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21/10/2013

Che fare con le "Indicazioni"?

di Ermanno Morello

Si propongono alcune riflessioni sulla fase di accompagnamento all’applicazione delle Indicazioni nazionali per il Curricolo della Scuola dell’Infanzia e del Primo Ciclo di istruzione, emanate nel 2012.
La scuola versa in una situazione strutturale pesantemente negativa, a causa di una serie di involuzioni socio-culturali-politiche (che si sono determinate all'interno della scuola stessa e tra gli insegnanti) e di provvedimenti presi da governi di diverso colore ma nel segno unico del depauperamento, se non della demolizione, della scuola statale e più in generale dell’istruzione pubblica. Situazione che risulta in piena contraddizione con i contenuti e le aspirazioni delle Indicazioni: si crea così un problema di coerenza rispetto alla posizione politica e all'efficace "atteggiamento” da assumere nei confronti del percorso di accompagnamento all’attuazione delle Indicazioni stesse.

In questo frangente l’impegno diretto delle Associazioni professionali deve essere fortemente sostenuto, per alcuni motivi:

  • il ministero ha fattivamente caldeggiato il rapporto con le Associazioni professionali;

  • riporta al centro la questione della sperimentazione-ricerca autonoma degli insegnanti nelle scuole, che ha caratterizzato i decenni migliori dell’innovazione didattica e culturale (anche alla base delle attuali Indicazioni e di tanta evoluzione scientifica);

  • riequilibra il ruolo dell’Università che tende a fagocitare ogni spazio di ricerca-formazione e a proporre se stessa come unico ente scientificamente accreditato;

  • restituisce agli insegnanti la responsabilità ma anche il protagonismo necessario per procedere in autonomia e rafforzare la consapevolezza della statura culturale che dovrebbe caratterizzare la professione.

I punti di forza delle Indicazioni

Le Indicazioni nazionali per il primo ciclo, nella versione 2007 e ancor più 2012, sono l'unico fatto positivo da molto tempo, per diversi motivi:

  • nelle premesse il documento traccia una visione di un certo spessore culturale della scuola contemporanea; visione discutibile, speriamo oggetto, appunto, di discussione;

  • il passaggio da "programmi" a "indicazioni", sollecita la responsabilità progettuale della comunità professionale per la valorizzazione di una vera "autonomia";

  • viene mantenuto (o rafforzato?) un quadro nazionale di riferimento, per tentare di garantire ancora oggi (in tempi di ambiguo federalismo e contraddittori tentativi di valutazione del sistema) traguardi unitari per la cittadinanza di "tutti" i bambini e ragazzi;

  • anche il riferimento, per molti versi dovuto, alle competenze europee ha un suo interesse, anche se non è privo di carenze e limiti;

  • si afferma in modo chiaro e univoco l’essenzialità del curricolo unitario per le competenze: due concetti che, se si tradurranno in pratiche progettuali e didattiche, potranno effettivamente costituire un elemento di verifica della qualità reale e di innovazione della scuola praticata;

  • altrettanto chiare sono le indicazioni metodologiche (prime fra tutte la laboratorialità e l'apprendimento cooperativo), recuperando la tradizione di sperimentazione e ricerca didattica della stagione migliore della scuola italiana: non eravamo la maggioranza neanche in quegli anni, ma molti di noi sono ancora nella scuola, speriamo pronti a testimoniarla e a rivitalizzarla;

  • caratterizzante è̀ la scelta di solidi orientamenti pedagogici per dare basi concrete alla progettazione didattica, altrimenti a rischio di tecnicismo irrispettoso della soggettività personale degli allievi (e anche degli insegnanti, tutto sommato).

I limiti delle Indicazioni

Le Indicazioni non sono un documento del tutto coerente, pagando talvolta gli inevitabili compromessi di stesure del genere cui concorrono aspettative e visioni diverse. Le ricadute sono evidenti in diverse discipline e anche per alcuni ambiti generali. Debole, anche se non priva di serietà, appare la dichiarazione che si tratta di un testo in “manutenzione permanente”, dunque migliorabile dalla stessa comunità professionale.

Alcune questioni nodali dovrebbero essere discusse molto seriamente sia nelle scuole sia in una associazione come il Cidi, pur mantenendo chiaramente connotati gli ambiti del dibattito culturale e politico e quello della formazione/progettazione: ambiti evidentemente non scindibili ma che occorre saper integrare in modo intelligente per evitare che le necessarie critiche alle Indicazioni siano l’alibi per il rifiuto di qualsivoglia cambiamento, e persino di una riflessione professionale.

Qui è raccolta la semplice enunciazione delle questioni su cui il dibattito è irrinunciabile, anche perché facilmente si proporranno come elementi critici nei processi di formazione e di ricerca-azione:

  • profilo dello studente: orizzonte strategico di progettualità e non elenco di obiettivi, che potrebbe persino capovolgere il rapporto tra la progettualità stessa ed esiti, piegando la prima ai secondi;

  • competenze-chiave del profilo e prescrittività dei traguardi (chiarito che è̀ per la progettazione del curricolo di istituto e non per i singoli allievi, impegnati comunque in percorsi individualizzati di apprendimento); spiccano alcune mancanze (per esempio competenze storiche), non è chiaro il rapporto con le competenze trasversali che sono alla base della formazione di quelle “chiave”; va approfondita la relazione tra queste e l’idea stessa di competenze di cittadinanza;

  • verticalità del curricolo: marcato dall’origine e strutturato per espansione di un “prima” o indirizzato agli esiti e basato sulla preparazione di un “dopo”? Val la pena ricordare che il massimo della competenza è la conoscenza agita, che si traduce in esperienza sul campo (di qui l’essenzialità dei campi di esperienza della scuola dell’infanzia); si apre così la riflessione rispetto al rapporto tra competenze culturali e campi del sapere codificato nelle singole discipline;

  • valutazione: la vera questione spinosa, dato che è assolutamente evidente la contraddizione tra spirito e dettato delle Indicazioni e valutazione decimale, soprattutto nella prospettiva della certificazione delle competenze;

  • ambiente di apprendimento: in larga parte legato a precise scelte sulle precedenti questione, e potenzialmente in conflitto diretto con gli aspetti normativi che caratterizzano l’attuale politica scolastica.

