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opinioni a confronto

05/02/2018

Voci dalla scuola

Sul Documento di orientamento per la redazione della prova d’italiano nell’Esame di Stato conclusivo del primo ciclo”, raccogliamo una prima serie di commenti e riflessioni "a caldo" di docenti scuola secondaria di I grado.

Presentazione e sommario  del nostro "speciale

Le prime due testimonianze provengono da Torino e Napoli e sollevano entrambe alcune questioni importanti: l'intempestività del "Documento", la sua distanza "accademica" dalle classi e dagli allievi reali, la scarsa applicabilità degli esempi; e ancora i dubbi sulla prescrittività, l'eccesso di enfasi sul riassunto...

Non riesco a vedere la scuola e i miei allievi tra le righe del documento e nelle attività delineate. 
Ringrazio “insegnare” per aver promosso questa iniziativa di discussione e avermi rivolto l'invito a parteciparvi nonostante i miei pochi anni di esperienza a scuola.
L'argomento mi tocca da vicino perché una delle mie classi affronterà l'esame finale del primo ciclo d'istruzione. Inoltre è la prima volta, da quando insegno, che mi trovo a dover gestire i cambiamenti dovuti a una riforma ministeriale.
Come è capitato per tutte le iniziative del Miur, in questi cinque anni, l'urgenza del "fare" qualcosa, non importa come, sembra più importante rispetto al concedersi il giusto tempo di analisi, discussione, sperimentazione, anche da parte di esperti accademici e tecnici del ministero. Trovo discutibile che questo documento tecnico sia stato pubblicato a metà anno scolastico. Il fatto che venga detto in premessa che non è vincolante per le commissioni d'esame, non mi rassicura affatto perché dovremo comunque attenerci alle indicazioni del documento e probabilmente apportare dei cambiamenti alle attività programmate.
I contenuti di questo testo mi lasciano perplessa. Non riesco a vedere la scuola e i miei allievi tra le righe del documento e nelle attività delineate. C’è la sensazione che in questa proposta non si parta dall'analisi di quello che nella scuola si fa e dagli obiettivi delineati nelle Indicazioni nazionali 2012, ma si consideri quello che si dovrebbe fare, da un punto di vista accademico, senza però aver presente lo sviluppo cognitivo dei ragazzi alle soglie dell'adolescenza, la didattica della lingua, le teorie pedagogiche più consolidate.
Sono tante le riflessioni specifiche che ho fatto su questo documento, ma per brevità, ne condivido solo una. Ho l’impressione che le prove d’esame proposte, sulla base delle indicazioni teoriche presentate nel documento, tendano alla valorizzazione delle eccellenze piuttosto che alla valutazione delle competenze linguistiche di base conseguite dai nostri allievi, di tutti i nostri allievi, tenendo conto della loro storia personale e scolastica. C’è, tra le righe, l’idea che con questo esame essi debbano dimostrare di essere in grado di sostenere una prestazione di livello alto (alcune prove sono strutturate in progressione come dei veri percorsi ad ostacoli), come perfetti esecutori di un compito complesso.
Avrei voluto trovare nel documento un cenno al fatto che la valutazione, in tutti i casi, dovrebbe avere un valore formativo, guardare ai processi di apprendimento, al percorso svolto dai ragazzi nei tre anni di scuola media. Questo non mi sembra che ci sia e tanto meno l'idea che il compito della scuola sia quello di formare cittadini in grado di capire il mondo e realizzare la propria vita con responsabilità e partecipazione.

Carmela Fortugno - Torino - in servizio

Il Ministero avrebbe dovuto valutare con attenzione la tempistica delle varie operazioni.
In merito al documento ho alcune perplessità, anzitutto sui tempi di informazione e di attuazione di queste indicazioni. Il Ministero avrebbe dovuto valutare con attenzione la tempistica delle varie operazioni. Forse proponendo anche una sorta di “sperimentazione” prima di andare a regime, semmai, dal prossimo anno scolastico.

Le richieste analitiche e dettagliate sullo svolgimento delle tracce sono troppo tendenti "all’alto”, non tengono conto delle diverse realtà territoriali e ambientali del Paese. E spesso interne agli stessi territori:  Mi riferisco in particolare modo alla descrizione. Tenendo presenti i livelli di alcuni alunni, per esempio, i suggerimenti per la descrizione mi sembrano abbastanza complessi.
Per la tipologia C, non condivido la modalità di verifica della comprensione di un testo attraverso la somministrazione di questionari a risposta chiusa e/o multipla, perché poco significativa per la valutazione dell’apprendimento della scrittura.
Analizzando le diverse tipologie di prove, sinceramente, non riscontro eccessive differenze rispetto al passato, anzi noto un’attenzione “particolare” al testo argomentativo che mi fa pensare al mio lontano passato di alunna, quando ero chiamata a svolgere il classico “tema” .
Una nota a margine: non ho capito il perché di tanta pubblicità al riassunto da parte della stampa. Dov’è la novità? E perché viene sottolineata da più parti l’abolizione del testo letterario che invece è presente? O non ho capito nulla?
Vorrei infine rapportare queste indicazioni alla mia esperienza attuale.
Se volessi calare le indicazioni nella mia esperienza di quest’anno mi troverei in completa confusione. Premetto che insegno in un quartiere periferico e abbastanza degradato di Napoli e le mie due classi presentano realtà completamente opposte:
A. Ho una seconda (presa quest’anno) completamente non scolarizzata sia dal punto di vista relazionale che dal punto di vista della frequenza e dell’acquisizione delle conoscenze, e non mi azzardo a parlare di acquisizione di competenze.
B.  L’altra classe, una terza, invece, tende verso l’eccellenza, con ragazzi competenti e sempre pronti ad affrontare nuove situazioni e  ad accettare stimoli e proposte via via più complessi.
Perché questa premessa?
Perché per la classe di cui al punto A, (fortunatamente non dovrà affrontare l’esame quest’anno) avrei grosse difficoltà nei testi sia descrittivo  che argomentativo, perché le attività svolte in classe restano spesso incomplete e non concluse per la frequenza scolastica molto irregolare e saltuaria degli alunni. Le dinamiche relazionali influiscono negativamente sulla serenità dell’apprendimento. Le famiglie risultano assenti e poco o per nulla interessate alla Scuola e non curano la frequenza scolastica dei figli, ponendoli in situazione di svantaggio rispetto alla motivazione all’apprendimento
La classe di cui al punto B, abituata a lavori individuali e di gruppo sulle varie tipologie testuali, avrebbe comunque bisogno di maggiori opportunità di lavoro, e comunque è abituata a scrivere in contesti e modalità assai diverse delle tipologie indicate nel Documento. Forse dovrei avvalermi dell’opportunità offerta dalla prova mista…

