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13/05/2025

Complessità del reale, trasversalità degli apprendimenti.

di M. Gloria Calì

Il tema affrontato qui di seguito entra nel discorso sulle Indicazioni 2025 con particolare riferimento ai moduli interdisciplinari che caratterizzano ogni disciplina. Sono presentati tra le “ Traiettorie per l’innovazione” e sono relativi all’inserimento di contenuti di altre discipline nella progettazione di una specifica attività. 

La definizione di “interdisciplinare” che compare in questo testo non ha un orizzonte pedagogico chiaro e riconoscibile: nei moduli interdisciplinari è presente, piuttosto, la logica, avversata da ogni processo didattico significativo, da “tesina” degli esami di terza media, con contenuti appiccicati l’uno all’altro per affinità superficiali. 

Un esempio: in italiano, il fantasy, dove compare una geografia fantastica che, tra l’altro, non si ritrova nel corrispondente settore disciplinare; in matematica, l’irrazionale, che è un concetto di portata universitaria, a cui si correla il XXIII canto del Paradiso con il mito di Delo.

Questa modalità superficiale e francamente sciatta di scambiare la “trasversalità” con l’accostamento tematico è diretta conseguenza dall’impianto contenutistico delle discipline: il concetto di interdisciplinarietà, quindi è solo per i contenuti, non per i metodi, o per le competenze, meno ancora, sugli epistemi, vero paesaggio di confluenza tra i punti di vista disciplinari.
L’interdisciplinarietà, inoltre, è presentata come una variante della didattica ordinaria, come se il docente, volendo dare prova di capacità di innovazione, adottasse queste modalità. Il sottinteso è quello che informa di sé l’intero documento: le discipline sono un libro degli incantesimi, quindi la prova e la manifestazione della superiorità del docente, custode di una sapienza unica e superiore. L’interdisciplinarietà, in questo mondo, è un divertissement, una concessione al progressismo.

Proviamo a capire come e perché, invece, a scuola l’interdisciplinarietà va fondata e praticata. Questo concetto, infatti, è connesso con l’idea di persona che la scuola assume come orizzonte di senso.

Il valore formativo delle discipline è evidente solo se la scuola concorre a strutturare un “saper stare al mondo” del soggetto in apprendimento attraverso l’esperienza dell’apprendere. Persone che stanno nei contesti associati, di cui hanno acquisito anzitutto gli strumenti di lettura, quindi quelli di comprensione e di posizionamento. Questo è l’orizzonte delle Indicazioni vigenti, che deriva da un panorama europeo di istruzione continua.

Le IN 25, invece, a dispetto dell’uso del tutto improprio della parola “persona”, sono centrate su una presunzione di colpevolezza dell’alunno, che dovrebbe  vivere un percorso in cui  interiorizza “il senso del limite”, attraverso una continua contemplazione dell’insegnante “magis”; bambini e bambine che non violano alcuna regola sovraimposta, non mostrano hybris, e per giunta devono star bene in questo modo di gabbie, mostrando “gioia del cuore”. Ho usato tutte espressioni presenti nel documento, da cui si evince un’immagine di “fanciullo” (maschile sovraesteso…) che vive un percorso di costrizione progressiva della sua personalità. Non “costruzione”: costrizione.

Il  mondo in cui noi viviamo è un mondo complesso. La complessità è un dato di realtà, è la sostanza stessa della vita umana sulla terra e dei fattori che la influenzano e caratterizzano: relazioni, sovrapposizioni, spostamenti, mescolanze… 
L’osservazione limpida della realtà, con la sua molteplici dimensioni, sostanzia anche le visioni scientifiche, filosofiche e sociologiche, che convergono nel confermare la complessità delle questioni umane, su scala globale e locale. Qualche esempio può essere ripreso dalle argomentazioni degli studi di geologia e antropologia che definiscono il concetto di “Antropocene”

