Home - la rivista - dopo scuola - "Né Oriente né Occidente": narrazioni necessarie del mondo nuovo che già abitiamo

una recensionedopo scuola

19/06/2025

"Né Oriente né Occidente": narrazioni necessarie del mondo nuovo che già abitiamo

di Giulia Cordone

"Né Oriente né Occidente" è un libro nuovo, dove nuove parole raccontano necessarie nuove visuali e mondi nuovi e già attuali, ma non sufficientemente narrati. La parola Occiriente, per esempio, strategicamente e poeticamente inventata dall’autrice Renata Pepicelli, Prof.ssa di Islamologia e Storia del mondo arabo contemporaneo all’Università di Pisa, destruttura l’antitesi tra Oriente e Occidente e dà voce, visibilità e “aria” a quel mondo che già abitiamo ma rispetto a cui le narrazioni dominanti tendono a renderci ciech* e sord*, sottraendoci appunto l’aria e rendendoci reciprocamente sospettos*, se non nemic*, seppur appartenenti alla stessa specie e abitanti dello stesso pianeta.

Nel suo importante e appassionante libro Renata Pepicelli conduce chi legge in una visita del mondo attraverso cartine geografiche difficili da reperire a scuola, con un punto di vista altro rispetto alle mappe e ai planisferi a cui l’occhio occidentale è stato ed è abituato. Rappresentazioni del mondo o di una sua parte, affisse alle pareti di moltissime aule scolastiche, educano da generazioni lo sguardo di chi le frequenta. Qualunque student* ha abitato o abita aule corredate da un planisfero Mercatore, ma in quante aule sono presenti mappe con orientamenti o scelte di restituzione grafica, geometrica o topologica diverse? Che dire poi dei mappamondi e del loro arbitrario, non neutro, orientamento rispetto a noi? L’autrice, sottolineando che “disegnare il mondo è stato ed è un percorso che dà vita a un prodotto selettivo e parziale” (p. 25), ricorda quanto già negli anni Trenta del Novecento asseriva Antonio Gramsci: “ogni punto della terra è Est e Ovest nello stesso tempo: costruzioni convenzionali e storiche non dell’uomo in generale, ma delle classi colte europee, che attraverso la loro egemonia mondiale le hanno fatte accettare a tutto il mondo.” [1]

Come non sentire l’urgenza e la necessità di queste parole e di inventare nuove parole, nuovi disegni, prospettive e orientamenti in questi giorni in cui, tra l’altro, le Indicazioni Nazionali per il curricolo della Scuola dell’infanzia e Scuole del Primo ciclo di istruzione sono state pubblicate dal MIM, soltanto con qualche taglio rispetto alla versione iniziale, mantenendo intatta la visuale culturale in cui “Solo l’Occidente conosce la storia” (p. 57)?

Renata Pepicelli, attraverso il suo libro, apre l’immaginario a nuove visuali e il lessico a nuove parole e lo fa, per esempio, spiegando che un harem, non è una “casa riservata alle donne in attesa di soddisfare i piaceri sessuali maschili”come immaginiamo anche a causa di una produzione artistico pittorica occidentale puntualmente illustrata dall’autrice, ma una “casa proibita agli estranei perché destinata alla famiglia nel suo insieme, e in particolare alle donne e ai bambini.” (ibidem). Lo sguardo viziato da una prospettiva occidentale riconosce, infatti, quelle che l’autrice chiama “nudità coloniali”, che vanno dall’odalisca sdraiata” di Francesco Hayez (1832) a “Il bagno turco” di Jean Auguste Dominique Ingres (1862), fino all’”Odalisca con pantaloni rossi” di Henri Matisse (1921).

