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13/05/2025

Contesti, scopi e usi linguistici

di Anna-chiara Monardo

Purchè chi guarda in fondo al linguaggio vi scorga la necessità che esso, se non vuole limitare la sua stessa funzione , si faccia esso stesso educazione alla parola in tutte le sue potenzialità”.

Con queste parole Tullio De Mauro sintetizzava l’idea del linguaggio come strumento di comunicazione e di apprendimento la cui padronanza era da considerare diritto e requisito imprescindibile di cittadinanza .  

Si passa così ad un nuovo approccio in base al quale  l’apprendimento dell’oggetto lingua non può avvenire in modo asettico , inteso come ambiente incontaminato,  ma  legato a contesti reali di ricezione e produzione in cui si operano, da parte del parlante, svariate scelte linguistiche in base a determinati scopi . Si parla , dunque, di educazione linguistica ossia guidare gli studenti verso la costruzione di una competenza che li renda partecipi in una società democratica. Educare , quindi, all’uso della lingua in tutte le sue variabili e dimensioni.

Dalla fine degli anni Settanta in poi tale visione , oltre ad assegnare alla istituzione scolastica il ruolo di garante di questa padronanza , veniva comprovata da studi ed osservazioni scientifiche  che consideravano le diverse dimensioni della lingua: diacronica, diamesica , diatopica, distratica e diafasica riflettendo sulle possibilità di espressione, sulle  sue variabilità ,  sulla varietà e sui registri. 
Pertanto la didattica doveva rispondere a queste nuove esigenze di natura scientifica e considerare l’aspetto pragmatico, simbolico e metalinguistico avviando processi di revisione nella costruzione di un sillabo trasversale in riferimento ai saperi essenziali. 

Da una attenta lettura ed analisi del nuovo documento delle Indicazioni Nazionali emergono diverse perplessità ed una idea di scuola non pensata in riferimento alla società attuale legata ad un sapere fluido ed in continua evoluzione che richiede una lingua per un parlante in grado di usare tutte le sue potenzialità espressive .

Prima di addentrarci nella sezione che riguarda specificatamente la lingua italiana è necessario soffermarci su una premessa di carattere generale. Dal punto di vista normativo,  riscontriamo, nel documento,  suggerimenti e consigli su conoscenze disciplinari che rimandano al programma e non riconoscono  la personalità giuridica alle istituzioni scolastiche “autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo”  a cui spetta il compito di prefigurare percorsi di insegnamento-apprendimento in riferimento ai bisogni e ai contesti in cui opera.  Il documento del 2012 , infatti, specificava che le indicazione “ costituiscono il quadro di riferimento per la progettazione curricolare affidata alle scuole. Sono un testo aperto, che la comunità professionale è chiamata ad assumere e a contestualizzare ,elaborando specifiche scelte relative a contenuti, metodi, organizzazione e valutazione coerenti con i traguardi formativi previsti dal documento nazionale” mentre il testo attuale inserisce addirittura  modelli esemplificativi di progettazione che non dovrebbero essere presenti in un documento nazionale che deve prefigurare esclusivamente indicazioni generali.  
Analizzando, di seguito, la parte che riguarda l’ italiano appare evidente che l’evoluzione della lingua legata ai bisogni comunicativi ed autorevoli studi scientifici non sono stati considerati. Vi è un ritorno ad una visione di lingua fuori dai contesti comunicativi, irrigidita nelle regole riconosciute da una comunità colta. “La scuola ha il compito di valorizzare questo patrimonio , trasmettendo nelle forme riconosciute come legittime dalla comunità colta, comunicando il valore e il significato dello strumento linguistico e la necessità della correttezza, richiesta dalla sua stessa funzione sociale…. ”.

In particolare, si nota una piegatura verso la scrittura rispetto al parlato come strumento di controllo e di correttezza linguistica nonché una idea di lingua da “conquistare” e non su cui “riflettere” , “ipotizzare”, “elaborare e rielaborare” partendo da conoscenze implicite presenti in ogni parlante, considerato non in base ad una appartenenza socioeconomica ma come semplice apprendente in una scuola democratica per tutti e per ciascuno.  

