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23/06/2025

Peculiarità e potenzialità della traccia di tipologia C per la prima prova dell’esame di Stato.

di Annalisa Marcantonio

Provo a ragionare sulle tracce proposte quest’anno agli Esami di Stato, per la prima prova. Ponendo a confronto quelle di tipologia B, che vincolano gli studenti all’analisi guidata di un testo, con quelle di tipologia C, appare evidente che esse necessitano di un approccio diverso all’argomentazione. In particolare, le proposte di tipologia C offrono la possibilità di organizzare in modo autonomo la costruzione e lo sviluppo dell’elaborato. Ne consegue che la precondizione ideale, per gli studenti che si rivolgano a tale tipologia, è data dal possesso di idee precise, dall’aver frequentato letture in merito alla tematica o problema oggetto della traccia e, soprattutto, dal voler mettere in campo riflessioni personali. È da evitare perciò l’approccio retorico, per chi ne affronti lo svolgimento.  È questo infatti, a mio avviso il tranello in cui è facile cadere, se si adotta la procedura del classico tema.

Quest’anno per la prima prova dell’Esame di Stato 2025 sono state fornite due tracce di tipologia C. Di queste, la prima era rappresentata dal brano di un’intervista rilasciata nel 1992 da Paolo Borsellino alla rivista “Epoca”. In essa il grande magistrato antimafia esprimeva il senso della sua missione e, nel contempo, auspicava un sempre maggiore coinvolgimento dei giovani nel processo di rinnovamento della società civile. L’altra traccia poneva il focus, invece, su quel sentiment che attraversa incessantemente la comunicazione che avviene attraverso i social media, ovvero l’indignazione. Il testo proposto era tratto da una riflessione della giornalista scientifica Anna Meldolesi e della filosofa bioeticista Chiara Lalli, in un articolo pubblicato il 13 Dicembre 2024 su 7-Sette, supplemento del “Corriere della sera”.

Gli spunti qui forniti mi sono sembrati interessanti, al punto da farmi sorgere qualche domanda. Quale studente o quale studentessa - mi sono chiesta - avrebbe saputo affrontare con sicurezza le due tracce di tipologia C per costruire, a partire dai temi esposti, una linea di ragionamento progressivo, così da arrivare alla libera produzione di un testo argomentativo? Inoltre, la distanza tra questa procedura e quella da impiegare nell’esecuzione delle tracce di tipologia B apparirebbe abbastanza chiara allo studente che scegliesse di cimentarsi con l’elaborazione di una delle due tracce sopra esposte? Mi sembra evidente che per affrontare la prova in modo ottimale si renderebbero necessarie alcune condizioni: mettere in campo un’impostazione di taglio critico e utilizzare un certo bagaglio di informazioni specifiche, già in possesso dello studente.

Per fare un esempio, di fronte alla traccia C1, di fronte all’ottimismo e all’atteggiamento fiducioso espressi da Paolo Borsellino riguardo ai positivi traguardi della lotta alla mafia, lo studente dovrebbe porsi in un atteggiamento riflessivo chiedendosi, ad esempio, se dopo più di trent’anni dall’intervista il fenomeno mafioso abbia davvero ridotto la sua portata. Tale domanda implicherebbe qualche osservazione sui mutamenti che stanno avvenendo in questa organizzazione criminale, sulla sua diffusione internazionale, sulla sua penetrazione nel mondo degli affari e della finanza. A questo punto l’analisi dovrebbe necessariamente ricadere sul presente: le notazioni personali che deriverebbero da essa evidenzierebbero così la consapevolezza acquisita dallo studente in ambito storico e/o civico. Analogamente, nell’esecuzione dell’elaborato C2, laddove si focalizza l’indignazione che caratterizza le molteplici interazioni che avvengono nei social media, riterrei necessaria una certa disposizione iniziale, da parte dello studente che scegliesse di affrontarla. Interpretare pienamente il senso della denuncia (peraltro chiarissima) contenuta nel testo delle due autrici comporterebbe dare peso ad alcuni rilievi presenti nel testo. Ad esempio, colpisce la seguente affermazione: “Così, visto che la mente umana può esprimere giornalmente solo un tot di rabbioso disgusto, finiamo per sprecarlo su questioni irrilevanti per ignorare invece i temi che davvero meriterebbero la nostra irritazione.» Nel commentare questo giudizio sarebbe abbastanza facile assecondare la tentazione di rivolgere un attacco di stampo moralistico alle offese e alle fake news circolanti nei social media, al linguaggio intriso di volgarità, agli atti di cyberbullismo in rete. Le autrici dell’articolo però vanno oltre questo, nel far notare come il web sia diventato il luogo privilegiato (per molte persone fonte unica) dell’informazione politica e culturale e come in questo ambiente si rischi di alimentare modalità di comunicazione distorcenti e diseducative. La tendenza emergente nei social media è, infatti, quella di assimilare in una sorta di magma indistinto coloro che sono alla ribalta della vita istituzionale ai comuni cittadini, a tutti quelli che fanno parte della comunità locale e nazionale. È un espediente volutamente ingannevole. La condivisione, a vari livelli di padronanza, del linguaggio dei social, in quanto forma di comunicazione informale e in continua evoluzione, col suo frequente ricorso ad acronimi, anglicismi, emoticon ed emoji, crea l’illusione di appartenere organicamente ad una comunità dialogante. Questo sincero e legittimo desiderio di comunicare, però, avviene sempre più spesso nella modalità della chiacchiera da bar, con tutta la sua approssimazione e violenza verbale. Com’è stato notato [1]  non sempre siamo coscienti che la nostra personalità on line rispecchia quello che siamo; lo spazio virtuale, in cui ci sentiamo protetti, porta anche allo scoperto, in modo esponenziale, la nostra emotività.

In conclusione, gli spunti offerti da queste tracce mi hanno permesso di interrogarmi ancora una volta (anche in forma di autocritica) su quanto la disposizione alla riflessione e alla critica costruttiva sia effettivamente stimolata e sostenuta dalla scuola, durante il percorso formativo che ha ancora come sua tappa conclusiva l’Esame di Stato. In questo quadro, si può senz’altro affermare che la capacità argomentativa raggiunta dagli studenti è da considerare un test irrinunciabile per valutare la qualità dell’insegnamento e i risultati raggiunti. Si ribadisce ancora una volta, così, l’inattualità e l’inefficacia dell’insegnamento di tipo eminentemente trasmissivo.

 

Note

[1]   Vera Gheno, Social-linguistica. Italiano e italiani dei social network, Franco Casati editore, 2017

 

Parole chiave: esami, Esami di Stato 2025

Scrive...

Annalisa Marcantonio Ha insegnato Filosofia e Storia nei Licei; fa parte del direttivo del CIDI di Pescara e partecipa alle iniziative di formazione della Società Filosofica Italiana (SFI), sezione di Francavilla al Mare; redattrice di "insegnare".

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