Si tratta di limiti che potranno tuttavia trasformarsi in una risorsa, professionale e formativa, se la formazione sarà basata su una analisi critica-propositiva-fattiva realmente condivisa con gli insegnanti, attraverso una lettura interpretativa del testo delle Indicazioni.

Per un modello di formazione

Nello stato di conflitto tra la situazione culturale-strutturale-normativa e l’impulso all’innovazione- cambiamento contenuto nelle Indicazioni occorre scegliere la giusta modalità per agire comunque attraverso una proposta organizzata di formazione. Una proposta ben orientata al coinvolgimento in forma di riflessione-ricerca-sperimentazione, per sostenere quella parte di insegnanti che, per esperienza e anche semplice capacità di ragionare, arriva a comprendere la contraddizione, soprattutto in campo di valutazione (il terreno potenzialmente più delicato) e di organizzazione dell’ambiente educativo per l’inclusione reale. Il fine dovrebbe essere di accompagnare, a partire dal riconoscimento dei bisogni, questo processo di maturazione che deriva dalla ricerca e dalla riflessione sulle pratiche agite e possibili, per alimentare una battaglia culturale sempre nuova e necessaria .

Siamo in una fase storica in cui ritorna necessario scoprire (molti nuovi insegnanti stanno entrando nella scuola senza strumenti) il senso del sostegno, delle compresenze, dei gruppi di scopo ecc., oltre che della stessa progettazione didattica e di una valutazione utile e coerente.

Una coerente proposta formativa si potrebbe basare su tre elementi discriminanti, per essere caratterizzante e funzionante:

  • una impostazione metodologica basata sulla formazione/ricerca, per lavorare "con" gli insegnanti sulle Indicazioni e non spiegare “agli” insegnanti cosa e come fare; in cui l’idea di ricerca si concretizzi in questi aspetti:

    • atteggiamento di “umiltà formativa”, per avvicinare gli insegnanti con la fiducia che nelle loro migliori esperienze, del passato e attuali, si possano rintracciare scelte e pratiche coerenti con le Indicazioni;

    • supporto/stimolo a una sperimentazione mirata a una effettiva validazione e diffusione di metodologie didattiche per le competenze in situazioni reali e operative (ricerca-azione);

    • sostegno al processo di elaborazione di scelte consapevoli e responsabili ancora possibili nella specifica realtà di istituto/territorio;

  • un orientamento chiaro sul valore/significato/ruolo del curricolo unitario verticale per competenze e sul suo rapporto con la progettazione e programmazione disciplinare, per evitare la frammentazione dei curricoli disciplinari che porterebbe a definire il progetto di istituto come somma di essi (l'opposto del curricolo unitario);

  • una struttura in grado di interagire con le richieste delle scuole/reti, per entrare in relazione con i processi e le storie delle specifiche realtà territoriali e scolastiche: solo così sarà, ancora una volta, possibile individuare gli elementi di qualità della scuola che c'è già, da diffondere e confrontare; e su cui fare leva per nuove rivendicazioni professionali. Il principio è che si può partire da ovunque per arrivare sempre alla progettazione per le competenze.

Una risorsa sono gli istituti comprensivi verticali in cui si può puntare sulla scuola dell'infanzia e primaria (in questo ordine) per impostare correttamente il discorso su una verticalità che sia progressione del “prima” (espansione) e non adeguamento al “dopo” (spesso anticipazione). Occorre gestire il rischio che la scuola secondaria di I grado si riveli impermeabile; tuttavia qualche tentativo su tematiche non riduttivamente disciplinari potrebbe persino funzionare come terreno di nuove sperimentazioni e discussioni con la parte meno rigida degli insegnanti delle medie.

Oltre che da un rigoroso impianto teorico/scientifico (che è spesso patrimonio storico di associazioni come il Cidi), una proposta di formazione coerente deve essere caratterizzata da una solida impostazione metodologica, per orientare il processo di relazione con le Indicazioni: come nella migliore didattica per le competenze è̀ la relazione educativa che permette una conoscenza consapevole dei fenomeni studiati attraverso i processi interpretativi e sperimentali. È all'interno di questa dinamica che l'insegnante con gli allievi e il formatore con gli insegnanti può lavorare a costruire e sostenere una vera capacità elaborativa/critica.

A livello locale una prima esigenza è di costituire delle é́quipe in grado di fornire contributi significativi sia sulla parte generale del curricolo unitario per le competenze sia su quelle più̀ specificamente disciplinari: la presenza di entrambi i livelli inoltre èrichiesta esplicitamente dalla circolare ministeriale del 26 agosto.
Occorre essere preparati a orientare comunque ai principi generali del curricolo verticale unitario anche l’elaborazione di uno specifico curricolo verticale disciplinare, che rappresenta la richiesta più probabile da parte degli insegnanti.

Scrive...

Ermanno Morello Insegnante di Arte e Immagine nella scuola media, formatore, fa parte della Segreteria del Cidi Torino.

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