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una recensioneoltre la lavagna

14/06/2024

“Domani c’è scuola”, di Antonella Di Bartolo.

di M. Gloria Calì

Solitamente si usa la parola “Scuola” quando si intende fare riferimento al sistema scolastico italiano; si tratta di una sorta di iperonimo per indicare gli istituti tecnici, i nidi, le scuole dell’infanzia, gli istituti comprensivi, i CPIA… un sistema scalato per “ordine e grado”, come si dice ex lege; per il secondo ciclo, bisogna poi definire indirizzi e “curvature”. Poi, ci sono “le” scuole, giacché le scuole primarie in Calabria sono diverse, per organizzazione, funzionamento e persino per architettura, rispetto alle scuole primarie dell’Abruzzo o della Lombardia.
Possiamo quindi stabilire tanti criteri per distinguere le scuole, cioè le istituzioni scolastiche, che, tuttavia, hanno un importante, irrinunciabile, profilo comune: sono parti integranti della Pubblica Istruzione. (Lasciamo stare il Merito, per carità). Che significa “pubblica”? Che è parte dello Stato, lo realizza e lo consolida, e noi siamo Stato. Noi, tutt*. Un “noi” che include ciascun uomo e ciascuna donna, adult* o minore, nat* qui o nato altrove, dentro o fuori dal percorso di studio. Nessuno si senta escluso, canterebbe De Gregori.

Dall’istruzione pubblica non sono escluse, quindi, nemmeno tutte quelle scuole delle periferie delle grandi città, con i centri storici pieni di turisti, di giorno, e di turisti che fanno aperitivi, di notte. Ecco: un altro criterio di distinzione delle scuole è quello del loro rapporto con le geografie urbane; ci sono le belle zone alto-borghesi, alberate, silenziose, con i cagnolini al guinzaglio, e i quartieri “degradati”.. “fragili”.. forse sarebbe più onesto dire che sono terreni di lotta impari tra Stato e non-Stato, in cui le uniche sconfitte sono le persone, troppo piccole per riuscire a vivere civilmente.

A Palermo ci sono tante di queste zone “fragili”; una di queste, nella periferia sud-orientale, è distante pochi passi dal mare, blu e luminoso. Si chiama “lo Sperone”.
In questo quartiere, un giorno di fine Agosto del 2013 arriva una bella ed elegante donna bionda. E’ la preside Di Bartolo, che, alla firma del contratto per il suo primo incarico all’istituto comprensivo “Sperone-Pertini”, viene salutata con l’augurio “condoglianze!”. La storia professionale e umana dei dieci anni dal 2013 ad oggi è stata raccontata dalla protagonista nel libro “Domani c’è scuola” (Mondadori, 2024), in cui la geografia di una grande città italiana è disegnata dalla forza indomita dell’istituzione “scuola”.

La periferia palermitana in cui Antonella Di Bartolo prende servizio è sì illuminata dal sole e rinfrescata dal mare, ma ha un tessuto disseminato da cumuli di macerie, reali e metaforiche. La scuola è perfettamente integrata in questo paesaggio di devastazione civile, consolidata e immutabile. “I manuali del bravo dirigente scolastico non parlano delle periferie, e quell’idea tutta teorica che mi ero fatta del mio nuovo lavoro somigliava al tubino blu e alle scarpe con i tacchi che indossavo: sbagliata e fuori luogo.Di Bartolo si assume la responsabilità di trasformare quel cumulo di rifiuti rassegnazione e silenzio istituzionale in una scuola. E non una scuola e basta, ma una scuola che sia luce per un intero quartiere.
Quando lei riceve l’incarico, la scuola è tale solo di nome, ma, nei fatti, manca del tutto la struttura istituzionale: si sono alternati dieci dirigenti scolastici in dieci anni; c’è una supplente al DSGA titolare; non esiste l’archivio; la parte economica è un caos; il plesso della scuola media sta per essere chiuso: la primaria, ancora ancora, regge… ma la media è popolata da tutti coloro che il sistema del primo ciclo ha trasformato in scarti, già preda della delinquenza.

La preside individua altre due persone (due, non venti…) di cui fidarsi, e con loro comincia un’opera di rifondazione dell’istituto comprensivo “Sperone-Pertini”, a partire dai primi cinquanta iscritt* della scuola dell’infanzia nel 2013, recuperati facendo visita a tutti i commercianti del quartiere, per convincere la gente che la scuola c’è.

La storia che di Bartolo racconta nel suo libro non è una favola né un curriculum personale di successi. E’ una storia di intuizioni, strategie, collaborazioni, delusioni, amarezza, sacrifici personali, animati da una sola idea chiara: la scuola deve emanare luce per il contesto in cui si trova, dev’essere aperta e inclusiva, bella e convincente, per contrastare il buio e il brutto che ruba il futuro al quartiere.

I tentativi di richiamare la politica a svolgere il suo compito sono per lo più falliti, e, leggendo, ci si chiede come mai, con tanto spargimento di cementi e asfalti e centri commerciali, una grande città italiana non riesca a trovare le risorse per riqualificare un luogo fortemente simbolico, in un quartiere che ha già così poco, come è una piazza, seguendo, tra l’altro, un progetto elaborato dai bambini e le bambine della scuola in collaborazione con l’Università.
Ci si chiede come mai non si riesca ad evitare che un alunno di tredici anni sniffi la benzina, dorma sul banco e, dopo varie corse in ambulanza, non ci sia il servizio sanitario pubblico che lo prenda in cura.
Con una scrittura semplice, un’articolazione in capitoli che aiuta a seguire la storia negli anni e zooma su alcuni episodi emblematici, Di Bartolo racconta la sua esperienza, tuttora in crescita, che certamente le ha portato molta notorietà, ma porta con sè molti rischi, timori, fatiche.

La scuola aperta tutto il giorno, con le luci accese di notte per illuminare il quartiere e scoraggiare le ombre, è simbolo di una certa idea di Cosa Pubblica, che, attraverso l’educazione affidata allo Stato, irradia la sua azione costruttrice a ciò che ha intorno, sempre e senza cedimenti.

E’ una scuola non solo per lo Sperone di Palermo, ma è per noi, noi che siamo Stato.

Antonella Di Bartolo
 

"Domani c'è scuola"

 

 

Mondadori, Aprile 2024
 

pp. 132, euro 17,00

Scrive...

M. Gloria Calì Insegnante di lettere alla media da oltre 20 anni, si occupa di curricolo, discipline, trasversalità, con particolare attenzione alle questioni della didattica del paesaggio. Direttrice di "insegnare".

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