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29/01/2025

Insegnare il Mediterraneo. La rete dei CIDI per la formazione/ricerca sul curricolo: idee emerse, prospettive

di Caterina Gammaldi

Questo contributo è stato costruito per condividere idee emerse nella rete dei CIDI che ha promosso il percorso formativo Ritorno al Mediterraneo durato due anni, animato da esperti disciplinari e insegnanti del primo e secondo ciclo provenienti da regioni diverse, con l’obiettivo di costruire piste di lavoro per il futuro [1].

Per costruire alcune ipotesi di lavoro per il futuro, a premessa di questa riflessione, propongo un testo di Morin [2] pubblicato nel 1999, che torna oggi di grande attualità. Scrive Morin: “Quando il futuro è perduto e il presente è malato, allora non resta che rifugiarsi nel passato, cioè a dire nel ritorno alle radici etniche, naturali, religiose. Se la coscienza planetaria è sottosviluppata e la coscienza umanistica è in crisi, dappertutto acquistano vigore le formule nazionalistiche integrali, integriste o nazional – religiose”.  

In tutta evidenza è una affermazione che non può non dirsi attuale se, come pare, i processi di riforma della scuola annunciati nei giorni scorsi, con interviste e editoriali, propongono una via identitaria che fa perno sui concetti di nazione e patria, rinunciando allo sguardo plurale, che è, invece, secondo il punto di vista del gruppo di coordinamento della rete, il cuore di un percorso politico – culturale che guarda alla lunghissima Storia del Mediterraneo e a chi abita i paesi che si affacciano sulle sue coste a sud, a est, a nord, a ovest.

Ritorno al Mediterraneo. Una breve ricostruzione

Eravamo appena usciti dalla pandemia, un tempo che appare lontano ai più, segnate le nostre vite e quelle dei bambini e degli adolescenti che erano allora a scuola (e lo sono ancora), quando un gruppo di insegnanti dei CIDI di Bari, Cagliari, Cosenza, Palermo, Torino decise di costituire una rete (si direbbe “di scopo”) per “sentirsi autonomi in un progetto comune”.

Una scelta imposta dall’isolamento che ritenevamo necessaria per praticare, nella situazione data, nuove modalità di lavoro collettivo, per accompagnare e sostenere la nostra iniziativa democratica. Due anni di studio e di confronto! Un tempo non lungo in cui hanno prevalso gli sguardi di una comunità professionale di città diverse e che, grazie a Valentina Chinnici e agli editori Palumbo, ha trovato un approdo nel convegno nazionale del CIDI Per un Mediterraneo di Pace (Palermo marzo 2024)

Se posso ridirlo è stata proprio la crisi di futuro che ci ha convinto a esplorare gli “innumerevoli paesaggi, il susseguirsi di mari…” ripartendo da Braudel  con gli sguardi che ciascun sapere ha messo a disposizione nel corso degli anni. Una ipotesi coerente con una riflessione sulla ricerca di identità plurali. Una esperienza formativa che non sarebbe stata possibile senza il contributo di studiosi della lunghissima Storia del Mediterraneo che ci hanno permesso di accedere a una pluralità di fonti e indagarne temi e problemi riconoscendone gli aspetti scientifici, storici, linguistico - letterari, geopolitici, geologici, sociologici e giuridici, per comprenderne le trasformazioni che sono intervenute nel corso del tempo in un mare – il nostro mare – che abbiamo presto inteso come un “organismo vivente”.

Nel periodo di studio e di riflessione che ha preceduto e accompagnato la costruzione e la sperimentazione dei percorsi curricolari tutti abbiamo dovuto riconoscere che avevamo conoscenze e punti di vista parziali. Per questo ci siamo presi cura, in quanto insegnanti, del conoscere, una straordinaria occasione anzitutto per noi prima che per i nostri studenti, da cui sono uscite rafforzate l’utopia e il progetto, quella idea di scuola per sapere in cui si cercano di comprendere e interpretare temi e problemi, fenomeni complessi.

Per temi e per problemi

Il Mediterraneo, dunque, “metafora del mondo”, un contesto complesso in cui far vivere un’idea di insegnamento – apprendimento che utilizzi la cultura della scuola per individuare i nuclei fondanti dell’apprendimento, facendo leva sulla centralità del soggetto che apprende, sugli ambienti di apprendimento, sui traguardi di competenza. Un curricolo verticale progressivo e sostenibile!

In questa prospettiva hanno trovato spazio temi e problemi rilevanti quali quelli che hanno attraversato e ancora attraversano il Mediterraneo fisico, politico, simbolico, storico [3].

Una rete di scopo, la nostra, secondo quanto ha sempre sostenuto Giancarlo Cerini. Tale è stata, e sarà la nostra rete, una comunità di insegnanti riflessivi in gruppi elettivi, una sorta di dipartimenti per materie non affini, che prevede un rinnovato impegno progettuale del consiglio di classe che si prende cura di un gruppo classe eterogeneo, in cui parlano le differenze, le criticità, i punti di forza, la quotidianità. Con l’evidente motivazione di restituire, attraverso il Mediterraneo alla scuola, ai nostri studenti, a noi insegnanti una idea di futuro in cui possa vivere l’altro, nella complessità del noi.

