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editoriali

12/01/2023

Buoni propositi per l'anno nuovo

a cura di insegnare

Per i motivi argomentati nell’editoriale di inizio anno, noi, da queste pagine, continueremo ad esercitare il diritto di vigilanza, di critica e di dissenso sulle azioni e le proposte del Ministero.
Lo faremo non solo seguendo la quotidianità dell'azione ministeriale, ma soprattutto riprendendo l'analisi su alcune questioni di carattere generale, che delineano problemi irrisolti del sistema scolastico italiano e che ci sembra vengano affrontati in modo antitetico alle nostre convinzioni e aspettative: questioni, fortemente intrecciate fra loro, come l’inclusione, la valutazione, la relazione educativa, il rapporto scuola - destini futuri.

Per questo, anzitutto, continueremo (purtroppo!) la raccolta di riflessioni sul "merito", perché la questione continua a rivelarsi centrale, anche per le implicazioni più politiche e strutturali che la scelta del cambio di denominazione implica e comporta.  E continueremo  a ragionare di dispersione, alla ricerca di propettive e soluzioni assai diverse da quelle che vengono ora prospettate e predisposte dagli interventi legati al PNRR e al contrasto dei cosiddetti "divari" territoriali: dovremmo piuttosto rifiutare ogni logica emergenziale e compensatoria, così come ogni assiomatica rinuncia alle possibilità della scuola di affrontare e risolvere la gestione delle differenti provenienze socioculturali e quindi della inevitabile accettazione di soluzioni extracurricolari e alla fine extrascolastiche, nell'ottica della delega ad altri soggetti più che della cooperazione e della osmosi fra pratiche educative anche differenziate, ma convergenti.

Dovremmo approfittare di alcune ricorrenze storiche per riprendere ragionamenti progettuali sul sistema scolastico italiano: in tal senso i 100 anni dalla Riforma Gentile, i 60 anni dalla nascita della Scuola media unica, unitamente ai 10 anni, da poco conclusi, dall'approvazione delle "Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola di base” dovranno costituire altrettante occasioni per un bilancio storico e una capacità di confronto, finalizzati a una  sorta di reinvenzione progettuale del nostro sistema scolastico. Ne avevamo già parlato, alla fine della pandemia, esortando a una nuova fase costituente per la scuola italiana.  Vorremmo farlo nell'ottica del superamento di ritardi e contraddizioni che da tempo la scuola non riesce ad affrontare e la cui soluzione certamente non consiste nel ritorno a visioni nostalgiche di modelli di scuola che hanno fatto il loro tempo o nel cambio di paradigma e di prospettiva rispetto alle finalità del mandato costituzionale, che, soprattutto a partire dall'inizio del nuovo secolo, la scuola non è più riuscita a perseguire in modo coerente.

Continueremo la nostra battaglia di contrasto e per una totale revisione della legge che ha istituito l'educazione civica e contro le distorsioni applicative delle pratiche orarie e per riproporre una riflessione attenta sulle modalità coerenti con cui affrontare le tematiche sensibili caldeggiate nelle "Linee Guida", a partire da una adeguata “istruzione al paesaggio”. 
Allo stesso modo continueremo a prestare attenzione ai processi in atto e a sostenere elaborazioni adeguate in tema di
valutazione, per una estensione almeno alla scuola secondaria di I grado e per una più coerente applicazione delle norme che hanno abolito la valutazione decimale nella scuola primaria, anche raccogliendo testimonianze sulle concrete modalità di applicazione della legge.  

Ma abbiamo alcuni propositi anche più ambiziosi, ai quali dedicheremo una serie di seminari tematici e di attività di formazione e per i quali auspichiamo la collaborazione di coloro chi si occupano di scuola e ne vivono la quotidianità professionale ai sensi dell'art. 3 (oltre ma ancor più che 4, 34 e 35) della Costituzione, inteso come mandato prioritario per la scuola pubblica.  

Vogliamo riprendere, possibilmente in termini nuovi e nella direzione di individuare concrete possibilità di intervento, il tema delle disuguaglianze che caratterizzano il nostro sistema formativo e che si possono affrontare e risolvere solo se ci si pone in  un'ottica del tutto opposta a quella del merito, della competitività, della selezione e della conferma di aree di privilegio o  della predittività o della precocità del presunto emergere delle propensioni e dei destini individuali.  

Vorremmo continuare a contrastare la sudditanza nei confronti delle modalità esistenti di acquisizione, implementazione e uso dei dispositivi digitali, i cui problemi non consistono tanto nel demagogicoe ovvio richiamo alla necessità che non siano usati come alternativa o fuga dal lavoro scolastico, quanto nell'asservimento adattivo a logiche, finalità e pratiche proprie delle grandi imprese che ne gestiscono la progettazione, la diffusione, il funzionamento e che alimentano, attraverso l'affiliazione acritica e le procedure indotte, l'orientamento e lo sfruttamento delle scelte non solo culturali, ma politiche e di senso comune di chi le utilizza, al contempo strumento e complice ignaro della sua stessa sudditanza  

Vorremmo affrontare la critica all'impianto epistemologico dei saperi disciplinari, non solo però in termini di affermazione routinaria, divenuta ormai quasi rituale, ma priva al contempo di alcuna reale elaborazione alternativa. Ormai non c'è contesto progettuale o critico che non proclami la necessità di andare oltre le discipline, verso territori dei quali però si stenta a vedere consistenti traduzioni in progettualità educative e pratiche didattiche coerenti e soprattutto praticabili:  l'interdisciplinarità, la trasversalità, le competenze non cognitive... 
In tal senso, sentiamo l'esigenza di rileggere quella centralità della funzione formativa delle discipline, nella quale per molto tempo abbiamo creduto e alla quale abbiamo orientato la nostra azione educativa, così come sentiamo la necessità di rileggere alcune priorità, in qualche misura conseguenti, su cui si è fondata la nostra teorizzazione di una scuola democratica e inclusiva, ma che sono state riassorbite e stravolte in direzione spesso opposta, adattiva, secondo le esigenze di logiche che per brevità definiamo da tempo neoliberiste, senza riuscire di fatto a elaborarne una reale rilettura controfattuale: la centralità del soggetto che apprende, lo stesso successo formativo, l'attuazione di ambienti e occasioni di apprendimento in nome dell'operatività e del superamento della scuola trasmissiva, il rapporto con le dinamiche contestuali e la realtà contro le astrattezze elusive di molta scuola del passato, la stessa possibilità di coniugare il concetto di competenza in modo non addestrativo. Tutte priorità che dovevano essere perseguite in nome dei diritti dello studente e del suo diritto/dovere ad apprendere e che hanno invece finito col diventare veicolo di nuove passività. 

E infine vorremmo essere contesto di stimolo e di confronto attorno al delicato tema delle modalità con le quali possiamo affrontare e risolvere il problema della lettura, dell'interpretazione e della gestione delle profonde e polivalenti diversità che compongono ogni classe, ogni scuola, spesso ogni contesto territoriale. Ci sembra questo, alla fine, oggi, uno degli ostacoli maggiori, forse il più grande, fra quanti l'art. 3 ci impone di tentare di superare.
Se n'è discusso molto, soprattutto in questi primi anni del nuovo secolo: di differenze socioculturali, cognitive, intellettive, di disagi, di disabilità. É il terreno sul quale la scuola non è più riuscita da tempo a crescere e nei cui confronti la "logica del merito" ci sembra la più lontana dal poterlo anche solo capire, se non in senso peggiorativo.

 


Credits:

Immagine a lato del titolo: da Archivio Storico Indire, Fondo Fotografico. ©Indire

 

 
 

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