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05/11/2025

Edufestival 2025. La sinergia tra Comune di Roma, Università, Scuole a sostegno del sistema integrato Zero sei

di Rosanna Angelelli

A metà dello scorso ottobre l’aula Magna del Rettorato di Roma “la Sapienza” si è riempita di più di duecento insegnanti, dottorandi, formatori, iscritti all’associazionismo di area educativa per riflettere sulla compiuta realizzazione del progetto integrato Zero sei. Con Edufestival 2015 i suoi molteplici organizzatori e partecipanti istituzionali tra cui in primis il Comune di Roma e tra le università “La Sapienza”, con l’appoggio tecnico di Rai radio kids2 e di Zètema hanno lanciato e condiviso un esperimento formativo pluriennale in rete per la piena realizzazione del Dlgs n. 65/2017.

Una sinergia istruttivo educativa tra scuola e università davvero importante su un obbiettivo per il quale tanto si spese anche il maestro, direttore scolastico, pedagogista Giancarlo Cerini. Lo sintetizziamo: creare quel curricolo educativo di base che a partire dal nido individua e accompagna plasticamente la creatività e la socializzazione dei piccoli fino alle soglie della scuola primaria. In questo percorso i piccoli sin dai primi mesi di vita ricevono dagli adulti l’affetto e la cura educativa entro una relazione in comune con altri coetanei e in un ambiente in grado di stimolare un approccio cognitivo non ancora analiticamente strutturato rispetto alla scuola primaria ma pieno di curiosità, di itinerari di ricerca/azione in erba dentro e fuori la scuola.

Delle idee e delle metodologie di questo percorso educativo curricolare sostenuto da insegnanti attenti a non sovrapporre  sui piccoli la loro identità psicologica e culturale di adulti si è parlato a lungo durante la prima parte del Festival:  assessori, dirigenti universitari, scienziati, intellettuali hanno illustrato la cornice istruttivo/educativa  di inquadramento ai numerosi workshop e alle tavole rotonde del giorno successivo, anch’essi dai contenuti quanto mai importanti e gestiti da altrettanto molteplici operatori : inclusione, intercultura, alleanze educative, creatività, pace, arti e linguaggi espressivi, salute, sport, questi i concetti chiave su cui si è riflettuto e si sono fatte proposte operative.  Né si è trascurato il coinvolgimento dei bambini e delle bambine insieme con le loro famiglie in un’attività ludica di performance musicali, narrative, artistiche durante l’incontro conclusivo.

La politica

A partire dal video di saluti della Rettrice di “Sapienza” Antonella Polimeni, tutti gli interventi hanno cercato di ribadire i nessi complessi tra libertà civile, diritti educativi e operatività  culturale in uno spazio allargato che non si limita né a un solo segmento scolastico, né a una città, sia pure essa la capitale, che in questo caso ha promosso assai meritevolmente il Festival, né a una regione, ma, intende far procedere in rete un sistema di scuola dell’infanzia diffuso in  tutto il Paese.

 L’infanzia, ha sostenuto Claudia Pratelli (Assessore alla Scuola, Formazione e Lavoro di Roma Capitale) si presenta oggi agli adulti come potenziale educativo complesso, con una precocità di requisiti   che mettono in discussione il tradizionale ruolo educativo degli adulti richiedendo loro nuove alleanze entro servizi e misure di accompagnamento pubblici sempre più necessari da realizzare. I dati forniti sulle varie realtà scolastiche della Capitale, anche se fanno bene sperare su una ormai consolidata struttura di sistema pubblico, devono essere rigiocati su un progetto comunitario ancora più ampio e ambizioso: continuare a far vivere lo Zero-sei difendendolo dalla tendenza riduzionistica del Tre sei da parte di territori finora non attrezzati all’applicazione della legge anche per mancanza di adeguate strutture di base, tra cui gli asili nido, le mense, il tempo prolungato. Lo zero sei pertanto va rigiocato nel tempo lungo di un curricolo che, per realizzarsi, trasporta con sé sia la risoluzione in pratiche serene del lavoro femminile, sia il coinvolgimento armonioso di tutta la filiera educativa. E vanno risolti, come ha precisato Carla Consuelo Fermariello, Presidente della Commissione Scuola di Roma Capitale, sia la questione dei titoli professionali che a tutt’oggi creano odiose disparità anche retributive tra gli operatori dei vari segmenti dell’intera scuola dell’obbligo, sia il costante attacco all’inclusione dei disabili e dei bambini con back ground migratorio. Questioni da sciogliere comunque in una rivendicazione politica a livello nazionale.

Le idee

Se la politica ha dichiarato apertamente la sua disponibilità nell’ambito del consolidamento funzionale di un sistema integrato ancora frenato da irrisolti problemi sociali e da inadeguati finanziamenti, è toccato a Fabio Lucidi aprire le considerazioni su quali culture formative costruire l’educazione. In qualità di Prorettore alla Terza e alla Quarta Missione e rapporti con la comunità studentesca di “La Sapienza”, egli ha ricordato la storia plurisecolare di questa università, che, fondata nel XIV scolo con intenti fortemente clericali da papa Bonifacio VIII, attraverso percorsi di studi giuridici e umanistici sempre più ampi e combattuti, oggi delinea e difende i principi fondanti di una comunità educante democratica: la libertà della ricerca e la libertà di critica. Collegati ad autonomia e responsabilità entrambi i percorsi di libertà devono vivere sempre più plasticamente vicini a quella società della conoscenza dagli orizzonti culturali sempre più ampi e mescolati.