Nel testo l’autrice crea incontri tra chi legge, chi narra e chi è narrat*, riporta storie e vicende di persone che ha incontrato nel corso della sua vita e che, per la loro identità plurale, per cultura, desideri, religione, affetti, già abitano l’Occiriente. Nel succedersi delle pagine l’origine di nuove e vecchie paure vengono contestualizzate e analizzate, sono riportati dati che offrono una narrazione altra, antitetica alla narrazione dominante che fomenta la percezione di un’incombente invasione straniera dell’Europa: “nel Vecchio continente”, sottolinea l’autrice, “i musulmani non superano il 5% della popolazione”. Così, nel procedere del libro, si sciolgono paure e stereotipi, tra cui l’idea che l’uomo musulmano sia inevitabilmente violento nei confronti della donna e, pagina dopo pagina, si arriva, finalmente, al capitolo IV, efficacemente introdotto attraverso le parole del testo della canzone “Casa mia” di Ghali.


Non mi sento tanto bene, però
Sto già meglio se mi fai vedere
Il mondo come lo vedi tu
Non mi serve un'astronave, lo so
Casa mia o casa tua
Che differenza c'è? Non c'è
Ma qual è casa mia?
Ma qual è casa tua?
Ma qual è casa mia?
Dal cielo è uguale, giuro

È nel capitolo IV che si compie il cambio di prospettiva: l’Occiriente è attuale, a noi il compito di raccontarlo.

Nel cercare, come docente di matematica e fisica, un personale rapporto con il libro procedo per associazione d’idee, mi ricordo dell’introduzione di Koyré al De Revolutionibus Orbium Caelestium di Copernico:

“Niccolò Copernico nacque a Torun, in Pomerania, il 19 febbraio 1473. Suo padre era originario di Cracovia, sua madre di Torun. Rimasto orfano dodicenne, fu in qualche modo adottato dallo zio materno, Lucas Watzenrode, divenuto in seguito vescovo di Varmia. Era polacco o tedesco? Devo dire che la questione mi sembra non solo priva d’interesse, ma anche di senso. Copernico, fortunatamente per lui, viveva in un’epoca che ignorava il sentimento nazionale, ignorando l’esistenza delle nazioni. Credo che se la domanda fosse stata rivolta allo stesso Copernico non l’avrebbe capita: era suddito del re di Polonia, e canonico di Frauenburg. Scriveva in tedesco biglietti che trattavano cose della vita quotidiana; le cose serie, le pensava e le scriveva in latino. A parte questo, era un buon cattolico. Ecco, penso, tutto ciò che avrebbe potuto rispondere.” [2]

Ritengo che l’insegnamento delle materie scientifiche a scuola possa fornire strumenti utili per trovare fruttuose nuove identità, nuovi paradigmi conoscitivi, nuovi modelli interpretativi della realtà, nuovi punti di vista, specialmente nuove narrazioni. Mi ha sempre emozionato la situazione per la quale nel 1925, in quel delicato periodo storico, un fisico tedesco A. Einstein, e un fisico indiano N. S. Bose, hanno elaborato, indipendentemente, ma interconnettendosi, la statistica di Bose-Einstein che descrive lo stato della materia di particelle identiche (i bosoni) a basse temperature.

Auspico per tutt* buona lettura del libro “Né Oriente Né Occidente” cercando di rintracciare, ciascun*, come il suo agire possa contribuire alla narrazione del mondo nuovo che già esiste e, contemporaneamente, trovare spazi collettivi di narrazione e confronto, penso che questo sia l’autentico scopo dell’autrice.    

Note

[1]  A. Gramsci, Quaderni del Carcere (1929), Einaudi, Torino, 2007, quad. 7, p. 874.

[2] Koyré A., "Introduzione a De Revolutionibus Orbium Caelestium, Copernico 1543", Eianudi Torino 1975.

 

 

Renata Pepicelli,
 

Nè Oriente nè Occidente

 

 

Il Mulino, Bologna
 

pp. 168, 2025

Scrive...

Giulia Cordone Docente di matematica e fisica in un liceo linguistico palermitano. E’ socia dell’Associazione PALERMOSCIENZA e fa parte del direttivo del C.I.D.I. Palermo.

sugli stessi argomenti

» tutti