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18/06/2024

Il numero può essere un giudizio?

di Luigi Menna

La questione dei voti è dibattuta da lungo tempo. Alcuni ritengono che i giudizi descrittivi siano preferibili, poiché riflettono meglio la complessità del percorso scolastico di uno studente o di una studentessa. Altri, invece, sostengono che i voti numerici (o le classificazioni come "avanzato", "discreto", ecc.) siano più semplici da compilare per i docenti e più facili da comprendere per le famiglie.
La questione è tornata nuovamente di grande attualità.

Come scrive Alex Corlazzoli su Il fatto quotidiano del 18 aprile 2024: Il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara alla fine ce l’ha fatta: alla    primaria torneranno, nelle pagelle, gli aggettivi “gravemente insufficiente”, “insufficiente”, “sufficiente”, “discreto”, “buono” e “ottimo”. Ma non solo. Alle medie si rivedranno i voti per la condotta (espressi in decimi), e faranno media”.
E perché questo sia ritenuto necessario ce lo spiega la professoressa Loredana Perla dell’ Università di Bari cui è affidato il Coordinamento della commissione MiM di revisione delle Indicazioni e delle Linee Guida per il primo e secondo ciclo di istruzione.
Ecco come commenta lo Huffpost, (Vi spiego perché le valutazioni di Valditara danno tanto fastidio”, 7 Marzo 2024): “[…] La seconda rimozione riguarda la sempre più diffusa incapacità di educare alla vita adulta. Alla scuola invece si chiede sempre più indulgenza. Si chiede il “mascheramento” della verità delle cose (cos’altro sono i giudizi descrittivi se non una costruzione nebbiosa per dire e non dire?). Si chiede a un corpo insegnante entrato nella scuola con una formazione alla valutazione educativa, di tradire una categoria fondamentale del loro agire didattico che è quella dell’autenticità. Nel rapporto educativo autentico si accettano i maestri e si accettano con fiducia le loro valutazioni, anche quando sono di segno negativo. Chi ha fiducia nella scuola è disposto ad accettare anche il responso della realtà perché solo accettando il responso della realtà – veicolato attraverso la voce e il giudizio di un maestro - si cresce e ci si prepara alla vita. La valutazione chiara e trasparente è il solo strumento di iniziazione alla vita che è rimasto nelle mani degli adulti. Perché mai dà tanto fastidio?

Un vero e proprio conflitto, dunque, tra parola e numero!

Trovo estremamente interessante che il giudizio descrittivo, ovvero formulato sull’espressione verbale, venga percepito come vago e impreciso, mentre la forma numerica sia considerata chiara e trasparente.
In effetti sembrerebbe che questa convinzione sia diffusa tra studenti, genitori e docenti, e che il Ministero dell'Istruzione e del Merito stia semplicemente adottando un'istanza condivisa dalla maggioranza delle persone.
Mi chiedo tuttavia se la convinzione che i numeri siano un modo più efficiente di comunicare l'andamento scolastico degli studenti rispetto ai giudizi descrittivi, possa essere effettivamente sostenuta dal punto di vista di chi, come me, è uno studioso oltreché insegnante di matematica.

Mi aspettavo infatti che, trattandosi di valutazione e misurazione degli apprendimenti, i matematici sarebbero stati fortemente coinvolti. Tuttavia, non mi sembra che ciò sia avvenuto, poiché la questione è stata subito affidata ad altri ambiti accademici.
A mio parere, il nodo della questione risiede nella non banalità della misurazione. Si pensi che, se eseguita correttamente, persino la misurazione del peso può essere un'operazione complessa, figuriamoci dunque la misurazione dell'apprendimento o dell'andamento scolastico nel corso di un intero anno. 
Soprattutto alla fine di un anno scolastico mi ritrovo sommerso dalle domande degli studenti che mi ricordano quesiti tratti da libri di testo di matematica, tra cui, per esempio, quello che chiede di calcolare quale voto serva nel quinto compito a uno studente che abbia conseguito una media di 6,3 nei primi quattro, per ottenere una media di sette. Inoltre, spesso mi mostrano grafici sui loro smartphone, estratti dal registro elettronico, con i voti rappresentati come punti collegati da linee continue. Anche se tali esercizi possono essere interessanti e persino divertenti, mi chiedo se risolverli sia veramente parte del processo di valutazione. Un'altra domanda che mi viene frequentemente posta, non solo dagli studenti ma anche dai miei colleghi, e che personalmente trovo imbarazzante, riguarda la scelta tra arrotondare per difetto o per eccesso.

Provo a spiegarmi meglio con ulteriori esempi.

Supponiamo che uno studente ottenga i voti 6, 6, 6 e infine 10. Il docente calcola la media matematica e decide di assegnargli un 7. Tuttavia, scegliere di utilizzare la media aritmetica (come fa un registro elettronico) è arbitrario, poiché la media è solo uno dei tanti indici statistici possibili. Ci sono diversi modi di riassumere un insieme di numeri con un singolo valore. Per esempio, se al posto della media usassimo la mediana, il voto da assegnare in pagella sarebbe 6. La mediana, infatti, è un indice statistico molto resistente ai valori anomali. Per calcolarla, basta ordinare i numeri e scegliere quello centrale. Se il numero dei dati è pari, e quindi ci sono due valori centrali, si calcola la media di questi due numeri per ottenere la mediana.

Passiamo ora a un esempio più estremo.

