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14/07/2025

Goffredo Fofi. Un testimone e un maestro difficile da dimenticare

di Annalisa Marcantonio

Nella registrazione radiofonica di un intervento di Goffredo Fofi, quando era ospite del "Suk festival" di Genova, nel 2019, ho potuto ritrovare alcuni dei tratti peculiari di questo intellettuale, ma anche un particolare modo di intendere l’attivismo, la cultura e l’impegno sociale e politico. Cercherò di accennare ad alcuni aspetti che possono connotare la sua figura di maestro e, insieme, di testimone privilegiato del proprio tempo.

Nell’intervento ricordato sono stati toccati temi che mi hanno toccato profondamente, alla luce della recente scomparsa di Fofi. Le opinioni qui da lui espresse, con la passione e il fervore civile che lo contraddistingueva, mi hanno suggerito riflessioni capaci di richiamare le urgenze del difficile momento politico-culturale che stiamo attraversando, all’interno della società civile. Il festival genovese di cui  era ospite aveva il titolo di “Educazione militante” e metteva al centro della discussione la questione pedagogica. Questa scelta tematica, se permetteva di mettere sul tappeto temi attinenti alla crisi della scuola, portava ad inquadrare nel corso della discussione la più generale questione della crisi della cultura, negli ultimi decenni. Su questo terreno, l’intervento di Fofi assumeva accenti appassionati e fortemente polemici. Nel ricordare l’ultima creazione editoriale, la rivista “Gli Asini”, veniva ribadito l’imperativo che ha da sempre ispirato la sua azione intellettuale, cioè quello di “fare rete”. Quest’ultima rivista, come le precedenti, si configura come un contributo al dibattito culturale, ma ha anche l’intento di promuovere un movimento, di supportare in concreto la formazione di giovani intellettuali “appassionati di realtà” [1]

E non è stata questa, appunto, una delle missioni principali che l’intellettuale Goffredo Fofi si è sempre attribuito, quello di creare dei cenacoli culturali altamente formativi per giovani, come fu per Franco Lorenzoni e Nicola Lagioia? In quanto testimone privilegiato del passaggio da un’Italia analfabeta al periodo delle grandi riforme nazionali riguardanti il welfare e i diritti civili Goffredo Fofi, specialmente nell’ultimo periodo della sua vita, ha denunciato chiaramente l’impatto distruttivo del capitalismo sulla società e sulla cultura, in linea con la critica svolta dalla scuola di Francoforte ai consumi culturali indotti. Uno dei passaggi che mi fatto maggiormente riflettere, tra le questioni dibattute al Suk festival, ha riguardato proprio il significato assunto oggi dal termine "comunicazione". Esso, come suggeriva Fofi, si va allontanando sempre più dal senso primario della relazione umana e sociale, accostandosi a svariate forme di manipolazione culturale. Questo slittamento di significato, oltre ad entrare in contrasto con il significato originario della parola, può giungere a vanificarne alcuni caposaldi irrinunciabili, come l’importanza del rapporto “inquietante” tra libro e lettore. Sta proprio in questo rapporto e nella sua qualità, secondo Fofi, l’efficacia formativa della lettura, quando essa sia davvero un’esperienza importante e significativa.

Riguardo alla formazione culturale di Goffredo Fofi, mi ha sempre intrigato un aspetto, cioè la mancanza di steccati ideologici, di atteggiamenti preclusivi nei confronti di posizioni, anche di marca diversa, che egli reputasse ispirate ad un vero umanismo. A partire dall’ ispirazione principale presente nella sua biografia, quella di Danilo Dolci, Goffredo Fofi ha seguito costantemente la sua vocazione pedagogica, nella ricerca di un dialogo autentico da stabilire con tutte le voci presenti nell’agorà democratica. Negli ultimi anni, abbiamo potuto vedere in lui un intellettuale spesso arrabbiato, critico verso l’istituzione scolastica, di cui vedeva chiaramente le patologie, dovute ad interventi politici sbagliati ed ispirati a fini alquanto sospetti. Non sono mancati strali rivolti al deficit di vocazione e di coraggio negli insegnanti di ogni ordine e grado di scuola, con qualche eccezione per le maestre e i maestri della scuola primaria. Una posizione scomoda, la sua, capace però di farci riflettere sul nostro presente.

La nostalgia manifestata da Fofi, in varie interviste, per la cultura sorta in Italia negli anni della ricostruzione postbellica e affermatasi negli anni settanta, appare motivata dal ricordo delle prime esperienze rivoluzionarie accanto a Danilo Dolci nel Meridione, dal peso che nella sua formazione ha rivestito la frequentazione del milieu intellettuale che ruotava attorno alla Olivetti, per fare solo qualche esempio. Tale nostalgia sembra comprensibile in quanto dovuta all’eccezionalità di una fase storica in cui era presente un’Italia solidale e illuminata (pur con le sue evidenti contraddizioni). Un gruppo ristretto di intellettuali colti e progressisti poteva qui avere influenza, intercettare le innovazioni e assegnare giusti riconoscimenti. In questo contesto non sono mancate figure capaci di esercitare azioni di critica radicale, di compiere scelte coerenti e consapevoli fino alla disobbedienza civile. Di questa fase Goffredo Fofi è stato uno degli ultimi attori e insieme testimoni. Domandiamoci se oggi ne saremmo capaci.

 

 

 

 

Note

[1] Tra le riviste fondate da Goffredo Fofi si ricordano «I quaderni piacentini», «La terra vista dalla luna», «Linea d’ombra», «Lo straniero», «Gli Asini. 
Goffredo Fofi si racconta in: https://www.raiplaysound.it/audio/2019/07/LItalia-dei-Festival-Suq-Festival-2019-302cf3de-a5b7-47be-a7f8-14872789a69e.html

Scrive...

Annalisa Marcantonio Ha insegnato Filosofia e Storia nei Licei; fa parte del direttivo del CIDI di Pescara e partecipa alle iniziative di formazione della Società Filosofica Italiana (SFI), sezione di Francavilla al Mare; redattrice di "insegnare".

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