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07/03/2020

Didattica a distanza: gestione dell'emergenza o prove tecniche di una scuola smantellata?

di Simonetta Fasoli

Leggo diversi - e in qualche caso "autorevoli" - commenti sulle modalità operative di gestione della forzata chiusura delle scuole adottata nel diffondersi del coronavirus.

Non mi pare il caso di spendere parole sull'opportunità o perfino la necessità dei provvedimenti che hanno interrotto le attività scolastiche per un periodo significativo e per un tempo di fatto non prevedibile.
Mi sembra al contrario dirimente aprire una discussione il più possibile partecipata sui tanti risvolti che la questione presenta.

I toni, al limite del trionfalismo, usati da chi ha responsabilità di governo del sistema scolastico, sono a mio parere non solo fuori luogo ma francamente inquietanti per quello che possono prefigurare. Si afferma che il sistema, in tutte le sue articolazioni, è attrezzato o si sta attrezzando per organizzare la didattica a distanza. Sembra, a leggere non solo tra le righe, che siamo di fronte non a una soluzione di emergenza, come tale parziale e provvisoria, ma all'epifania di una nuova stagione segnata dalle "magnifiche sorti e progressive".

Provo a esporre, seppure in sintesi, alcune considerazioni.

1) La “didattica a distanza” non è, con tutta evidenza, assimilabile all'uso degli strumenti digitali, non solo compatibili ma a certe condizioni auspicabili nella strutturazione di percorsi e ambienti di apprendimento a scuola.

2) Ci sono funzioni e obiettivi di natura formativa che traggono senso e possibilità dalla presenza delle condizioni culturali, organizzative e materiali, che solo il sistema pubblico di istruzione e formazione può garantire.

3) Pertanto, queste funzioni non sono un accidente storico da superare, tantomeno da surrogare.

4) I processi di apprendimento/insegnamento sono inseparabili, per loro intrinseca natura, dai contesti reali e socialmente significativi che li supportano e li connotano.

5) Il sistema scolastico è al crocevia dei processi e dei relativi contesti.

6) Ogni soluzione "tecnica" che ne prescinda va dunque verso la destrutturazione del sistema e verso un regime di fatto di descolarizzazione.

7) La didattica a distanza, se assume il contorno di una soluzione politico-culturale, che esula dalla gestione dell'emergenza, e si appresta ad affiancare (e, in prospettiva, a sostituire) la funzione pubblica che svolge la scuola come luogo riconoscibile e materiale, confina l'educazione/istruzione a un ambito squisitamente privatistico. Capitolo finale di una privatizzazione con cui facciamo i conti già da qualche decennio

Per ora mi fermo qui. Mi sembra che queste considerazioni, necessariamente sommarie, dovrebbero tenere alto il livello di vigilanza e attenzione nei confronti di quello che si sta muovendo, e della posta in gioco.

Spiace di aver dovuto registrare, finora, prese di posizione francamente troppo prudenti, quand'anche improntate a vibranti richiami all'importanza della "relazione" nei contesti di educazione.

Bisogna andare ben oltre posizioni prudenti ed espressioni eufemistiche verso la didattica a distanza. Dobbiamo denunciarne, con parole trasparenti e coraggiose, le insidie che nasconde. Prima che "didattica a distanza" diventi "scuola surrogabile".

Parole chiave: Dad, speciale emergenza

Noi crediamo che in questa emergenza ogni coordinatore di consiglio di classe debba valutare le soluzioni più adeguate al contesto in cui opera e gestire con gli altri docenti il modo di attuarle. Sono troppo diverse le condizioni territoriali, di ordini di scuola, di strumentazioni e abitudini per pensare di affidare la soluzione generalizzata a improvvisati o sedicenti esperti di didattica digitale.

Le scuole devono poter accedere a una pluralità di soluzioni possibili e attivarle con buon senso. Talvolta una lista di libri o di consultazioni intelligenti o di pause di riflessione o di pacate conversazioni o di lievi esercitazioni guidate è assai più efficace delle preconfezionate lezioni digitali. O delle proposte dei mercanti di fumo.

Ancora una volta la scuola rischia di chiudersi in una sua concezione perdente fatta di lezioni, di compiti, di interrogazioni, di voti, di promozioni... Tutto l'armamentario deteriore della sua inefficienza.

Ci sono mille modi di sollecitare e sostenere l'apprendimento utilizzando le dotazioni tradizionali o informatiche come strumenti ragionevolmente usati e non come fini miracolistici.

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Scrive...

Simonetta Fasoli Dirigente scolastica, educatrice.

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