Rispetto all’oggetto lingua ,in diverse parti del documento, è presente un approccio di natura  valoriale e non di rigore scientifico come “il sentimento dell’importanza della correttezza linguistica ” , “insegnamento utile ed intelligente della grammatica” , “si impara a scrivere riscrivendo meglio ciò che si è scritto male e per capire cosa è male c è bisogno della guida dell’insegnante” ,“”essere abituati ad essere precisi”, “leggere testi che contengono idee intelligenti aiuta a chi legge a diventare intelligente a sua volta, intendendo la parola intelligenza nel senso più ampio del termine: come capacità di comprendere se stessi e gli altri, di rispettarli.. “. Questi stralci di esempi si allontanano da una visione della lingua in cui il parlante attiva  processi cognitivi e meta cognitivi costruendo una competenza linguistica in modo graduale attraverso l’esposizione e la sperimentazione degli usi della lingua.
Risulta , inoltre, assente l’idea di verticalità e ricorsività tra i vari gradi di scuola, presenti nel documento del 2012 che aveva segnato il passaggio dalla scuola delle conoscenze a quella dell’apprendimento in cui il soggetto era considerato protagonista attivo di processi e non fruitore passivo di trasmissione di argomenti.          

Nella elaborazione degli obiettivi si riscontrano alcune incongruenze e confusioni tra testo e testualità, tra processi e attività, saperi e argomenti nonché è incomprensibile, pur se a tratti compare l’idea di letterarietà,  la dicotomia tra lingua e letteratura.

In particolare , è doveroso segnalare la confusione tra grammatica normativa e riflessione sulla lingua che risulta essere disorientante . Si prende come esempio una parte del testo come illustrativa di quanto esposto  “La riflessione sui fatti linguistici dovrebbe sempre tener conto della finalità comunicativa della lingua, al cui funzionamento cooperano i diversi livelli, fonetici, interpuntivi, lessicali, morfologici e sintattici e testuali. L’insegnamento della scrittura necessariamente richiede che si usino termini come parola, lettera, frase. Va da sé che termini come nome , verbo, aggettivo  non possono essere introdotti senza una descrizione del loro uso, del loro significato e funzione. Si insegnerà a cogliere il rapporto tra verbo e soggetto , mediante esercizi pratici (addestramento e non riflessione io sui meccanismi), rendendo gli allievi attenti al fatto che il soggetto non ha sempre una posizione prevedibile…”  . Risulta evidente che da un lato ritroviamo termini quali fatti linguistici, funzionamento che rimandano ad una idea di riflessione sui meccanismi e sugli usi della lingua ma contestualmente vengono utilizzati classificazioni e nomenclature che sono ricollegabili alla grammatica normativa.

A fine lettura, permane un senso di disorientamento rispetto alla reale situazione della vita scolastica nelle classi nonché la strana sensazione che docenti e studenti non siano gli ispiratori di tale documento. Rimane, allora , una sola certezza ossia continuare a considerare come  bussola del nostro orientamento professionale il discorso di Calamandrei sul ruolo della scuola   “A questo deve servire la democrazia, permettere ad ogni uomo degno di avere la sua parte di sole e di dignità. Ma questo può farlo soltanto la scuola, la quale è il complemento necessario del suffraggio universale. La scuola, che ha proprio questo carattere in alto senso politico, perché solo essa può aiutare a scegliere , essa sola può aiutare  a crescere le persone degne di essere scelte, che affiorino da tutti i ceti sociali.”  

In sintesi, ciò che interessa alla scuola è educare per costruire una padronanza linguistica per comunicare, partecipare e avere pari dignità in ogni situazione.

Essere  un operaio, un insegnante, un medico, un ingegnere è una scelta lavorativa non lo scopo che si prefigge la scuola democratica .            

Parole chiave: indicazioni 2025

Scrive...

Anna-chiara Monardo Docente nella scuola secondaria di primo grado, esperta di educazione linguistica, redattrice di Insegnare.

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