Una convinzione che trova nello studio, nella riflessione, nella ricerca curricolare, oltre gli steccati disciplinari, le ragioni per praticare quella che è definita una buona didattica, per noi la qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento.

Nel periodo di studio che ha preceduto e accompagnato la costruzione e la sperimentazione dei percorsi tutte e tutti noi abbiamo dovuto riconoscere di avere conoscenze parziali. Per questo ci siamo prese/i cura di noi, in quanto insegnanti, del conoscere, una straordinaria occasione per capire e interpretare fenomeni complessi che sfuggono alla parzialità dei punti di vista.

Ipotesi che ci hanno consentito di sperimentare dal punto di vista del metodo nuove posture professionali, ben oltre le rigidità imposte dal modello organizzativo ancora prevalente. Una sorta di modello in cui mettere in dialogo la conoscenza (i saperi) e la dimensione educativa per una piena cittadinanza nel Mediterraneo e nel mondo.

Una scelta politica e culturale, ancorché professionale, che ci ha permesso di vivere il Mediterraneo riconoscendolo come spazio in cui vivono le diversità e le trasformazioni intervenute nel tempo.

Il paradigma della complessità

E’ qualche tempo che utilizziamo nelle nostre riflessioni sulla scuola e la società che cambia il paradigma della complessità [4].

Una convinzione “controvento” che riprendo dalla sintesi della Commissione dei Saggi del 1997, tradita nel corso degli anni da proposte culturali contraddittorie e contrapposte, segnate dalla visione della parte politica che, di volta in volta, le proponeva. Ripropongo quanto ha scritto in quel testo Maragliano a proposito di “identità plurali” che abbiamo deciso di indagare, ritrovate durante i momenti più propriamente dedicati alla ricerca curricolare .

Scrive Maragliano, sintetizzando il contributo della Commissione dei Saggi voluta da Luigi Berlinguer;” molto si è discusso di identità, e lo si è fatto il più delle volte usando il termine al plurale. Nella società del presente, ampiamente differenziata e aperta a un mutamento costante, l’individuo deve orientarsi sulla base di un gran numero di modelli, talvolta anche contrastanti e, lungo tutto il corso della vita, deve assumere, di volta in volta, ruoli diversi, a seconda dei contesti di esperienza e di attività. È dunque assai difficile, oggi, proporre e far sì che un individuo mantenga una sua identità definita: i suoi quadri di riferimento saranno forniti dalla mediazione delle forme sociali e culturali, ma anche da processi centrifughi rispetto a queste, basati sulla possibilità di far leva su una elaborazione cosciente della sua personale esperienza di vita. In questo senso, il problema dell’identità individuale e delle forme di appartenenza dovrà essere al centro dell’attenzione di una scuola rinnovata. E ciò lo si potrà ottenere sia concedendo un’importanza fondamentale agli aspetti metodologici della conoscenza… sia lavorando a promuovere un fondamento di solidarietà universale che si anticipi alla definizione delle identità particolari e favorisca il riconoscimento reciproco delle differenze”

Una prospettiva messa in discussione oggi - tempo di identità nazionale, patria e mercato – in cui si torna a parlare di programmi nazionali di studio in particolare di storia [5]. Si leggano in proposito alcune interviste del Ministro Valditara e l’editoriale di Galli della Loggia coordinatore del gruppo di storici che avrebbero riscritto le indicazioni per il primo ciclo (di cui peraltro non conosciamo ancora il testo).

Una idea quella delle identità al plurale che abbiamo fatta nostra leggendo e rileggendo quanto gli esperti disciplinari ci hanno consegnato in materia, con l’unico scopo di garantire competenze di cittadinanza in tutto il percorso scolastico.  

Pensarsi cittadine e cittadini del Mediterraneo e nel mondo fin da piccoli, come abbiamo detto a Palermo, esige un approccio plurale, (è sempre Maragliano che scrive) “non è solo lo storico che deve sostenere l’importanza di una formazione storica”. Una convinzione che ci ha sostenuto quando abbiamo dichiarato e praticato che “pensare storicamente” appartiene a tutte le discipline “complici e in dialogo”.

Per farlo occorre orientare lo sguardo verso tutti i paesi che si affacciano sul Mediterraneo e conoscerne la cultura. La nostra idea di cittadinanza evoca la polis e l’agorà. Non è solo una ambizione, un’utopia o un desiderio di pace, è un principio costituzionale.

Quali prospettive?

Le ricaviamo da Mauro Ceruti, filosofo della scienza, a cui dobbiamo i contributi che ci hanno aiutato a riflettere sulla complessità e da cui vogliamo ripartire allargando la rete dei CIDI e coinvolgendo le istituzioni scolastiche sul tema della cultura della scuola per la cittadinanza e la democrazia.

