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02/04/2020

Bambini della scuola dell’infanzia a casa: le interazioni possibili tra loro e gli insegnanti

di Antonella Bruzzo

Quasi da un giorno all’altro è cambiato tutto. Ci siamo ritrovati catapultati in questa situazione inaspettata, quasi con l’impressione di essere all’improvviso dentro a un tragico film surreale. E film non è, ma una realtà per niente facile che in poco tempo ha modificato il nostro modo di vivere, di incontrarci, di organizzare la vita quotidiana, che ha sgretolato certezze, tolto possibilità lavorative, minato sicurezze, con un impatto notevole sui contesti sociali, sul lavoro, sull’economia.  Già vediamo le conseguenze nelle situazioni di maggiore fragilità e difficoltà, e possiamo immaginarle solo in parte per il futuro, quando finirà questo tempo “sospeso” di cui non sappiamo la durata. Certo, tutto questo ci porta a ripensarci anche come cittadine/i abitanti di questo pianeta. Mai, negli ultimi decenni, avevamo vissuto un’emergenza simile.

Ho pensato alle bambine e ai bambini sin da subito, dai primi giorni di interruzione delle lezioni, quando ancora si poteva uscire a fare qualche passeggiata, fino alla chiusura totale delle scuole.  Li ho pensati improvvisamente privati della possibilità quotidiana di partecipare a un contesto educativo fatto di relazioni, di incontri, di scoperte e di apprendimenti vissuti e costruiti insieme. Avevamo dei progetti in corso nella scuola dell’infanzia in cui lavoro, dei percorsi da riprendere e continuare, finite le brevi vacanze di Carnevale, e da un giorno all’altro è stato necessario reinventarsi ogni attività in una dimensione che non è, non può essere di vera scuola. Ė una dimensione emergenziale, che implica sia un contatto a distanza, con attenzione e delicatezza, sia la consapevolezza che in questo momento così difficile per tutti e, in particolare per alcuni, il ruolo della scuola è quello di esserci, di essere un riferimento significativo, di favorire, attraverso i mezzi e le possibilità che si hanno, vicinanza e contatto, di additare che c’è la luce in fondo al tunnel e che ci rincontreremo nella scuola “vera”.

Penso alle bambine e ai bambini costretti a isolarsi tra le mura di case non sempre comode: alcuni di loro hanno famiglie che possono sostenerli e accompagnarli anche in questo momento difficile, che possono e sanno affrontare con equilibrio questa situazione, dare parole e significato al non poter uscire a giocare, a correre, a incontrarsi. So di bambini e bambine che attraverso il gioco e l’immaginazione trovano soluzioni che li aiutano ad attraversare questo tempo: chi progetta robot per sconfiggere quest’antipatico di coronavirus, chi ha sentito dagli adulti che il virus può essere un po’ dappertutto e allora si costruisce una pistola di cartone e spara qua e là, chi dice che il virus è un bricconcello e finché se ne va in giro non si può uscire, ma “ poi se ne va e si esce di nuovo”.

Ma penso anche alle difficoltà di quei bambini che vivono in contesti di disagio e di povertà: come sappiamo, in Italia, il dato dei minori che vivono in povertà assoluta è, purtroppo, drammaticamente alto, 1 milione e 200.000 giovanissimi.

Penso anche a quei bambini che appartengono a famiglie in cui vi sono episodi di violenza domestica; mi ha colpito molto il fatto che in questi giorni, tutti chiusi tra le mura domestiche, le chiamate delle donne ai centri anti-violenza siano notevolmente diminuite, a indicare un’impossibilità da parte loro a fare una telefonata, a lanciare una domanda d’aiuto.

Credo sia proprio in questo tempo d’emergenza che l’importanza e il ruolo essenziale della scuola vengano percepiti dall’extra-scuola in modo particolarmente forte e che la risposta che le scuole sanno dare in questa dimensione così diversa, le modalità di riorganizzazione che si stanno scegliendo, mettano in luce aspetti positivi e negativi del quotidiano fare scuola prima dell’emergenza.