Consideriamo due studenti: il primo ha ottenuto sei volte il voto 6, dimostrando una grande costanza. Il secondo, invece, è molto meno costante, alternando i voti tra 10 e 2 per tre volte. Un andamento così irregolare rappresenterebbe una sfida significativa per qualsiasi docente.
Tuttavia, secondo i calcoli effettuati da qualsiasi registro elettronico che utilizzi la media o la mediana, entrambi gli studenti riceverebbero un sei. Ma che cosa rappresenta realmente questo sei?
Nel caso del primo studente, il voto di sei riflette accuratamente la sua costanza nei risultati e quindi in pagella rispecchia effettivamente una realtà misurata. Nel caso del secondo studente, invece, il sei non rappresenta alcun voto che abbia effettivamente ottenuto durante l'anno scolastico. Non ha mai preso sei, il che rende la misurazione paradossale.

Arriviamo al punto: può la matematica aiutarci in questa situazione?
La matematica offre uno strumento di autovalutazione chiamato deviazione standard, un valore che indica la variabilità dei dati e la possibilità che una misurazione sia poco rilevante o inaccurata.
Nel caso del primo studente, la deviazione standard è zero, il che significa che il punteggio in pagella è effettivamente 6 e la possibilità di errore del docente nell'assegnare questo voto è nulla.

Nel caso del secondo studente, la media è ancora sei, ma la deviazione standard è 4,38. Questo ci indica che il voto in pagella dovrebbe oscillare tra 1,5 e 10. Pertanto, qualsiasi valore assegnato in pagella comporta una probabilità di errore del docente del 67%.

Ma i problemi non finiscono qui.

Sappiamo bene che ci sono docenti indulgenti e docenti severi, che potrebbero valutare la stessa verifica in modo discordante. Inoltre, ci sono insegnanti che assegnano compiti troppo difficili e altri che propongono prove troppo facili.

La matematica ha delle risposte?

La risposta è decisamente sì, ma il mio contributo non basta per approfondire tutti questi aspetti. Ritengo, però, che sia un tema che merita ulteriori approfondimenti, magari in un altro articolo. È importante sapere che esistono strumenti di misurazione molto interessanti e facilmente utilizzabili anche da chi non è esperto di matematica.
Tuttavia, è fondamentale riconoscere che un singolo docente non può risolvere il problema della misurazione da solo. È necessario un lavoro serio da parte del Dipartimento, che stabilisca chiaramente cosa debba essere misurato. In sostanza, serve un attento lavoro sul curriculum per indirizzare questi sforzi in modo efficace.

A questo punto, mi chiedo: è importante misurare?

La misurazione è fondamentale. La pratichiamo costantemente, spesso senza nemmeno rendercene conto. Tuttavia, ci accorgiamo che la misurazione non è mai l'unico criterio, nemmeno per valutare l'acquisto di un oggetto per la nostra casa. Figuriamoci quanto possa essere complessa la valutazione degli apprendimenti di un ragazzo o di una ragazza!
Mi piace concludere riportando alcuni brani tratti da un libro di di una sociologa marocchina, Fatima Mernissi, figura fondamentale per le lotte femministe, candidata più volte al Nobel. Il libro si intitola L’harem occidentale e i brani sono tratti dal capitolo “L’harem delle donne occidentali: la taglia 42”: Fu in un grande magazzino americano, nel corso di un fallimentare tentativo di comprarmi una gonna di cotone - dato che il clima si era fatto troppo caldo per la mia pratica gonna marocchina in pelle -, che mi sentii dire che i miei fianchi erano troppo larghi per la taglia 42. […] L'elegante commessa del negozio americano mi guardò senza muoversi dal banco e disse che non aveva gonne della mia misura. «Cosa? In tutto questo enorme negozio, non avete una gonna per me?», dissi. «Lei scherza!». Ero molto sospettosa e decisi che era solo troppo stanca per aiutarmi. Potevo capirlo. Ma poi la commessa aggiunse un giudizio condiscendente, che suonò per me come la fatwa di un Imam. Non lasciava spazio discussioni:

«Lei è troppo grossa!», mi disse.

«Troppo grossa rispetto a cosa?», le chiesi guardandola attentamente, perché mi accorsi di trovarmi di fronte a un serio divario culturale.

«Rispetto alla taglia 42», mi giunse la risposta della commessa. […]

«Le taglie 40 e 42 sono la norma», continuò, incoraggiata dal mio sguardo smarrito. «Le taglie anomale come quelle di cui lei ha bisogno si possono comprare in negozi specializzati”.

Misurare è un'operazione delicata e fondamentale nell'ambito didattico. Tuttavia, la misurazione non dovrebbe diventare un confronto con standard arbitrari. Comprendere a fondo le problematiche legate alla valutazione può aiutare a evitare la tentazione di creare classifiche e graduatorie.

I numeri, infatti, presentano un grave difetto: consentono un ordinamento che va dal minore al maggiore. Non so se, utilizzando i numeri con estrema attenzione, si possa davvero raggiungere una misurazione oggettiva. Tuttavia, ritengo che la valutazione non possa e non debba essere completamente oggettiva; deve essere relativa. Altrimenti, il rischio è di creare, attraverso il nostro insegnamento, standard rigidi e divisioni. La valutazione funziona solo se riusciamo a creare sistemi di misurazione che si adattino, come abiti su misura, a ciascuno dei nostri studenti e studentesse.

Parole chiave: valutazione

Scrive...

Luigi Menna Docente di matematica e fisica nella scuola secondaria di secondo grado. Membro del direttivo del C.I.D.I. Palermo, esperto in didattica della matematica.

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