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05/10/2016

Il panino della discordia

a cura di insegnare

 

La sentenza della Corte d'Appello di Torino è recente, ma la vicenda ha un inizio lontano: precisamente il 2014, quando un gruppo di genitori sollevò la questione contestando i costi troppo elevati del servizio di mensa.
All'inizio di questo anno scolastico, la sentenza della Corte d'Appello di Torino ha esteso  a tutti il diritto a rifiutare la mensa e portarsi il pasto da casa. Non sono mancate le reazioni.  La sentenza era già in risposta a un esposto del MIUR che si era opposto a una prima analoga delibera che aveva liberalizzato l'uso del panino per circa 50 famiglie. 
Sia gli Enti locali che la scuola, i soggetti istituzionali coinvolti nella vicenda, hanno espresso perplessità e palesato una chiara opposizione. Sia i Comuni che le scuole, seppure con toni e argomenti diversi, ribadiscono che la mensa ha anche un valore educativo e che riguarda tutti allo stesso modo.
Mentre le richieste dei genitori di non usufruire della mensa si estendevano ad altre città, gruppi di dirigenti scolastici, per esempio a Bologna e Genova, firmavano appelli e istanze in difesa delle mense.
Ma la questione ha risvolti più complessi del riconoscimento di un diritto da parte dell'istituzione. Entrano in gioco questioni e valori di ben più ampia portata.
Già ai primi di settembre, dopo la prima sentenza, Chiara Saraceno, su "la Repubblica" aveva richiamato l'attenzione sulla gravità della posta in gioco, ricordando le vere ragioni dell'esistenza della mensa nella scuola pubblica: "L'istituzione della mensa scolastica, infatti, ha storicamente perseguito almeno due obiettivi: garantire a tutti i bambini, indipendentemente dalle risorse della loro famiglia, almeno un pasto di elevato valore nutritivo e bilanciato al giorno e fare del momento del pasto un momento di educazione sia alimentare sia comportamentale. Per questo motivo, la presenza in mensa fa parte dell'orario di lavoro degli insegnanti ed i bambini, almeno fino a tutte le elementari, non sono lasciati a se stessi mentre sono a mensa"  (da "Repubblica", 1 settembre 2016).
E così, ancora una volta, si pone la questione della portata e della salvaguardia delle prerogative culturali e pedagogiche della scuola pubblica, che vanno certamente commisurate con i diritti individuali, ma che non possono esere alla mercè delle istanze individualistiche o di gruppo.

"Repubblica - Torino", 9 settembre 2016

"Repubblica-Torino", 13 settembre 2016


"La Stampa", 14 settembre 2016

"Repubblica-Torino", 20 settembre 2016

"Corriere di Bologna", 27 settembre 2016

"Il Fatto quotidiano", 27 settembre 2016
 

Sull'argomento proponiamo

e invitiamo colleghi e genitori a intervenire sul tema, ragionando su quello che riteniamo il vero nodo della questione: la crisi della concezione della scuola pubblica in quanto istituzione democratica proprio perché risponde a criteri di equità e non di libertà di scelta individuale, pur rispettando  le esigenze di ciascuno e agendo nella prospettiva dell'inclusione e della tolleranza.

 

"Il panino a scuola è un diritto di tutti". E i genitori si dividono sulla sentenza del tribunale  


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