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fuori dai dentiscuola e cittadinanza

25/02/2024

Sul silenzio (colpevole) della scuola sulla Palestina

di Paola Lattaro

Le immagini delle studentesse e degli studenti manganellati a Pisa (e a Firenze e a Catania) per essere scesi in piazza a manifestare contro il genocidio che si consuma, indisturbato, nella striscia di Gaza, sotto gli occhi di un mondo complice, da ieri riempiono le home dei social e i nostri discorsi. Ci fanno pensare che quella democrazia che tendiamo, ingenuamente, a dare per scontata, dove manifestare (pacificamente) un dissenso è un diritto sacrosanto, scontata non è; anzi: non gode esattamente di ottima salute (del resto i segnali ci sono tutti da anni). I volti insanguinati dei ragazzi colpiti ci riportano con la memoria e con gli occhi nel 2001, a Napoli, e poi a Genova (Genova, che, come ci dice Zerocalcare, “non è mai finita”), alla Diaz, ad alcune delle pagine più cupe e dolorose che questo paese ha attraversato, uscendone peggiorato. Basti pensare, infatti, che l’attuale questore di Pisa era vicequestore proprio nel capoluogo ligure durante quel famigerato G8. Per la serie, quando manganellare e torturare serve a fare carriera! E fanno ancora più male, quelle immagini, perché sotto i manganelli dei poliziotti  (quelli che dicono che stanno solo “eseguendo un ordine”, come se manganellare dei ragazzini indifesi fosse “un ordine” che si esegue e basta, senza consentire alla propria coscienza di ribellarsi a questo abominio) ci sono dei minorenni. Dei minorenni davanti a un liceo. Le nostre figlie e i nostri figli, gli alunni e le alunne che ogni giorno siedono nei banchi delle classi dove insegniamo.

Da insegnante, da cittadina, da madre di un’adolescente attivissima politicamente, per la quale manifestazioni, presìdi, scioperi e dissenso sono ormai il pane quotidiano, non posso fare a meno di pensare che quegli studenti, e tutti gli altri studenti che in altri momenti e in altri luoghi hanno manifestato, magari qualche volta anche occupando una scuola,  contro i crimini che Israele, quotidianamente e da mesi (in realtà, da anni), commette verso la popolazione palestinese, sono stati lasciati soli da chi, più di ogni altro soggetto istituzionale, doveva essere loro vicino. Anzi da chi aveva il dovere, da tempo, di manifestare (pacificamente) accanto a loro, cioè la Scuola. Quella Scuola dove si riempiono quintali e quintali di carte coi progetti di educazione civica, quella Scuola che ci dice continuamente che dobbiamo educare le ragazze e i ragazzi al pensiero critico, che dobbiamo insegnare loro ad avere opinioni proprie e a manifestarle.

La Scuola della Giornata della Memoria, da celebrare in tutti i modi, salvo poi restare in silenzio mentre un genocidio (o, se non si vuole chiamarlo così, una strage di innocenti e di bambini) accade sotto al nostro naso. Quella Scuola che resta muta e si gira dall’altra parte invece di schierarsi, dove schierarsi non significa dire chi ha ragione e chi ha torto nel confitto israelo-palestinese (che inizia non il 7 ottobre, ma svariati decenni prima), non significa assolvere l’orrendo attentato di Hamas. Significa urlare cessate il fuoco, basta bambini uccisi, mutilati, resi orfani, basta innocenti privati di ogni diritto. Basta con questa disumanità che ogni giorno produce un dolore e una sofferenza che noi, al riparo delle nostre vite privilegiate per caso, non sappiamo neanche immaginare. Basta con il diritto internazionale fatto a pezzi (come dimostrano quotidianamente fior di esperti e studiosi), creando tra l’altro un precedente micidiale, che rende questo nostro pianeta più insicuro e pericoloso in ogni suo angolo.
La verità è che sulla facciata di ogni istituto che voglia essere coerente col proprio ruolo, che voglia cioè essere Scuola, da mesi dovrebbe esserci un enorme striscione con la scritta "Stop Bombing Gaza", "Cessate il fuoco". Da mesi si dovrebbero portare avanti in aula incontri e iniziative per informare e sensibilizzare a quello che sta accadendo e che ci riguarda tutti. E invece la scuola che fa? Resta muta, in disparte, perché la situazione è “troppo delicata per prendere posizione”. Alle proposte che partono da studenti di organizzare incontri con esperti di diritto internazionale, giovani palestinesi e ebrei non esattamente d’accordo con le politiche di Netanyahu, qualche liceo blasonato risponde addirittura che no, è necessaria anche una voce filo israeliana, per la par condicio, altrimenti non si può fare. Come se esistesse qualcosa o qualcuno in grado di giustificare 30mila morti di cui 13mila bambini.
Magari quei ragazzi a Pisa (e a Firenze e a Catania) sarebbero stati manganellati lo stesso, ma se sulla mura di ogni scuola avessimo potuto leggere, forte e chiaro, Stop Bombing Gaza, Cessate il fuoco, allora quei figli nostri (di cui sembra quasi che ci siamo accorti solo ora, dopo aver visto il sangue scorrere sui loro visi) sarebbero stati sicuramente molto meno soli. Mi domando quindi con che faccia gli chiederemo di realizzare l’ennesimo powerpoint di educazione civica? Come gli diremo ancora una volta che li vogliamo pensanti, che vogliamo sentire le loro voci, quando non appena lo fanno è proprio lo Stato a zittirli e nel peggiore dei modi?

Ieri piazza dei Cavalieri a Pisa era piena di gente scesa per difendere quei ragazzi ai quali i manganelli hanno lasciato lividi che probabilmente non andranno più via. Ed è stata una risposta bellissima a questa violenza ottusa e inaccettabile, la risposta migliore, la più potente. Così come finalmente si sono sentite anche le voci di un po’ di dirigenti scolastici, quelli che hanno sottoscritto una lettera indirizzata, tra gli altri, al ministro Valditara, per difendere la libertà di espressione non violenta (e ci volevano gli studenti presi a manganellate per avere un tardivo risveglio delle coscienze e il riconoscimento pubblico di qualcosa che è proprio il minimo). Oggi siamo tutti sdegnati ed è giusto così. Vorrei, però, sommessamente far notare che tanti adolescenti, proprio come i nostri, sono decenni che vengono picchiati, arrestati, resi orfani, privati di ogni più elementare diritto. Accade in Palestina. Sarebbe forse il caso (da anni) di indignarci e scendere in piazza con la stessa rabbia e con lo stesso sdegno anche per loro.

 

(l'immagine è tratta dalla home page del sito di TGLa7)

Scrive...

Paola Lattaro insegnante, socia dell’associazione culturale Matematici per la città, impegnata da anni in progetti didattici mirati a contrastare la dispersione scolastica.

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