Il CIDI di Rimini ha inaugurato il 18 giugno 2024 un ciclo di seminari internazionali su “Stili di apprendimento e stili di insegnamento”. L’incontro si è svolto a Rimini presso l’Aula Magna del Liceo Scientifico “Albert Einstein”, con interventi di relatori di ambito internazionale:
Armando Rodriguez Lozano, esperto ventennale della tematica, ha introdotto l’argomento declinando il significato di stile di apprendimento e stile di insegnamento e il valore che assume nella formazione e, di conseguenza, nella didattica quotidiana dei docenti di tutti gli ordini e i gradi scolastici.
Lo stile di apprendimento è una combinazione delle variabili cognitive, affettive e psicologiche della persona, è il modo in cui essa osserva e interagisce con l’ambiente di apprendimento. Infatti è un’azione ripetitiva che rappresenta anche le proprie preferenze sociologiche (es: lavorare da soli, in coppia o in gruppo, ecc), tecnologiche (utilizzare il computer oppure lo smartphone o il tablet, ecc), naturali che passano attraverso i nostri sensi e attraverso tutte le altre modalità di ricezione delle conoscenze e interazione con l’ambiente. Nella pratica quotidiana, in ambiente scolastico, il docente utilizza uno stile di insegnamento che rappresenta il modo in cui lui stesso ha appreso e lo ripropone ai suoi studenti. Ciò che caratterizza la professionalità del docente è però il pensiero riflessivo che gli permette di essere flessibile ed efficace nell’individuare il bisogno dell’alunno e nel facilitare l’apprendimento.
Maria Chiara Michelini ha illustrato i dati di una recente ricerca-azione realizzata nelle scuole primarie e dell’infanzia, proprio sul ruolo del pensiero riflessivo del docente nei contesti scolastici. A partire proprio da questi dati, ha evidenziato che l’insegnante si interroga continuamente sul proprio modo di pensare, e sulle prassi, prendendo coscienza di limiti e potenzialità. Nel contesto della docenza è stato quindi rilevato che, per effettuare un cambiamento prospettico evolutivo dell’apprendimento professionale dei singoli che compongono la comunità di pensiero, vi è la necessità di un pensare critico. Con questo ultimo e fondamentale aspetto collettivo hanno operato i docenti delle scuole oggetto della ricerca e che costituiscono la comunità di pratiche orientata ad attivare i processi di apprendimento. La definizione di comunità di pensiero obbliga a una riflessione sulla situazione sociale attuale, all’interno del contesto di globalizzazione e di un pensiero unico indotto eteronomamente da regie occulte che governano i destini di popoli e culture. In questo scenario preoccupante, essere a conoscenza di comunità che si riuniscono per pensare rimette in gioco il desiderio di riacquistare il dominio delle proprie libertà personali e societarie e la scuola, e con essa il corpo docente, risulta essere il terreno migliore per coltivare questa prassi. È nella scuola che devono nascere le più importanti rivoluzioni culturali che portano cambiamenti nella società. Il compito dei docenti diventa quindi quello di analizzare la situazione, la sua complessità e avere la capacità di operare per superare le resistenze al cambiamento. Gli stili di apprendimento e di insegnamento non devono diventare delle routine, delle abitudini, ma devono convertirsi in schemi interpretativi che permettono di comprendere i bisogni degli studenti. I docenti, che sono prevalentemente coscienziosi, anche se temono il giudizio e cercano spesso delle conferme dagli stessi colleghi, devono evitare di incorrere in quel circolo vizioso che parte dall’atteggiamento introverso e conduce alle lamentele, alla chiusura, al conseguente calo dell’autostima e al rischio di burnout. A scuola esiste, però, anche un circolo virtuoso che, partendo dalla conversazione riflessiva con i materiali della situazione da affrontare, porta al confronto, all’approfondimento teorico ed emancipativo e questo crea le comunità di pensiero. I problemi esistenti a scuola non possono essere presi in carico da un solo insegnante ma devono essere condivisi e affrontati insieme, per muovere nella direzione del cambiamento per il contesto scolastico e per le generazioni che si stanno formando.
