In questo intervento intendo mettere in evidenza come ciò che manca, o è stato “tagliato”, rispetto al Documento precedente del 2012, per la parte relativa alla scuola dell’infanzia, faccia luce sull’impostazione della nuova Proposta, e come la genericità con cui alcune tematiche vengono qui trattate non aiuti a comprenderne fino in fondo il significato. Le omissioni e le genericità concorrono poi a evidenziare gli aspetti su cui maggiormente si insiste, cioè i campi di esperienza, interpretabili, nella versione di questa Proposta, in maniera contraddittoria, talora in senso didatticistico e preparatorio, talora come percorsi aperti.
Il documento Proposta di Nuove Indicazioni per la parte riferita alla scuola dell’infanzia risulta per buona parte inattuale. La prima ragione sta nel mancato riferimento al “sistema integrato 0-6”, istituito dal D.L. 65 del 2017, che coinvolge in maniera diretta la scuola dell’infanzia proponendo una continuità con i servizi per l’infanzia 0-3 improntata alla coerenza educativa. Nella Proposta il sistema integrato 0-6 viene citato una volta sola in riferimento ai “principi di sussidiarietà” e di “corresponsabilità educativa fra scuola e famiglia”; nessun cenno al raccordo con i servizi per l’infanzia 0-3 sia dal put di vista gestionale sia da quello pedagogico. Come si vedrà meglio più avanti la funzione di ponte della scuola dell’infanzia è pensata solo in relazione alla scuola primaria.
Anche i riferimenti al Documento delle Linee pedagogiche per il sistema integrato 0-6, emanato dal MIUR nel 2021 a supporto della continuità verticale tra 0-3 e 3-6 sono pochi e sporadici. Temi rilevanti, come quello relativo alle attività professionali - osservazione, documentazione, valutazione - che costituiscono la base per la progettazione educativa e la realizzazione del curricolo, vengono nella nuova Proposta liquidati in poche righe senza fornire indicazioni sulla loro messa in pratica e senza alcun riferimento al Documento del 2021. Il rischio è che, senza ulteriori precisazioni, tali compiti dell’insegnante possano essere interpretati come attività impressionistiche e di sfondo che, di fatto, non meritano una particolare attenzione e intenzionalità.
Il mancato riferimento alle Linee pedagogiche 0-6, che delineano principi e presupposti per una pedagogia dell’infanzia da zero a sei anni nei contesti educativi extradomestici, costituisce anche per altri temi, quali gli ambienti di apprendimento, il curricolo del quotidiano, l’idea di bambino che cresce, una omissione che si apre a diverse interpretazioni: tacita approvazione o abrogazione? La libertà di insegnamento, citata più volte nel nuovo Documento, sembrerebbe rimandare la risposta alla esclusiva sensibilità e responsabilità del singolo insegnante. Le citazioni da un lato e i mancati riferimenti dall’altro sono in ogni caso forieri di ambiguità.
In altri casi le omissioni provocano degli sbilanciamenti. Nelle Linee pedagogiche 0-6, così come nelle Indicazioni 2012 la “centralità del bambino” nel processo di apprendimento e di crescita viene più volte evocata. Si sottolineano le competenze dei bambini anche molto piccoli, le risorse evolutive che manifestano, il desiderio di conoscere, la loro capacità di apprendere. Da qui il ruolo dell’insegnante come facilitatore e promotore della crescita a partire dalla valorizzazione del protagonismo dei bambini. Nella nuova Proposta l’accento rispetto alla relazione educativa è posto sull’insegnante, in particolare sul suo ruolo di guida (termine che ricorre più volte). A conferma si nota che nel nuovo testo si citano le caratteristiche del “buon” insegnante tratte dalle Linee pedagogiche 0-6, ma non le caratteristiche proprie dei bambini ampiamente presentate nel medesimo Documento. Si tratta di uno sbilanciamento in linea con l’idea di insegnante proposta nella Premessa generale delle ove il fulcro del processo di insegnamento-apprendimento sta nel maestro: "Troppo spesso si dimentica che un insegnante è magis, di più, e che è il volano del desiderio di apprendere di un allievo […] L’allievo, infatti, non sceglie di desiderare di imparare, sceglie il modello che sa stimolarlo in tale direzione. E il ‘modello’ è l’esempio di un maestro, esempio fondamentale affinché il desiderio dell’allievo non resti allo stato di pura tensione psicologica ma si orienti verso degli oggetti definiti che sono le esperienze e i contenuti del curricolo (Proposta di Nuove Indicazioni, 2025)."
Traslate alla scuola dell’infanzia queste affermazioni sembrano smentire le ormai assodate ricerche psicopedagogiche relative alle risorse dei bambini cui attingere per impostare percorsi educativi specifici, congruenti alle peculiarità dell’età infantile, ampiamente esposte invece nel Documento di indirizzo della Commissione europea del 2014 Un quadro europeo per la qualità dei servizi e di cura per l’infanzia: proposta di principi chiave, citato una sola volta nella Proposta a proposito del carattere olistico del curricolo per l’infanzia. Sottolineatura certo importante, che tuttavia non esaurisce la ricchezza di un documento che sarebbe stato bene considerare un riferimento prezioso nella sua interezza.
