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27/02/2020

Emergency Classroom

di Marco Guastavigna

Non avrei mai davvero creduto che la mia fiducia nel complesso delle Superiori Istituzioni della Repubblica avrebbe raggiunto il livello attuale, ma il comportamento di questi giorni da parte del Governo e delle Regioni in campo sanitario mi ha fatto doverosamente ricredere.

Interventi lucidi, coordinati, trasparenti ed efficaci, a cui ha corrisposto una compattamente composta e compostamente compatta reazione della comunità nazionale, che in tutti i suoi comportamenti ha dimostrato con senso civico di considerare come priorità l’interesse generale e la solidarietà.
Per non parlare del rigore con cui vecchi e nuovi media hanno vagliato la provenienza, la credibilità e il potenziale impatto sull’opinione pubblica delle informazioni, dei commenti e dei pareri che hanno messo in circolazione.

A questo approccio davvero encomiabile, che sarà certamente ricordato sui libri di Storia, non poteva non dare il proprio apporto anche il Superiore Ministero dell’Istruzione, da poco separato dal Superiore Ministero dell’Università, a garanzia dell’integrità di quest’ultima: qualsiasi cattedratico si può occupare di scuola (l’ha frequentata, magari ha qualche parente che ci lavora e/o studia e così via), ma un docente non può certo occuparsi di dinamiche accademiche con la raffinatezza e la ponderazione necessarie alle delicatissime alchimie culturali e distribuzioni professionali implicate.
Forse anche a seguito di questo provvidenziale alleggerimento, è stato quindi possibile far fronte con la massima rapidità alla necessaria, indiscutibile e indiscussa chiusura degli edifici scolastici sul territorio nazional-regionale – formidabile occasione, tra l’altro, per sperimentare quell’autonomia differenziata che è in via di attuazione e che saprà certamente garantire ulteriore equità al nostro Paese attraverso meccanismi di equilibrata flessibilità – con l’autorizzazione globale alla didattica a distanza in modalità smart working.

Fortunatamente, infatti, i principali player della platform society investono da tempo sul mercato dell’istruzione. Lo schema di fondo è del resto collaudato: fornitura di servizi in sé gratuiti in cambio di fidelizzazione non solo operativa, ma culturale e antropologica.
Che volete che importino l’intenzione capitalistica e la vocazione alla profilazione e al condizionamento dei comportamenti e delle opinioni tipiche di queste grandi aziende a tendenza monopolistica di fronte alla possibilità di insegnare in modo infallibilmente innovativo – è il “digitale” dispiegato, bellezza! – a decine di migliaia di studenti contemporaneamente?

E non sottovalutiamo il fatto che per entrare nel meraviglioso mondo della sovranità condivisa e dell’istruzione pubblica impartita attraverso imprescindibili infrastrutture private per scolari e studenti può essere addirittura sufficiente l’acquisizione una tantum di un permesso di soggiorno digitale, da parte dei più grandicelli autonomamente e dei più piccoli con la mediazione dei genitori. Funzionalità più complete e raffinate premieranno, invece, l’adesione strutturata dell’intera unità scolastica alla piattaforma omologata.

Per fortuna che Google c’è!

 

 

Scrive...

Marco Guastavigna Insegnante di Scuola secondaria di secondo grado e formatore, si occupa da quasi trent’anni di “nuove” tecnologie e rappresentazioni grafiche della conoscenza.

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