Molte insegnanti di scuola dell’Infanzia si sono da subito attivate per cercar, nella quotidianità improvvisamente stravolta, di tener insieme i fili di relazioni, scambi, percorsi, esperienze interrotte. Immediatamente è iniziato un confronto/scambio tra le insegnanti delle scuole, delle sezioni o dei team, attraverso contatti telefonici, incontri tramite Skype, Wathsapp e quant’altro, per mettere insieme idee, per progettare i modi, per cercar di raggiungere tutte/i, soprattutto chi è difficilmente raggiungibile, perché non ha a disposizione nessuna strumentazione digitale.

 I mezzi utilizzati per mantenere il contatto sono i più variegati: dalla posta elettronica, a lettere e messaggi inviati per posta, dai social (pagine facebook dedicate e gruppi wathsapp, per esempio), ai siti degli IC, ai podcast, ai padlet, ai canali youtube, ecc. Dalle testimonianze che ho raccolto sentendo colleghe anche di altre realtà e territori, le proposte sono molteplici: dall’utilizzo di strumenti quali la “valigia”, un sacchetto costruito con il materiale a disposizione in cui riporre le “tracce” di questo periodo (oggetti raccolti nelle iniziali passeggiate, altri oggetti o produzioni grafiche o costruzioni, osservazioni di quello che si vede dalla finestra, ecc.), per metterli in comune e analizzarli insieme, al ritorno a scuola, come spunti per continuare o aprire percorsi e nuclei progettuali successivi; a messaggi rivolti ai genitori e alle bambine/i, proponendo, attraverso modalità a loro conosciute, la continuazione di attività interrotte, per come è possibile in questa situazione emergenziale; a video-registrazioni, con lettura di storie, da risentire e rielaborare ecc.

Ci sono poi, e vorrei non doverlo scrivere, gli esempi di realtà, in cui le modalità adottate testimoniano didattiche trasmissive e direttive esistenti, purtroppo, anche in alcune scuole dell’infanzia: schede, indicazioni di attività da seguire pedissequamente. ecc.

Nella scuola in cui lavoro, da anni abbiamo scelto di connotare ogni giorno della settimana con un colore, per favorire l’autonomia attraverso la consapevolezza e la capacità di orientarsi nel tempo a scuola; una delle cose che da subito abbiamo pensato fosse significativo mantenere è il riferimento al tempo vissuto prima del “Tutti a casa”: abbiamo iniziato così a lanciare quotidianamente un indovinello sul colore della giornata. Abbiamo ripreso e rilanciato materiali di documentazione, per esempio, foto di esperienze legate a percorsi in atto, chiedendo di guardarle insieme ai genitori, elaborando racconti e discorsi in comune. Un’artista del fieno che era intervenuta a scuola ci ha mandato la foto della sua gallinella rossa che sta covando le uova, stiamo aspettando di scoprire cosa ne nascerà e quanto ci vorrà, perché si schiudano. Stiamo anche osservando a distanza un pero con gemme e boccioli in base alle fotografie che ci invia una di noi insegnanti dal suo orto.

Abbiamo capito da alcune richieste dei genitori che bambine/i chiedevano di ascoltare le nostre storie, di sentire le nostre voci ed allora ci siamo messe a reinventarci come contastorie in una situazione completamente anomala, ricorrendo, quindi, ad animazioni varie, molto artigianali, ma efficaci.

Vedremo come continuare, con calma e tempi rilassati, anche in base agli spunti che in modo diverso e molto meno immediato, completo e autentico,  ci arrivano dai bambini e dalle bambine. I genitori hanno dimostrato di esser molto attivi e partecipi nel fare rete, nel sentirsi tutti; ci sono anche famiglie divise dall’emergenza o bambini rimasti bloccati con uno dei genitori in altri paesi, ma subito qualcuno si è attivato per cercarli, per tenere i fili dei contatti, per far sentire vicinanza, e anche nelle situazioni di maggiore fragilità si è creata spontaneamente una piccola rete solidale. Questi esempi confortano, e credo che siano molto importanti per il “durante” e lo saranno anche per il “dopo” emergenza, quando si riaprirà la scuola vera.

Parole chiave: speciale emergenza

Scrive...

Antonella Bruzzo Docente di scuola dell'infanzia, Presidente del Cidi della Carnia.

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