Se la scuola è ancora una istituzione che cura la rimozione degli ostacoli anche e soprattutto attraverso ciascuno di noi, come ci ha ricordato Mauro Palma durante il seminario dedicato al Progetto nazionale del CIDI "A scuola di Costituzione"; se la scuola è un luogo naturale di riflessione sull’insegnamento e sull’apprendimento, non possiamo non guardare al soggetto che apprende, non possiamo sacrificare un’idea di futuro subordinandola al primato dell’Occidente. In un momento in cui la cultura della scuola è sotto attacco è necessario rimanere ancorati alla cittadinanza e alla democrazia, ai saperi in dialogo, ai soggetti, agli ambienti di apprendimento. I processi di costruzione di cittadinanza e democrazia non si alimentano con azioni formali, rituali, manifestazioni.

Dichiara recentemente Ceruti, sollecitando una riflessione sulle tesi del fisico Fritjof Capra [6]: per collegare le quattro dimensioni della vita “biologica, cognitiva, sociologica ed ecologica”, occorre avere una visione sistemica, occorre cioè “far tesoro delle rivoluzioni epistemologiche apportate dalle scienze dell’ultimo secolo, al cui cuore sta un profondo cambiamento dell’idea del mondo come macchina composta da mattoni elementari alla sua interpretazione come reti di combinazioni inseparabili di relazioni. È un pensiero capace di riconoscere un sistema vivente (un organismo, un ecosistema, un sistema sociale) come un sistema complesso, le cui proprietà non possono essere ricondotte a quelle delle parti, ma che emergono da processi e relazioni fra le parti. Il tutto è più della somma delle parti”.

Un sapere adulto a cui – da insegnanti - non possiamo rinunciare perché possa diventare, in rapporto alle età dei nostri studenti, sapere diffuso. È questo un possibile futuro della nostra rete: la cultura della scuola per la cittadinanza e la democrazia.

Un modello culturale che non privilegia l’elenco di argomenti, che non sopporta gli steccati disciplinari, che insegue il dialogo fra i saperi e i modi di rapportarsi ad essi. Una scelta politica che interroga chi ha la responsabilità delle norme. Una responsabilità della scuola che ricerca, sperimenta, riflette. Già nella nostra rete abbiamo tentato di praticarlo, ma dobbiamo insistere proponendo ambienti cooperativi, laboratoriali e dipartimenti per materie non affini. Nessun insegnante è un solista, va ricercato un agire educativo condiviso.

Confrontarsi nel metodo e nel merito! Farsi carico del percorso formativo in cui ciascun soggetto possa passare dall’io al noi!

Direbbe De Mauro [7]: per vivere la contemporaneità (non è una aggiunta) abbiamo bisogno di muoverci nello spazio culturale, abbiamo necessità di bussole, di punti cardinali per muoverci nella complessità, abbiamo l’urgenza di muoverci in società libere.

Tutti gli oggetti di studio, anche i più complessi, in conclusione con le parole di Ceruti, sia in ambito scientifico che in ambito umanistico non possono “essere affrontati che attraverso l’intreccio delle discipline e dei diversi punti di vista” e ancora “a problemi complessi non si risponde separando, isolando, parcellizzando”. Il futuro è incerto, imprevedibile, ma noi forse dobbiamo “congedarci dalla semplificazione a vantaggio delle connessioni e delle relazioni”, in una prospettiva sistemica.

Note

Materiali del Convegno nazionale del CIDI Per un Mediterraneo di Pace.

Il quaderno di lavoro a cura di Carmela Fortugno, Caterina Gammaldi e Daniela Angela Sortino documenta il percorso formativo Ritorno al Mediterraneo  

[1] Il seminario nazionale Insegnare il Mediterraneo. Una proposta curricolare per una identità plurale si è tenuto il 21 gennaio 2025.  

[2] E.Morin, "Pensare il Mediterraneo, mediterraneizzare il pensiero. Da luogo di conflitti a a incrocio di sapienza", Il pozzo di Giacobbe editore, 2019.

[3] E. Ivetic, "Il grande racconto del Mediterraneo", il Mulino 2022; E. Ivetic, "Studiare la storia del Mediterraneo", il Mulino 2024.

[4] M. Ceruti: fra le numerose pubblicazioni dedicate alla complessità segnaliamo ( a cura di F. Bellusci -  L. Damiano) "La danza della complessità. Dialoghi con la filosofia di Mauro Ceruti", Mimesis 2023  e (a cura di M. Ceruti – F. Bellusci  Umanizzare la modernità, Raffaello Cortina editore, 2023.

[5] E. Galli della Loggia – L.Perla, "Insegnare l’Italia. Una proposta per la scuola dell’obbligo", Scholé, 2023.

 [6] Fritjof Capra, "I principi sistemici della vita. Idee sulla natura e sull’ecologia umana", Aboca edizioni 2024; Un importante contributo di  M. Ceruti, "Solo la cooperazione ci potrà salvare", Il Sole 24 ore.

[7] T. De Mauro, "La cultura degli italiani", Laterza 2004

 

Scrive...

Caterina Gammaldi A lungo docente di scuola media; già componente del CSPI

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