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01/10/2023

Che la scuola si riprenda la parola

di Maurizio Muraglia

L’attuale stagione della scuola non lascia indifferenti le associazioni storiche degli insegnanti, che da alcuni mesi hanno avviato un percorso di consapevolezza volto a sensibilizzare il mondo della scuola su ciò che ormai è sotto gli occhi di tutti: asservimento a logiche competitive, localismo, burocratizzazione, sterilizzazione del processo partecipativo, con riferimento marcato agli organi collegiali della scuola.

Con un documento della primavera scorsa, AIMC, CIDI, MCE e Proteo ponevano con forza l’istanza di un nuovo protagonismo della scuola, condensato nel motto “La scuola si riprende la parola” . Quel documento conteneva la necessità di riappropriarsi di spazi e tempi di pensiero e di partecipazione di fronte all’afonia generalizzata che sembra caratterizzare ormai l’ambiente scolastico.

Il Manifesto propone l’istituzione a livello di singolo istituto e in modo capillare sul territorio nazionale di un “patto di impegno unitario per costituire nelle scuole Tavoli interassociativi per il rilancio dell’Autonomia scolastica e di una nuova organizzazione del lavoro”. Un nuovo processo partecipativo che faccia perno, in primo luogo, sui docenti e i dirigenti scolastici, sulla loro capacità di riconquistarsi un ruolo centrale per il futuro della scuola e dei suoi esiti, formativi e sociali.

Il percorso culmina nell’evento previsto a Roma il 6 ottobre prossimo, in cui le quattro associazioni, con il contributo di esperti, metteranno a fuoco le condizioni che rendono possibile la svolta partecipativa auspicata. Per riprendersi la parola la scuola deve tornare ad essere al suo interno spazio di parola. Parola pensata, studiata, emergente dalla realtà delle azioni e delle persone piuttosto che dal dichiarato dei moduli, dei verbali e delle piattaforme.

Chi opera a scuola osserva che scuole scoppiano di burocrazia e lo spazio per la ricerca e la sperimentazione si riduce sempre più. Esce rafforzato proprio il modello contestato dall’autonomia, cioè il modello top-down. Solo alcune oligarchie conoscono il game, che è fatto di progetti finanziati, piattaforme, scadenze e procedure farraginose che conoscono solo alcuni tecnocrati della scuola.

Lo stesso PTOF, molto spesso, piuttosto che essere il frutto di sinergie democratiche dal basso, nasce dalla compilazione di una piattaforma ad opera di figure solitarie che “raccolgono e caricano”.  Le funzioni strumentali, figure che si autocandidano per essere al servizio della scuola, terminali di un sentire condiviso e democratico, finiscono per far parte degli organigrammi di staff, con evidente sovrapposizione tra funzioni di progettazione e funzioni di gestione. Nessuno sa quel che fanno, e le loro relazioni finali prebalneari spesso sono presentate tra gli sbadigli.

I Collegi dei docenti e i Consigli di Classe, soprattutto nella scuola secondaria, fanno fatica ad essere spazi di parola costruttiva, intendendo per parola costruttiva la parola orientata alla manutenzione del curricolo e delle didattiche. Prevale troppo spesso, nei Collegi, la necessità di “deliberare”, e nei Consigli la discussione disciplinare o valutativa. Per questo sono sentiti come momenti gravosi, da cui fuggire.

È quest’atmosfera irrespirabile che il tavolo interassociativo intende porre in discussione, con i necessari richiami al mandato costituzionale della scuola. Proprio l’iniziativa democratica e la dimensione intellettuale del lavoro docente vanno rilanciate. Iniziativa di parola, di condivisione, di studio, di formazione utile. Molti si ritengono gratificati dal “bel progetto” che ha allietato studenti e famiglie. Progetto che magari è stato premiato e ha avuto risalto nei media, con riverberi positivi sulle iscrizioni. Ma queste imprese, spesso evocate ed elogiate dai ministri di turno che trovano occasioni di passerelle, non intaccano il sistema proprio perché vengono percepite come boccate d’ossigeno e vie di fuga dalla burocrazia degli adempimenti, delle rendicontazioni e delle verbalizzazioni. Che per quanto necessaria diventa controproducente se occupa tutta la scena.

La posta in gioco è la tenuta democratica della scuola. Risulta stridente infatti la contraddizione tra i progetti di educazione alla cittadinanza e alla legalità che coinvolgono alunne ed alunni e la preoccupante assenza di discussione interna che connota tanti ambienti scolastici, curvi sugli adempimenti quando non proni a logiche autoritarie. Occorre un vero e proprio rinascimento della scuola, cui nessuno spirito democratico può più sottrarsi.

Scrive...

Maurizio Muraglia Docente di Lettere nei licei, formatore, già Presidente del Cidi Palermo

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