All’interno dei luoghi di istruzione formale possono essere presenti situazioni che impediscono l'attivazione e il procedere dei processi di apprendimento. Marina Garcia Valdecasas Prieto ha analizzato proprio il rischio di burnout a carico dei docenti che potrebbe scaturire dall’incontro con una situazione che risulta imprevista e inaspettata. Riuscire, da parte del docente, a superare le problematiche derivate dalla gestione di situazioni non lineari e prevedibili, o almeno già affrontate, contribuisce alla crescita dell’identità professionale. Tale identità risulta, infatti, dinamica e in continua evoluzione e si modella sulla riflessione scaturita dalle situazioni problematiche quotidiane, permettendo così un’implementazione delle proprie competenze e un superamento del momento di difficoltà. Nel caso in cui queste situazioni non si riescano a superare si rischia di cadere nel burnout. Vi è una forte correlazione tra identità professionale e burnout, finchè vi è soddisfazione non vi è burnout, mentre se viene imposto un certo stile di insegnamento, che non appartiene al docente, si contribuisce a intaccare l’identità professionale e aumentare lo stress che porta, a lungo andare, a questa sindrome. L’erosione dell’identità professionale porta sofferenza anche agli alunni in quanto il docente finisce per non essere più un riferimento preciso. Una soluzione per risolvere il momento di difficoltà e un supporto per individuare la strategia migliore sono la condivisione tra colleghi del problema e la risoluzione condivisa. Nessuno accetta volentieri un’imposizione dall’alto di un determinato metodo di approccio o stile di insegnamento e quando ciò accade genera un notevole stress per il docente, che si ripercuote sugli alunni.
Lo stato dell’arte attuale in Italia sugli stili di apprendimento è basato su 12 anni di ricerche promosse da Enrico Bocciolesi, il quale puntualizza, nel suo intervento, che chi frequenta i seminari su questo argomento sicuramente mette in discussione ciò che applica nelle proprie attività didattiche e cerca di migliorare il suo punto di vista e la comprensione del contesto. La tecnologia ha attribuito un valore diverso al tempo, ma la capacità del docente deve essere orientata a individuare quali siano le effettive necessità su cui spendere quel tempo a disposizione e non sprecarlo. Al giorno d’oggi viene dato valore a strutture, come ad esempio i patentini per l’informatica, che limitano la libertà dei docenti, perché li bloccano in strutture precostituite, utili a livello economico per chi li propone, ma inutili a livello didattico. I docenti sono attualmente sollecitati ad andare verso quella che è la prassi comunitaria e non l’effettivo bisogno, “continuano a scegliere di essere ciechi davanti ad un contesto che grida, che è sofferente”. I docenti devono muoversi per effettuare un cambiamento, non possono attendere che una parte politica intervenga a favore della scuola, o che le famiglie comprendano che questa istituzione è un’alleata nell’agire educativo e non una nemica. Oggigiorno, non ci si può nemmeno affidare alle tecnologie elettroniche, dato che filtrano contenuti e strumenti a livello economico e non educativo, restituendo un prodotto e non una ricerca. Gli autori Gallego, Alonso e Honey [1] nel loro celebre testo invitano a riflettere sulla comprensione del proprio stile di apprendimento, individuando il proprio profilo, per andare verso uno stile di insegnamento e permettere alla persona stessa di rielaborare alcuni dei propri aspetti che fino ad allora non aveva compreso. Conoscere lo studente e la studentessa sin dall'inizio permette di creare un luogo di apprendimento collaborativo, non è tempo perso ma speso per migliorare e favorire l'apprendimento durante tutto il percorso dell’alunno. I profili di insegnamento vengono analizzati partendo dallo stile di apprendimento del docente. È un lavoro difficile in quanto necessita della messa in discussione del docente in primis, come professionista, e degli studenti in quanto tali. Il tessuto pedagogico è formato da molteplici aspetti di specificità e queste peculiarità devono essere considerate per migliorare l’agire educativo. Se vogliamo fare una riflessione riferita alla quotidianità della scuola potremmo prendere in esame la situazione in cui avviene l’apprendimento all’interno della scuola dell’infanzia che non è quasi mai su un tradizionale banco di lavoro e necessita di spazi destrutturati che permettono un apprendimento con modalità non convenzionali ma adeguate agli studenti e alle loro peculiarità. Il questionario CHAEA sugli stili di apprendimento è il punto di partenza per una riflessione personale e specifica sia degli stili di insegnamento sia di apprendimento. C’è un bisogno di reinterpretare gli orientamenti educativi europei in quanto vi è una modifica sostanziale negli stessi profili come, per esempio, l’aumento dei profili attivi, dovuto al crescente interesse per la sperimentazione, da parte degli studenti, con strumenti tecnologicamente stimolanti, anche se nei contesti educativi vi è a volte una afasia e disfasia educativa. Le persone sono cultura e non economia, vanno pertanto valorizzate nel loro sviluppo e nei loro interessi, che devono essere riconosciuti alla luce delle modifiche territoriali, economiche e politiche che stanno caratterizzando gli orientamenti ideologici attuali tendenti a dominare e opprimere.
