Nell’attuale regime didattico “a distanza” non poteva non essere sollevato con forza da più parti il problema della valutazione, con enfasi alquanto condivisa sulla necessità della valutazione formativa. In tempi non sospetti elaborai una sorta di decalogo per una valutazione che forma, che qui propongo come punto di partenza per una riflessione ponderata su quel che è fattibile e consigliabile, soprattutto come stile professionale, in una situazione come quella in cui ci troviamo.
Questa sorta di decalogo non è stato redatto per la cosiddetta didattica a distanza, ma per la didattica ordinaria in presenza. Oggi che da più parti viene enfatizzata la valutazione formativa, torna utile ripercorrere alcune istanze di fondo del valutare che forma, in modo da vedere se e come possano essere adottate per la fase attuale.
Con tutta evidenza i punti dal 2 al 10 sono di pertinenza delle comunità professionali, mentre dall’attuazione del punto 1 esse trarrebbero beneficio se la politica riuscisse ad avere il coraggio di passare il guado. In assetto di didattica a distanza, comunque, l’utilizzo del voto in decimi viene ritenuto inopportuno ed impraticabile, e pertanto esula da questo ragionamento. Anche sul punto 10 in questa fase si può soprassedere, ma la questione delle attese delle famiglie resta aperta e rappresenta un punto all’ordine del giorno molto serio se si vuole favorire l’evoluzione della cultura della valutazione scolastica.
Per quel che riguarda tutti gli altri punti, credo che se ne possa trarre materia per calibrare gli atteggiamenti valutativi nella didattica a distanza. Non casualmente preferisco adottare il costrutto “atteggiamenti valutativi” rispetto al più deciso “valutazione” per la convinzione che a quest’ultimo si tende a dare una valenza più stringente e misurativa - che ne è chiaramente un misconoscimento -, finendo per scorporarlo proprio dall’aspetto relazionale, che invece secondo me è decisivo. Quest’aspetto emerge chiaramente dai punti del “decalogo”, se si fa attenzione alla necessità, che li percorre più o meno tutti, di instaurare con gli allievi una sorta di “dialogo valutativo permanente”, con espressione che chiama in causa un atteggiamento condiviso, nelle aule in presenza come nelle aule virtuali, avente come caposaldo la ricerca.
Non sono le certezze o le esattezze docimologiche gli approdi di questa ricerca, perché se così fosse ne risulterebbe opacizzata proprio la valenza formativa del valutare. Ciò che è formativo invece è proprio questo procedere insieme, insegnante e allievi, alla ricerca di quel che favorisce od ostacola l’apprendimento, e per far questo diventa indispensabile evitare la separazione tra insegnamento e valutazione. Come dire che si valuta insegnando e si insegna valutando. Già nel momento in cui le conoscenze entrano in campo, il solo modo di accostarsi ad esse, se viene fatto emergere dall’insegnante in tempo reale, costituisce occasione di riflessività. Cosa significa questo? Come lo lego a quest’altro? Come modifica il mio punto di vista?
Questi ultimi interrogativi costituiscono uno stile di apprendimento che può essere reso visibile con le opportune sollecitazioni dell’insegnante già nel momento della spiegazione, senza dovere attendere presunte “ufficialità” di prestazioni. La valutazione formativa rende “compito” ogni momento dell’azione didattica, e questo vale tanto in presenza che a distanza. Di più: quanto più questo stile del valutare mentre si insegna viene acquisito dai ragazzi, tanto meno si caricherà di ansia da prestazione il momento di verifica più strutturato ed esteso, che in tal caso finirebbe per risultare congruente con, e non giustapposto a, la verifica e la valutazione mentre si apprende.
Dunque, a mio modo di vedere il problema della valutazione in questa fase di didattica a distanza è un problema solo per chi pratica il culto della valutazione affidata a numeri e punteggi e delle verifiche puntuali e strutturate per le quali non si deve poter contare su nessun supporto. È un problema per chi ha una certa concezione del merito e necessita di riscontri “in provetta” non contaminati da alcuna influenza esterna. Per questo genere di docenti valutatori, o ragionieri che dir si voglia, la circostanza che gli alunni possano essere aiutati costituisce un problema. La didattica a distanza, in ultima analisi, sta facendo emergere tutte le criticità e le contraddizioni insite nella cultura valutativa dei docenti italiani e, aggiungerei, dell’opinione pubblica italiana, che trova adeguato riscontro negli interventi di normazione scolastica in materia di valutazione che in questi anni hanno riprodotto fedelmente le ambiguità diffuse nelle prassi scolastiche.
Lo stile valutativo qui suggerito può invece rendere l’aria respirabile nelle aule scolastiche. Ne soffriranno i cultori dei test, delle comparazioni, delle logiche di risultato. Ne soffriranno quelli che hanno l’allergia all’incertezza, alla discussione e alla ricerca. Ne soffriranno quelli che cercano i più bravi della classe ed i fautori della meritocrazia delle parti uguali tra disuguali. Ne soffriranno i cultori del registro elettronico perfettamente compilato che fa le medie in automatico e comunque tutti gli adepti della buropedagogia. Non nego che questo genere di sofferenze sia presente anche in molte famiglie ed in molti studenti. Ma è compito educativo della scuola proprio il sapere promuovere, partendo da se stessa, la necessaria evoluzione culturale diffusa in tema di valutazione.