Un altro aspetto che non appare per nulla sottolineato, costituendo quindi una omissione significativa, riguarda il principio di collegialità e il lavoro progettuale cooperativo che dovrebbe contraddistinguere l’operato degli insegnanti, senza il quale viene meno la responsabilità collettiva del docente nei confronti dei bambini e delle famiglie e si svilisce l’idea stessa della scuola come comunità educante. Questo aspetto che, considerando la cultura e le tradizioni della scuola del bambino dai tre ai sei anni, è ampiamente riconosciuto come elemento distintivo e di valore risulta invece più volte nominato nelle Linee pedagogiche 06 che, tuttavia, non vengono citate al proposito.
Talora non si tratta tanto di omissioni quanto di mancati approfondimenti. Nel testo delle Nuove Indicazioni ricorrono termini ed espressioni che si riferiscono a importanti aspetti di una pedagogia per l’infanzia quali gioco, alleanza con le famiglie, conoscenza psicopedagogica e metodologico-didattica, pensiero critico, per indicarne solo alcuni ma in molti casi l’esiguità della tematizzazione lascia il lettore privo di indicazioni circa le modalità con le quali, nella scuola dell’infanzia, tali aspetti possono essere affrontati e/o realizzati.
Rispetto al gioco, se ne declinano in poche righe le diverse tipologie e gli effetti sullo sviluppo, ma si omette di indicare che cosa si debba intendere per gioco, quale sia la sua specificità nell’età infantile, in che senso si distingue da altre attività, come vada pensato e inserito all’interno del curricolo. Si indica invece l’attività ludica come antidoto all’uso smodato degli smartphone, il che, senza ulteriori spiegazioni, appare alquanto riduttivo.
Riguardo, invece, al tema della famiglia ricorrono più volte le espressioni: alleanza con le famiglie, complementarietà scuola-famiglie, corresponsabilità educativa delle famiglie, partecipazione delle famiglie, dialogo con le famiglie, comunicazione con le famiglie, progettualità pedagogica condivisa con le famiglie, ma si tratta di enunciazioni in un certo senso “vuote” in quanto mancano indicazioni circa i contorni e i modi con cui possano realizzarsi nello specifico della scuola dell’infanzia.
In riferimento alla professionalità degli insegnanti, come già si è accennato in precedenza, si enuncia la necessità di conoscenze psicologiche e metodologico-didattiche degli insegnanti ma senza dire in che cosa consistano e come vadano acquisite.
Anche l’affermazione dell’importanza di formare negli allievi la “capacità di pensare in modo critico” non è accompagnata da indicazioni relative a come sollecitarla, tramite quali strategie e strumenti promuoverla.
In conclusione, da questa genericità sembra trasparire l’esigenza di fornire “parole d’ordine” lasciando tuttavia alla libera interpretazione come tradurle in operatività.
In questa Proposta, come già nelle Indicazioni del 2012, il cuore del curricolo della scuola dell’infanzia è costituito dai campi di esperienza, i quali, tuttavia, assumono significato solo all’interno di una coerente concezione educativa, a meno di non voler prendere una deriva didatticistica. Nel Documento del 2012 tale concezione era chiaramente espressa. Veniva sottolineata l’inscindibilità di cura e educazione, valorizzato l’apprendimento per scoperta a partire dall’esperienza diretta col mondo naturale e sociale e l’interazione ludica con la realtà, suggerita una relazione educativa fondata sull’ascolto, l’interazione, il dialogo con una funzione di facilitazione, sostegno e incoraggiamento, considerato sostanziale il ruolo della predisposizione di ambienti accoglienti, caldi e ricchi che offrano ai bambini benessere e occasioni di esplorazione e interazione sociale. Nelle Nuove Indicazioni è difficile rintracciare una proposta pedagogica specifica, chiara e coerente, relativa alla scuola dei tre ai sei anni. Pertanto, senza tale chiarificazione, la centralità attribuita ai campi di esperienza sembra assumere un carattere più didattico che formativo. Non è infatti un caso che, rispetto alle Indicazioni 2012, a ciascun campo di esperienza vengano aggiunti suggerimenti e una lista di obiettivi puntuali trasformando le attività proprie di ciascun campo in una sorta di eserciziario didattico, in contraddizione con quanto affermato in altro luogo di queste Nuove indicazioni ove ci si riferisce ai campi di esperienza, citando le Linee pedagogiche 0-6, come “tracciati aperti”. A questo proposito risultano confusivi, se non incongruenti, gli accenni alla continuità verticale con la scuola primaria che fanno supporre una visione “anticipatoria” della scuola dell’infanzia, ad esempio quando si afferma che “l’esperienza mediata didatticamente offre occasioni […] di germinazione delle successive conoscenze disciplinari” o quando, nel campo di esperienza “I discorsi e le parole”, in riferimento al linguaggio scritto, si suggerisce di esplorare “forme di rappresentazione grafica che anticipano la scrittura”.
In estrema sintesi, risulta quasi impossibile indicare puntualmente che cosa andrebbe cambiato nel nuovo documento, come era stato richiesto dal questionario inviato alle scuole, poiché, per migliorarlo non si tratta di sostituire singole parole o espressioni ma di colmare vuoti importanti e chiarire pericolose opacità.