  • Tracce delle attività estrattive minerarie dell’epoca romano imperiale sono state trovate nei carotaggi delle calotte polari, trasportate dai venti. Questa, per alcuni studiosi, è una della prove del fatto che l’epoca attuale della vita umana sulla Terra può essere definita “antropocene” e che ha determinato ad un cambiamento radicale nel rapporto tra uomo e natura attraverso la tecnologia. Le prime comunità di Sapiens avevano un’incidenza molto circoscritta e poco persistente sull’ambiente circostante, mentre, negli ultimi due millenni si è assistito ad un processo per cui l’umanità è diventata una forza geologicamente significativa, capace di portare modifiche profonde al pianeta. Uomo e ambiente, quindi, hanno sviluppato relazioni profonde e non più dissolubili, tant’è che oggi non si può più parlare di “luogo incontaminato” [1] .
  • Prima ancora di questi duemila anni, si documenta la diffusione del “bicchiere campaniforme”, un oggetto di uso comune che si è diffuso tra il 2600 e il 1900 a.C. dal Portogallo all’Ungheria, arrivando a Nord fino alla Scozia e a Sud fino alla Sicilia meridionale. In epoca già molto remota, quindi, si assiste ad una contaminazione di amplissimo raggio tra comunità, attraverso la cultura materiale [2].

La dimensione storico-geografica della vita sulla Terra ci porta dunque a cercare quelle “aree di connessione” in cui si generano i problemi più interessanti e più significativi per lo sviluppo cognitivo, come scrivono Ceruti e Bellusci [3]
 

Se, invece, ci ricollochiamo nei curricoli disciplinari, bastano alcune osservazioni a dimostrare come la trasversalità è una struttura fondante della didattica finalizzata ad una formazione scolastica emancipante, non trasmissiva e banalizzante. E questa trasversalità, nelle Indicazioni vigenti, quelle del 2012, era sostanza del valore formativo delle discipline.

I dati e le loro rappresentazioni, ad esempio, sono una dimensione specialistica del curricolo di matematica, ma senza i dati e le loro rappresentazioni non è possibile conoscere i fenomeni storici, o quelli geografici.
La disciplina chiamata “geografia” è stata indicata come pluridisciplinare in una lunga serie di riflessioni da Dewey (L’unione di tutte le scienze sta nella geografia) fino alle Indicazioni vigenti (“disciplina cerniera”). 

Altra categoria di indagine e di interpretazione della realtà contemporanea l’“intesezionalità”. Giorgia Serughetti, in un suo prezioso saggio “La società esiste” [2024], presenta l’identità come concetto chiaro e distinto, fatto di un elenco di caratteristiche, e che genera, a più livelli dinamiche di separatezza, conflitto, oppressione. Le identità, invece, hanno un più autentico carattere storico e relazionale, e la visione generale delle molte identità è universalismo, che significa, cito “espandere la concezione dell’umano a partire dalla concretezza, dalla molteplicità delle differenze. E’ un universalismo che sa coniugare generalità e particolarità.”  Non si può analizzare la questione della condizione femminile senza la questione delle migrazioni, ad esempio.
Per quanto riguarda l’istruzione, abbiamo l’esempio recente della pandemia, durante la quale abbiamo assistito al fenomeno della dispersione digitale: l’accesso all’istruzione è stato connesso alla disponibilità di strumentazione digitale di qualità.
E’ questa la complessità che deve entrare nelle nostre classi, che di queste intersezioni sono piene. 

Potremmo forse dire che la realtà è sempre stata complessa; ciò che distingue la complessità della cultura del bicchiere campaniforme dalla politica dei dazi di Trump è che oggi gli elementi di scambio (merci, idee, linguaggi) viaggiano più lontano e più veloce rispetto al passato. Lo dice bene Arjiun Appadurai: “Questo traffico volatile ed esplosivo di merci, stili e informazioni si è unito all’aumento dei flussi di politiche culturali”  [4]
Parlare di identità in termini definitori e non dinamici, univoci e non molteplici, quindi, è anti-scientifico, anti-storico, dis-umano. 

Le discipline secondo le indicazioni proposte, quindi, sono come tante immagini artificiali di una realtà che non esiste, perchè fondata su una concezione parziale, rigida e aristocratica fin quasi al ridicolo, della realtà che invece resta complessa. Un sapere insegnato in forme così mistificanti provoca un doppio danno: la misconoscenza di questo o quel contenuto e l’abitudine alla misconoscenza. Protoapprendimento e deuteroapprendimento, li chiamava Bateson, che, qui, hanno sostanza deleteria.

