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15/02/2024

Certificazioni di competenze e condotta

di Maurizio Muraglia

La scuola è un luogo di condotte. Tutti gli attori del processo di insegnamento-apprendimento sono portatori di prassi che possiamo definire condotte nel senso di comportamenti osservabili. Sappiamo bene che da sempre la scuola ha fatto della condotta dei discenti (perché di condotta “scolastica” si deve parlare) oggetto di valutazione ufficiale con tanto di voto o giudizio a seconda delle inquietudini ministeriali di fronte ad efferati fatti di cronaca anche extrascolastica. Il voto di condotta continua ad essere oggetto di misure e riforme, nonché di dibattiti, e non è qui il caso di riproporre questioni già altrove trattate. 
In questa sede invece vorrei dedicare attenzione al
decreto ministeriale 14 del 30 gennaio scorso che armonizza i modelli di certificazione delle competenze di tutti i settori dell’istruzione, inclusa l’istruzione per gli adulti. La scuola da anni ha (avrebbe) familiarizzato con questi dispositivi che riepilogano i profili in uscita rispettivamente dei discenti della primaria, del primo ciclo (che quindi ingloba la primaria) e dell’obbligo di istruzione (che ingloba i precedenti). L’analisi di questi profili di competenza fa venire in mente proprio la questione della condotta e di quelli che tradizionalmente vengono considerati fattori costitutivi di una buona condotta.
È anche il caso di non trascurare un'altra “colonnina” valutativa, che è quella riguardante l’Educazione Civica, un settore di osservazione che ha altresì a che fare con atteggiamenti e posture non troppo distanti dai criteri con cui viene osservata la “condotta”. In altra occasione è stato possibile rilevare i rischi di sovrapposizione valutativa tra condotta ed educazione civica e pertanto a quelle riflessioni è il caso di rimandare.

Tornando ai profili di competenze della certificazione, suddivisi in funzione delle competenze europee del 2018, si può cogliere l’occasione di questa riproposizione ministeriale per constatare la presenza, dentro la formulazione di competenza, di diversi costrutti che fanno appello alla condotta degli studenti. Con una verticalità a volte discutibile, si parla un po’ dappertutto di “comportamenti e atteggiamenti rispettosi verso l’ambiente”, di “comunicazione rispettosa”, di utilizzare le tecnologie digitali con “responsabilità”. Viene spesso invocata anche la “cura” di sé, degli altri, e dell’ambiente o anche la “convivenza civile, pacifica e solidale”. Non mancano ovviamente il rispetto delle regole e delle “norme comportamentali” né il “dialogo e rispetto reciproco”. Persino l’ “affrontare positivamente conflitti” rientra nel profilo di competenze attese. E si potrebbe continuare chiamando in causa “empatia”, “integrità”, “cooperazione”. Insomma, le competenze non sono concepibili senza far ricorso a tutto il repertorio degli atteggiamenti che caratterizza la “condotta” di uno studente. Come dire che, forse, anche senza ricorrere alla liturgia del voto di condotta, prendere sul serio la certificazione delle competenze potrebbe significare assumere la condotta dentro il “mestiere dello studente”, che è un impasto indissolubile di conoscenze, abilità e atteggiamenti.

Vorrei far notare come alla base dell’atteggiamento dello studente, secondo la formulazione di queste competenze, ci siano tre termini forti quali rispetto, responsabilità e cura, su cui è bene soffermarsi proprio in ordine ad un discorso che integri, come qui si cerca di fare, competenze scolastiche e condotte degli studenti.

Tutti e tre i termini hanno una rilevanza relazionale, includendo la relazione con se stessi, e non è inessenziale segnalare a questo proposito anche la recente direttiva ministeriale sull’educazione alle relazioni, emanata sull’onda emotiva di alcuni incresciosi fatti di cronaca che hanno coinvolto adolescenti. Parliamo di ciò che sta a monte dei comportamenti da sanzionare col voto di condotta, e dovrebbe per questo essere oggetto di attenzione preventiva da parte dei docenti. Si sa bene infatti che la sanzione decreta il fallimento di quest’attenzione preventiva. Lavorare sul trittico rispetto-responsabilità-cura è tutt’altro che estraneo all’apprendimento, anzi ne costituisce il presupposto. L’ambiente dell’apprendimento è tale proprio perché docenti e discenti, con spirito di responsabilità e senso di reciproco rispetto, hanno cura dei saperi, dei metodi e delle relazioni che si attivano in aula.

La scuola resta un ambiente per l’apprendimento e, a dispetto delle sterili polarizzazioni registratesi in questi anni nel dibattito sulle competenzesono proprio queste ultime a garantire l’importanza degli aspetti di “condotta” nell’esperienza di apprendimento. Si vede bene infatti che il legislatore in molti casi non può non incorporare queste dimensioni di carattere socioaffettivo nella formulazione di competenze, e questo avviene perché è ben consapevole che un allievo impegnato realmente nella costruzione di competenze culturali - mix di istruzione ed educazione - non può avere valutazioni basse in condotta.

Uno studente è tale se lo è tutt’intero. Lo studente che ha un voto basso in condotta sta facendo tutt’altro che lo studente. Se il legislatore che lavora sui modelli di certificazione delle competenze dialogasse con quello che maneggia le restrizioni sul voto di condotta o con l’altro ancora che dispone l’educazione alle relazioni, probabilmente si potrebbe approdare ad una visione meno irrealistica delle questioni educative e mandare messaggi più coerenti alla scuola.

 

Immagine a fianco: F. Casorati, "Gli scolari" (1927-8; G.A.M. Palermo)

Scrive...

Maurizio Muraglia Docente di Lettere nei licei, formatore, già Presidente del Cidi Palermo

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