Non si può che concordare con la posizione espressa nell’editoriale di settembre: una protesta costruttiva alla legge 107 “nei fatti” passa necessariamente per la ricerca di “un contributo di elaborazione, di idee e di pratiche innovative”, un obiettivo che la legge ignora e dunque scoraggia efficacemente, ma certo non impedisce. Solo che questa soluzione, pensata come somma di iniziative dal basso e in controtendenza, pur configurandosi come una resistenza attiva, verosimilmente può aspirare a una conferma della situazione in cui siamo, evitando dunque il peggio, ma rischia di trasformarsi in una rinuncia definitiva all’innovazione di sistema. Non si tratta forse di un’indicazione già seguita negli ultimi quindici anni? Con quali risultati? Con quale profondità? Con quale forza espansiva? Non possiamo non prendere atto dell’insufficienza di questa modalità che pure si è sviluppata in condizioni perfino favorevoli rispetto a quelle che presumibilmente si stabiliranno a settembre, a seguito della riforma Renzi.
Dunque è da escludere che in un contesto più “invasivo” del precedente si possano ottenere esiti significativi di innovazione. Neanche nel caso improbabile di una compatta alzata di scudi per effetto della stessa L 107: al momento si rintracciano forse segnali di una protesta/indignazione che vada oltre la pur giusta preoccupazione di ripercussioni sulla carriera e sul posto di lavoro?
Veniamo da un’esperienza, durata ormai quindici anni, per cui nella scuola italiana è stato possibile far convivere percorsi sperimentali, anche formativi, e situazioni in cui la sperimentazione risultava marginale o assente per i più, esiliata in qualche anfratto ombroso del POF o malamente scimmiottata, al massimo sfruttata come modernismo di copertura… una condizione di approssimazione, precarietà, frammentarietà, cui ci siamo di fatto abituati e rassegnati considerandola una necessità: per distrazione, sciatteria critica o forse, più frequentemente, per una scorretta valutazione metodologica, convinti che l’innovazione potesse nascere per contagio, capace dunque di crescere anche in mezzo a inevitabili contraddizioni; convinti che occorresse il massimo della prudenza, fino a sconfinare con l’ambiguità, in un contesto effettivo di rifiuti e silenziose distanze; convinti che il principio della libertà didattica andasse rispettato anche contro quello della democrazia scolastica. Invece capitava che quelle contraddizioni, tollerate o subite, puntualmente indebolivano e sviavano ogni pratica di percorso alternativo.
Si è trattato insomma di un approccio troppo debole a un obiettivo che per la sua levatura meritava tutt’altra forza e oggi l’azione governativa ne precipita gli effetti, proponendoci di cancellare d’un colpo quindici anni di qualificate esperienze, con tutto l’antico patrimonio di idee e passioni che le ha accompagnate (molto opportuno in tal senso il richiamo dell’editoriale a Mario Lodi che nell’ ottica governativa sa di obsoleto). Nel timore di ritrovarci impropriamente “idealisti” abbiamo reso un omaggio davvero eccessivo al principio di realtà: oggi è questa legge a fare il vuoto intorno al nostro passato, alle nostre idee e alle nostre troppo ingenue aspettative: ci sentiamo deprivati e costernati come il bambino montaliano “a cui fugge il pallone tra le case”.
Potrebbe tuttavia accadere di recuperare quel pallone per lanciarlo là dove è bene che esso corra: in un campo vero che non c’è mai stato. Sarà ancora possibile costruire un campo, riciclando e accrescendo materiali e energie che al momento paiono in fase di dispersione? Sembra che questa sia oggi una doverosa possibilità cui è chiamato chi sta deprivato e costernato (persone di una certa età!...), eppure ancora capace di riflettere e immaginare.
Avviamo un laboratorio a più mani: ci facciano parte quelli che in questo momento vivono appunto nello sgomento (una sorta di cartina al tornasole) e hanno scarsa dimestichezza con il qualunquismo: insegnanti in primis. A costoro il compito di una proposta politica che si impone. Se siamo convinti che la ricerca/sperimentazione sia strumento ineludibile per tentare la democrazia scolastica, a fronte dell’intreccio pasticciato che abbiamo messo in piedi finora, sforziamoci di immaginare un sistema organico che sappia attuare e salvaguardare in ogni parte il suo principio ispiratore: la ricerca/sperimentazione, appunto. Di conseguenza promuoviamo modifiche/innovazioni che garantiscano in ogni ambito corrette procedure sperimentali (in riferimento prima di tutto alla didattica, intesa come metodi - valutazione compresa -, contenuti, strategie e materiali, ma anche alla relazione fra docenti e agli organi collegiali, a quella con i genitori e le altre istituzioni ecc.). Infine misuriamoci con la delicatissima questione della formazione, premessa indispensabile per realizzare concretamente un qualunque obiettivo sperimentale che esca dalla finzione.
E mettiamo questa proposta a disposizione del legislatore che, se tornerà a porsi il problema scuola, potrà avvalersi di un canovaccio che raccoglie ed elabora i sensi del dibattito e delle relative esperienze che ci è piaciuto definire “democratiche”, lanci luminosi che hanno punteggiato l’ultimo trentennio del secolo scorso e il quindicennio dell’autonomia, meritevoli di essere raccolti.
Questa impostazione presume che l’autonomia vada ripensata entro vincoli che devono risultare chiari, a garanzia dell’ispirazione democratica di partenza: la leggerezza con cui questo passaggio è stato finora affrontato è stata probabilmente figlia di scarso impegno e investimento da parte dello Stato in una materia vitale, pertanto delicatissima e dunque particolarmente insidiosa come quella della formazione di base. Apprestandoci a un tentativo di intervento sarà bene tenere sempre presente il problema del confine fra autonomia e autoreferenzialità. Allo stesso modo occorrerà tenere per fermo che una riforma sotto il principio della ricerca/ sperimentazione non potrà mai fregiarsi di alcuna presunzione di finitezza ed esaustività, ma si porrà necessariamente su un piano di divenire costantemente critico.
Immagine a lato: Paul Klee, Red Balloon, Solomon R. Guggenheim Museum, New York, USA .