L’ultimo intervento, invece, ha posato lo sguardo sulle possibilità di utilizzo degli input dati dal seminario nella quotidianità scolastica riminese. Elena Moretti, docente di scuola primaria, ha analizzato il vantaggio del conoscere gli stili di apprendimento degli studenti sia dal punto di vista dei docenti, che dello studente stesso, che della comunità scolastica. Lo studente acquisisce consapevolezza delle proprie modalità privilegiate di apprendere, riconosce quali sono le proprie preferenze e sviluppa competenze riferite all’apprendere ad apprendere. Il docente, oltre a fare un'auto analisi su se stesso, riesce a decidere quale stile di insegnamento privilegiare in base al tipo di attività didattica che ha deciso di svolgere, per esempio laboratoriale come in un’attività di scienze. Inoltre il docente ha la possibilità di orientare in maniera precisa e puntuale lo studente nel passaggio tra i vari gradi di scuola per consigliargli ciò che si adatta meglio al suo stile di apprendimento. Questa può essere una prerogativa importante per garantire un successo formativo e contrastare la dispersione scolastica, un fenomeno molto evidente nell’istruzione, associato alla crisi culturale attuale. A Rimini vi è a riguardo il progetto “Rimini in Rete”, nato per volere della Preside Lorella Camporesi che, supportata da docenti di ogni ordine e grado, raccoglie i dati riferiti ad ogni studente della comunità cittadina per seguire il suo percorso scolastico [2]. Ciò porta a fare un’analisi qualitativa e quantitativa della qualità dell’orientamento tra gli studenti delle scuole del comune di Rimini. Inoltre Elena Moretti, insieme al professor Bocciolesi e all’Università degli studi di Urbino, ha avviato un’attività di ricerca sugli stili di apprendimento degli studenti delle scuole secondarie di secondo grado del comune di Rimini che permetterà, incrociando i dati ottenuti con il progetto “Rimini in rete”, di fare un’analisi ancor più precisa e puntuale sulla correlazione tra stile di apprendimento, scuola secondaria di secondo grado scelta ed orientamento scolastico.
Il CIDI di Rimini, anche nel Settembre Pedagogico 2024 ha proposto incontri sul tema, per approfondire gli aspetti introdotti nel seminario e creare una comunità di pensiero all’interno della comunità dei docenti di Rimini sul valore del conoscere gli stili di apprendimento nella didattica quotidiana.
[1]Catalina M. Alonso, Domingo J. Gallego, Peter Honey, "Los estilos de aprendizaje", Ed. Mensajero S.A., 2012
[2] La sintesi dell'esperienza di rete è stata raccontata su questa rivista dalla stessa coordinatrice.
Spunti bibliografici
Maria Chiara Michelini, "Fare comunità di pensiero", Franco Angeli, 2016
Ead., "Per una pedagogia critica delle buone prassi", Franco Angeli, 2018