Anna Baldissara - Napoli -  in servizio

La seconda riflessione ci giunge da tre colleghe di Pescara.

Siamo tre docenti di Lettere della Scuola  secondaria  di primo grado iscritte al CIDI di Pescara e abbiamo accolto con non poca sorpresa il Documento di Orientamento per la redazione della prova di Italiano dell’esame di Stato conclusivo del primo ciclo . Lo sdegno e la stizza comuni durante  la   lettura hanno innescato un intenso dibattito che ha prodotto numerose considerazioni; riportiamo di seguito quelle che ci sembrano particolarmente significative.

  • Il documento appare dichiaratamente denigratorio della professionalità docente, in quanto ribadisce ed evidenzia l’importanza di alcune modalità operative che sono già consuetudine della didattica quotidiana, la quale va ben oltre quanto richiesto nelle prove.
  • La assertività e la direzionalità lasciano ben poco margine all’autonomia didattica. Bisogna interpretare che il ruolo del docente dovrà essere quello di mero esecutore?
  • L’articolazione delle prove proposte, più che prestarsi a una valutazione finale, corrisponde ad attività iniziali, di avvio per procedure ben più complesse, atte all’acquisizione delle competenze di scrittura critica e consapevole in vari contesti.
  • La terza prova, che sostituisce la relazione, è quantomeno da considerarsi:
    -priva di un efficace potere valutativo della maturità acquisita dall’allievo alla fine di un percorso triennale;
    - discutibile in quanto ricalca con modalità più semplici la prova nazionale di comprensione attuata dall'Invalsi.
    Siamo a una prova INVALSI BIS, rientrata all'esame  dalla finestra, dopo essere stata estromessa dalla porta? Infine, non si correrà il rischio che gli alunni rincorrano la terza tipologia di prova poiché con meno incognite? 
  • Richiamare (vedi premessa) l’attenzione dei docenti sull’opportunità di fare svolgere l’esercizio del riassunto nel triennio, significa svilire se non addirittura spazzare via decenni di ricerca di Educazione. linguistica .
    Come pensare per esempio di limitarsi - di fronte ad un testo scientifico - alla richiesta di un riassunto, quando questo necessita di un approccio con modalità ben più articolate?
  • Ridurre l’Educazione. linguistica al riassunto (quindi alla richiesta all’alunno di indicazioni operative/meccaniche) rientra pericolosamente in quello che è il panorama attuale, in cui si assiste auna generale banalizzazione delle consegne, a scapito della valorizzazione delle competenze acquisite laboriosamente nel corso del triennio.
  • ​La prova della tipologia A (testo descrittivo in funzione persuasiva) sembra ricalcare la prova della tipologia B.
  • Le difficoltà e la complessità sia delle tre tipologie di prove che della varietà delle possibili proposte di sviluppo in esse contenute, sembrano non equivalenti tra loro.  Da questo potrebbe derivare un elemento di criticità in termini valutativi. 

Coniglione Luisa, Fulgenzi Wilma Rita, Iannucci Lucia, Cidi Pescara, in attività.

Il testo delle colleghe di Pescara, oltre alla conferma di alcune perplessità già rilevate, pone una questione assai rilevante: le tre tracce devono avere difficoltà sostanzialmente omogenee, per garantire equità di trattamento di giudizio fra i diversi allievi che le scelgono? oppure possono (o addirittura devono) essere inevitabilmente di difficoltà differenti per consentire a tutti di fare scelte adeguate alle proprie caratteristiche e peculiarità?
La questione è di estrema delicatezza, in ogni ordine di scuola e ancor più alla scuola secondaria di I grado, che ha nell'eterogeneità delle classi uno dei tratti costitutivi, se non quello effettivamente caratterizzante.
   
   

 

 

 

Parole chiave: esami

Immagini. Riproduzioni da "Quaderno di Ambel Mario cl. II F Scuola Media "G.Masssari", Tipo Super Cigno, a.sc. 1963/64.



Si tratta di un documento assai interessante, pieno di "temi", "riassunti", "versioni" e "commenti": l'intera pedagogia con cui abbiamo imparato a scrivere e contro cui abbiamo (consapevolmente) in parte combattuto, quando ci è stata offerta la possibilità di insegnare.
Ora, a fronte della difficoltà di raggiungere buoni risultati, qualcuno vorrebbe tornare alla pedagogia linguistica degli anni sessanta, mentre noi restiamo convinti che per rinforzare il presente e costruire il futuro è bene ripartire dai principi di quella degli anni ottanta. Tra l'altro il confronto è tutto qui, poco più poco meno.
Analisi attente di documenti come questo sarebbero assai utili. [m.a.]

 

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