Il tracciato culturale è alquanto complesso, richiede l’interazione tra pensiero teorico e formazione tecnico scientifica, tra ideazione estetica e innovazione tecnologica riflessiva, per la costruzione di quegli strumenti cognitivi valutabili anche come idonei all’agire sociale concreto. Come muoversi tra le discipline “dure” e la comunicazione poetica, e, andando più al fondo della persona, tra la libertà, il controllo del sé, la responsabilità dell’agire e le risonanze interiori del vissuto? Come si fa ad alimentare la vitalità, il dinamismo educativo in un intreccio così complicato e in una società così complessa e piena di contraddizioni?

Di strumenti e di percorsi possibili si è parlato nella sezione Lectio Magistralis.

Luigina Mortari, filosofa e pedagogista, docente all’università di Verona, in un intervento molto complesso e applaudito, ha intessuto una trama organica tra le istanze educative della modernità (Dewey, Montessori, Bateson, il primo Heidegger e Arendt) e quelle ricavabili dalla filosofia e dalla scienza greca (Socrate, Platone e Aristotele) nonché dal Cristianesimo (Agostino). Ne è nato un disegno di tanti nessi intrecciati e comunque sintetizzabili nella convinzione aristotelica che l’educazione è cura di tutte le esperienze che portano nutrimento all’anima e che si traducono in azioni positive. Ma come pervenire a questo affinamento? Con percorsi e processi che coinvolgono tutto il corpo, il suo comportamento psichico e quello sociale. L’etica, la politica si interconnettono non solo per risolvere le necessità e i bisogni umani ma anche per agevolare quei valori interiori di cui la speranza sostiene ogni forza possibile. E tuttavia questo potrà accadere senza avere mai in tasca la chiave della verità e del bene assoluto.

La valorizzazione di un modo olistico di stare al mondo sin dall’infanzia è l’oggetto di un intervento scarno, essenziale, quasi umile nella sua limpida schiettezza, dello scienziato Giorgio Parisi. Anche lui sostiene che si fa ricerca del sé nel mondo e del mondo con tutto il corpo, curiosamente proteso alle più varie esperienze cognitive. Parisi ha rivolto un omaggio spassionato a Maria Montessori, auspicando quell’attività manuale “ingegnosa” che consolida la memoria procedurale e con essa alimenta la verifica riflessiva, il controllo e l’eventuale cambiamento progettuale e operativo. I bambini devono essere messi in una condizione di libertà, anche distruttiva, degli oggetti che li circondano, per imparare a imparare i meccanismi, a misurare le dimensioni, a calcolare le quantità con propri criteri e metodi di esplorazione, siano essi incompleti o errati. Anzi, l’errore, segno di una distorsione cognitiva entro un sistema di pensiero comprovato e quindi codificato, attiva, per essere corretto, una retroazione riflessiva che può aprire ad altre domande, ad altre ipotesi di significato. Imparare a porsi/porre domande, prendendo consapevolezza dello sviluppo “storico” di un certo concetto scientifico è un obbiettivo educativo fondamentale, purché ci sia negli adulti accompagnatori di questo approccio esperienziale intenti istruttivo/educativi limpidi ma complessi.

Ad Arianna Punzi, filologa medievalista e Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia alla “Sapienza”, spetta il compito educativo di valorizzare la parola, strutturata in narrazione del sé ma anche nei significati sotterranei, misteriosi, del dire poetico. Interessante è l’affermazione che fa la studiosa a premessa della sua lectio: l’educazione pedagogica è avvenuta per lei attraverso l’esperienza di tre maternità. Da loro ha colto con molta finezza quei segnali comunicativi psicofisici, a partire dalla reciprocità dello sguardo tra madre e figlio, necessari a quel riconoscimento di cui tutti abbiamo avuto e continuiamo ad avere bisogno vicendevolmente dall’altro. Tra adulti e bambini ci si affina reciprocamente, anche se per i piccoli la conoscenza avviene per processi diversi: dalla meraviglia alla passione al sentimento di una scoperta, al gusto, all’assaporamento del dire poetico sulla vita. E come si legge in “Bambino” di Alda Merini l’apprendimento dovrebbe percorrere innanzitutto le vie liquide di un rispecchiamento del sé: “Ma prima di imparare a scrivere/ guardati nell’acqua del sentimento”  

Infine, Roberto De Gaetano, in un intervento piuttosto graffiante: docente di Cinema e scrittura alla “Sapienza” egli ha concluso la carrellata delle lectiones presentando una serie di esempi cinematografici, a partire dal “Il monello” di Chaplin, per dimostrare come gli adulti leggano l’infanzia con la lente spesso deformante (e narcisistica) della loro propria cultura. Il bambino sarebbe dunque educato in costruzioni di senso convenzionali largamente arbitrarie, destinate tuttavia a infrangersi e/o a rimodellarsi laddove le condizioni sociali, politiche, culturali di una epoca creano conflittualità e sovvertimenti intergenerazionali devastanti. Come è accaduto dalla metà degli anni Settanta in poi, da quando la scuola a sua volta non ha saputo più padroneggiare una solida educazione disciplinare. Per non parlare dell’oggi, dove la tecnologia digitale sta creando all’infanzia un sopramondo incomunicabile, fatto questo che induce lo studioso ad affermare che educare i bambini vuol dire educare innanzitutto gli adulti responsabili di una cultura semplificata e contraddittoria. Il compito educativo allora richiede sempre più un intreccio tra cultura e politica di cittadinanza. E che cosa può fare la scuola per passare dalla passività sconfortante della didattica trasmissiva a un’attività immaginativa e critica attiva?  Il docente auspica quella ripresa del veicolo narrativo del sé, il raccontarsi in storie che rimette in primo piano i saperi vissuti delle scienze umane che oggi sembrano molto conculcati.      

Scrive...

Rosanna Angelelli Di formazione classica, già insegnante di materie letterarie nei licei, è stata per anni redattrice di "insegnare".

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