pochi studenti posseggono. Ma una focalizzazione adeguata del tema da trattare e la messa a disposizione di una essenziale e mirata base documentaria dovrebbe consentire di superare questa difficoltà. Si può poi osservare che nell’ambito del discorso storico vi sono varie modalità testuali alle quali è possibile guardare nella formulazione delle tracce, così che queste risultino più praticabili dagli studenti: la narrazione storica, la biografia,  la spiegazione storica, l’interpretazione di un documento, ecc. In tempi in cui l’orizzonte del passato appare sempre più evanescente e limitato, e la società, specie quella giovanile, sembra conoscere solo la dimensione del presente, la chiusura a una riflessione storica pare quantomeno inopportuna. Tanto più se si considera che il modo in cui sono declinate le prove d’esame si riflette retrospettivamente sulle attività didattiche precedenti,  orientando le attenzioni e l’impegno di insegnanti e alunni.

Che dire infine dell’ultima opzione cui ho accennato sopra (la “Riflessione critica di carattere espositivo-argomentativo su tematiche di attualità”) se non che ripropone nella sostanza il vecchio tema (come d’altra parte la quarta opzione del precedente impianto)? Ciò è esplicitamente riconosciuto nel documento, che a parziale discarico suggerisce di richiedere al candidato di apporre un titolo allo svolgimento oltre a sottotitoli interni. Ma si tratta a mio vedere di un maquillage che poco cambia: sempre nel mondo del tema ci troviamo, rimuovendo ancora una volta tutto quanto è stato detto e scritto, a partire dalle tesi di De Mauro, sulla mancanza di realtà, il conformismo, l’artificiosità tutta e solo scolastica di questa prassi di scrittura, tagliata fuori da qualsiasi contesto e spesso appiattita nel formalismo di un mero esercizio retorico. Sarebbe stata apprezzata una più coraggiosa dismissione di una pratica superata, tenendo conto di quaranta e più anni di ricerche teoriche e didattiche (nonchè di concrete esperienze) nel merito.

 

Note

1. Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, "Documento di lavoro per la preparazione delle tracce della prima prova scritta dell’Esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione" ( elaborato dal gruppo di lavoro nominato con DM n. 499/2017)"; il testo è presentato in MIUR,  "La nuova #Maturità nella circolare rivolta a scuole e studenti", 04.10.2018.
  2.Negli scritti di linguistica testuale, si parla preferibilmente di tipi testuali , lasciando il termine genere all'ambito letterario in cui tradizionalmente è stato usato. Quest'ultima etichetta ha perso oggi, però, la sua aura settoriale, ed è impiegata da studiosi di varia appartenenza per riferirsi a discorsi scritti e parlati di qualsiasi tipo. Si possono perciò usare i due termini come sinonimi.
3. Decreto Ministeriale 23 aprile 2003, n. 139.
 

Immagine


 Bartolomeo Pinelli, Lo Scrivano in Piazza Montanara in Roma, 1815, acquaforte 

 


Questa è la lettera delle associazioni professionali inviata alla Ministra Fedeli il 13 marzo 2017

Sulle scritture in ambito storico, si può leggere su "insegnare" il saggio di M. Della Casa, Scrittura e discipline: il caso della storia, testo della relazione tenuta al Convegno di Torino, "L'educazione linguistica democratica 40 anni dopo le Dieci Tesi", 30.XI-1.XII.2015.

NdR

Vai alla pagina introduttiva dello speciale "Non solo di prove di Esame di Stato..."

Scrive...

Maurizio Della Casa Studioso di educazione linguistica e di didattica della lingua, a lungo docente e poi dirigente scolastico e docente a contratto presso l'Università di Bologna.

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