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19/06/2025

Una riflessione intorno alla proposta C2 della prima prova dell’Esame di Stato 2025

di Ruggero Policastro

Devo ammettere che le tracce della prima prova dell’Esame di Stato, quest’anno, mi sono piaciute. Alcune più di altre: la A2, quella su Il Gattopardo, proponeva di analizzare un brano sfizioso, un esempio di grande letteratura; la B1, quella sulle misure economiche prese da Roosevelt negli anni Trenta, permetteva di mescolare Storia e attualità, in un confronto impietoso fra i politici di ieri e quelli di oggi; la B3, quella sul brano di Telmo Pievani, invitava a parlare di ambiente proponendo un punto di vista insolito. Tra tutte, però, quella che mi ha colpito di più, quando la mattina di mercoledì 18 giugno l’ho letta con i candidati, è stata la proposta C2:

Testo tratto da: Anna Meldolesi e Chiara Lalli, L’indignazione è il motore del mondo social. Ma serve a qualcosa?, in 7-Sette - supplemento settimanale del ‘Corriere della Sera’, 13 dicembre 2024, pag. 12.

«L’indignazione è il motore del mondo social. Ma serve a qualcosa? Una nuova ricerca, pubblicata su Science, dimostra che questa reazione emotiva accompagna spesso contenuti discutibili e che chi si scandalizza davanti a una presunta ingiustizia non perde tempo a cliccare sui link, per approfondire e verificare. Così, visto che la mente umana può esprimere giornalmente solo un tot di rabbioso disgusto, finiamo per sprecarlo su questioni irrilevanti per ignorare invece i temi che davvero meriterebbero la nostra irritazione.»

A partire dai contenuti del testo proposto, traendo spunto dalle tue esperienze, dalle tue conoscenze e dalle tue letture, rifletti su questa rilevante caratteristica dei social. Puoi articolare il tuo elaborato in paragrafi opportunamente titolati e presentarlo con un titolo complessivo che ne esprima sinteticamente il contenuto.

La proposta, come si vede, è breve, tanto breve da poter essere riportata per intero qui, tanto breve da occupare, insieme alla proposta C1, una sola pagina tra quelle fornite ai candidati. La traccia chiedeva loro di riflettere su quell’indignazione futile e spesso malriposta di chi commenta frettolosamente sui social per poi passare velocemente ad altro, senza agire nel concreto, senza partecipare davvero.  L’argomento mi sembra interessante, perché riguarda direttamente tutti noi, che ci scandalizziamo per l’ananas sulla pizza ma facciamo ben poco di fronte a un genocidio. Mi sembra, però, che questa traccia sia appunto interessante per noi, e meno per i ragazzi, che forse non hanno ben presente il fenomeno.

Mi sembra evidente, infatti, che le autrici dell’articolo pensassero, scrivendolo, a Facebook e X (quello che si chiamava Twitter, prima che lo comprasse Musk), perché sono questi i social dove si verifica frequentemente il fenomeno di cui parlano, i social dove milioni di boomer mostrano il loro sdegno, spesso per questioni irrilevanti o secondarie. I ragazzi che sostengono l’Esame di Stato, però, non sono iscritti né a Facebook né a X, che ritengono “roba da vecchi”. I loro social sono TikTok e Instagram (il social, semmai, dell’invidia, più che dell’indignazione). Non credo che sappiano bene quello che succede ai loro genitori e ai loro nonni su Facebook.

Mi chiedo poi se i ragazzi conoscano la vera indignazione, quella che non confonde moralità e moralismo, quella che scaturisce da una vera passione civile. Per svolgere la traccia bisogna avere presenti entrambe le reazioni: il moto sincero di chi si indigna di fronte a un’ingiustizia reale; la reazione scomposta, che si esaurisce rapidamente, di chi vede sui social qualcosa che non gli piace. Credo che i diciottenni non abbiamo visto spesso il primo esempio, che dovremmo fornirgli noi adulti. Se ripenso al mio passato e ricerco esempi di indignazione mi sovviene l’immagine, un po’ sbiadita, della mia professoressa di Lettere del liceo, che era una che si indignava spesso, ma per le cose serie. Erano gli anni zero, quelli delle leggi ad personam e della guerra in Iraq e, allora come oggi, di motivi per indignarsi ce ne erano molti, ma mancavano i social a distrarci dalle battaglie che valeva la pena intraprendere. Noi, studenti di allora, prendevamo un po’ in giro la professoressa Mencherini e forse giudicavamo le sue reazioni emotive troppo gravi, troppo severe. Intravedevamo però in quelle reazioni la passione civile di una donna che amava il suo lavoro e sperava in un mondo più giusto. Dubito, purtroppo, che i ragazzi vedano lo stesso in noi, che anche quando continuiamo a indignarci dissimuliamo i nostri sentimenti dietro alla maschera del cinismo, del sarcasmo, della rassegnazione.

Mi sembra quindi che la traccia C2 proponga uno spunto di riflessione utilissimo per noi ma poco adatto per i ragazzi, che non conoscono il fenomeno e rischiano di fraintendere. Mi sembra che, come al solito, il problema siano gli adulti, che in primis non riescono a comportarsi in modo tale da essere di esempio. Oltre a quella di non riuscire a incarnare modelli da seguire, l’accusa che più spesso si muove agli adulti, per quanto riguarda il rapporto con i ragazzi, è di non riuscire a parlarci. Ecco, anche quando si dovrebbero rivolgere a loro, con delle proposte per fare svolgere a loro la prima prova dell’Esame di Stato, in realtà parlano a sé stessi.

 

Parole chiave: esami, Esami di Stato 2025

Scrive...

Ruggero Policastro Insegnante in un istituto tecnico e professionale di Firenze.

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