La realtà complessa, le questioni intersezionali, invece, richiedono una capacità di lettura che faccia ricorso a strumenti vari e nuovi, che siano frutto di uno studio attraverso domande di senso.
Questa competenza può essere sviluppata dalla scuola solo se l’insegnamento/apprendimento si sviluppa attraverso la costruzione di domande, la ricerca e la sperimentazione di soluzioni possibili, la coltivazione problematica e collettiva di una consapevolezza di sè e del mondo. E’ necessario “provocare approcci diversi ai fenomeni, incrociando discipline per “leggerli”[...] Dal punto di vista formale, attraverso questo approccio di “ricerca” saranno i principi del pluralismo cognitivo, del primato dell’organizzazione e, ad un tempo, dell’interpretazione, dell’interrelazione e dell’ulteriorità ad essere valorizzati e offerti come “porta” per assumere l’ottica della complessità” [5]

Un sapere semplificato e irrigidito, riduzionistico e unidirezionale, non è solo del tutto inutile, in questo momento storico, ma si fa segno e strumento di dominio, di disuguaglianza, di canalizzazione precoce, in ordine alla secondaria di secondo grado; pertanto, è incompatibile sia con la funzione prima della scuola, lo  sviluppo integrale della persona,  sia con le leggi vigenti, che recitano chiaramente [l. 297] che l’insegnamento deve essere in ricerca per garantire l’apprendimento. 
Infine, come abbiamo provato ad argomentare sommariamente, è totalmente alieno alle più recenti e condivise argomentazioni sulle dimensioni culturali dell’umanità contemporanea.

E’ necessario un curricolo per la complessità, fatto di complessità; ricollocandoci, dunque nei curricoli disciplinari, bastano alcune osservazioni a dimostrare come la trasversalità è una struttura fondante della didattica finalizzata ad una formazione scolastica emancipante, non trasmissiva e banalizzante.
I dati e le loro rappresentazioni, ad esempio, sono una dimensione specialistica del curricolo di matematica, ma senza i dati e le loro rappresentazioni non è possibile conoscere i fenomeni storici, o quelli geografici.
La disciplina chiamata “geografia” è stata indicata come pluridisciplinare in una lunga serie di riflessioni da Dewey (“L’unione di tutte le scienze sta nella geografia”) fino alle Indicazioni vigenti (“disciplina cerniera”). 

Per concludere, se queste Indicazioni non verranno ritirate, si rischia di fare della scuola un museo ottocentesco, con le bacheche di legno e gli animali immobili che sembrano veri, mentre sono carcasse piene di paglia. La scuola in cui noi crediamo è un paesaggio ampio e vario, pieno di territori da scoprire e di forme da esplorare.

Virginia Woolf, negli anni ’30 in cui l’Europa si preparava alla Seconda Guerra Mondiale, e molti intellettuali e pochissime intellettuali erano attive per denunciare gli abusi politici dei governanti, fornisce la prima prova dell’intersezionalità delle questioni relativa ad istruzione, società, discriminazione tra uomini e donne. Lei sostiene infatti che una società antimilitarista e antibellicista si ha quando le donne abbiano le stesse opportunità di istruzione e lavoro degli uomini, perché da questo equilibrio deriverebbe la pace come struttura relazionale universali. Per quanto riguarda proprio l’istruzione, nel saggio “Le tre ghinee”, scrive:  “lo scopo del nuovo college, del college povero, dovrebbe essere non di segregare e di specializzare, ma di integrare. Dovrà inventare dei modi per far lavorare insieme la mente e il corpo; scoprire da quali nuove combinazioni possono nascere unità che rendono buona la vita umana”.

Sottoscriviamo, e per le scuole come luoghi di combinazioni per il miglioramento dell’umanità continuiamo a lavorare.

Note

[1]  C. Giorda, a c. di “Geografia e Antropocene”, 2019
[2]  J.Mallory, D.Q. Adams, “Encyclopedia of Indo-European Studies”, 1997.
[3]  
[“Abitare la complessità”, 2020
[4]  “Il futuro come fatto culturale” 2014, ed. it.
[5] F. Cambi, “Formare alla complessità”, 2021

Parole chiave: indicazioni 2025

Scrive...

M. Gloria Calì Insegnante di lettere alla media, si occupa di curricolo, discipline, trasversalità, con particolare attenzione alle questioni della didattica del paesaggio. Direttrice di "insegnare".

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