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c'era per noioltre la lavagna

01/10/2024

Come sta la scuola democratica?

di Rosanna Angelelli

Porsi questa domanda e conseguentemente cercare per essa risposte ampie e motivate entro una prospettiva storica che guardi anche al futuro è stata da sempre una esigenza alla base delle riflessioni della nostra Associazione. È una esigenza fondamentale, per poter poi progettare e operare concretamente nella scuola allargando gli orizzonti dell’educazione/istruzione, arricchendo o modificando i percorsi, chiedendo alla politica governativa di rinnovare, rafforzare o rivedere certi impegni e investimenti.

Come ha precisato la Presidente Valentina Chinnici durante il recente convegno interassociativo svoltosi recentemente a Pescara, la prima  “I“ dell’acronimo CIDI vuol dire “iniziativa”, da cui  deriva quel legame inscindibile tra il pensiero della ricerca e l’azione della didattica che rendono concreta, dinamica, emancipante  la relazione educativa.

Non è certo una novità, dunque, se il Cidi di Pescara  si è posta la domanda anche quest’anno a premessa  del nuovo anno scolastico. Ma è una grossa novità su come si è giunti a delineare i temi,  a scegliere le voci, a organizzare nella buona sostanza il contenuto di un convegno interassociativo che ha avuto una larghissima partecipazione di insegnanti -compresi  alcuni DS-  sia in presenza che online. E questo fa davvero molto piacere, perché vuol dire che oggi c’è una domanda di riflessione molto sentita sullo stato di salute della scuola pubblica democratica. 
Dicevamo della novità: per l’appunto si è riusciti a “fare rete”, vale a dire a costruire una piattaforma di interventi “al plurale” da parte di numerosi rappresentanti dell’associazionismo educante. L’intreccio è stato reso possibile su un comune denominatore, quell’ idea democratica di scuola che si delinea e si prescrive nei vari commi degli artt. 3 e 35 della nostra Costituzione. Idea che purtroppo oggi ci sembra tralasciata, scavalcata, semplificata da parte di una politica di governo orientata verso obbiettivi di ritorno a una scuola della destra più conservatrice. 

La cronaca [1]

Rappresentanti di ANILS Abruzzo,  ARCI Abruzzo e Molise, CIDI Pescara, GISCEL Abruzzo, Italia Nostra Pescara-Scuola, LaAV-Circolo Roseto degli Abruzzi, MCE Abruzzo, Proteo Fare -Sapere Chieti si sono più volte incontrati per riflettere  sullo stato effettivo della scuola partendo dall’analisi  delle varie realtà di un territorio sostanzialmente discreto, appartato, quale appare l’Abruzzo rispetto alle grandi aree nazionali  di spicco dove la riflessione scolastica diventa spesso scoop sul disagio. Eppure da questo territorio e nella fattispecie concentrandosi il convegno a Pescara in un IC di un quartiere socialmente difficile, è venuta fuori una ricchezza di analisi in grado di trascinare con sé -e ce lo auguriamo vivamente per il futuro- realtà scolastiche al di fuori di Pescara e dell’Abruzzo. Anche perché dallo stretto contatto interassociativo si è riusciti a sintetizzare le analisi in un documento molto dettagliato, che ha fatto da base al programma del convegno stesso. In esso si tratteggia un malessere complesso della scuola, e di lunga data, che sembra alimentare una esigenza di cambiamento  non  soltanto riguardante le disfunzioni di  singole realtà locali o di settore, ma lo stesso sistema generale dell’istruzione pubblica. Questa esigenza è del resto strettamente legata a una consapevolezza sempre più evidente: da sola la scuola democratica non può farcela, ha bisogno di una società ad essa organica e simpatetica, e di una politica illuminata di vasto respiro, che prenda in considerazione l’intero suo assetto formativo (dalla scuola materna all’università), per pervenire a un suo sostanziale e globale riposizionamento.

Proprio su questa esigenza hanno esordito i lavori del convegno, strutturato in una tavola rotonda di quattro esperti, ciascuno rappresentante di altrettante associazioni: Anna D’Auria (MCE), Valentina Chinnici (Presidente CIDI), Massimo Vedovelli (GISCEL), Massimo Baldacci (Presidente Proteo-Fare Sapere). Essi hanno analizzato criticamente e con molta passione i temi di una legislazione riformatrice convulsa, che non riesce a rispettare neanche i tempi della necessaria sperimentazione delle varie proposte, ma procede con continue giustapposizioni di linea comunque legate a intenti securitari e ad azioni di controllo riguardo a questioni delicatissime di carattere educativo, formativo, relazionale.

L’individualismo, la competizione, la colpevolizzazione del disagio sociale sono di lunga data, appartengono alla storia dell’applicazione alla scuola di quelle teorie neoliberiste con cui ormai da più di mezzo secolo si è potenziata in Occidente la cultura della supremazia del denaro e del successo a ogni costo, come ne ha ricostruito magistralmente la storia Massimo Baldacci. L’attuale governo non fa che risaltare apertamente gli intenti di queste teorie.

Anna D’Auria, ricordando una battuta di Tullio De Mauro sull’efficacia di incontri che “ci permettono di uscire dall’età dell’innocenza” vale a dire dall’ingenuità apolitica dell’insegnamento, si è appellata alla “pedagogia della resistenza”, un modo di stare a scuola di ciascun insegnante con la consapevolezza che la didattica è un atto politico, civile, profondamente emancipante.  È un atto che richiede tempi lunghi e una politica di coesione convinta e costruttiva tra le varie istituzioni del territorio. La scuola infatti ha un profilo eminentemente sociale, le sue singole sedi sono radicate entro spazi e condizioni culturali specifici, le  sue rivoluzioni devono avvenire pertanto nell’ambito di rapporti di forza comunitari e non violenti, alla maniera di quanto delineato e vissuto da Danilo Dolci, come ha precisato Valentina Chinnici nel suo intervento di insegnante e di militante politica siciliana. Ed è un atto, ha puntualizzato a sua volta Massimo Vedovelli, che deve sostenere le pluralità comunicative dei giovani delle nostre scuole caratterizzati da storie e da linguaggi diversi, per poterli scambiare e condividere in modo sempre più evoluto e complesso, sulla scia di quella koiné linguistica “alta” che De Mauro nelle sue Dieci tesi propose alla elaborazione degli insegnanti. La tavola sapientemente coordinata dall’insegnante Fiorella Paone  (Cidi Pescara) e da Giulia Aimola (MCE e Associazione professionale Proteo-Fare Sapere) si è conclusa con domande significative da parte del nutrito pubblico presente in sala, a cui si è unito l'altrettanto significativo numero di persone collegate da remoto. 

 

Bibliografia minima

M. Baldacci, La scuola al bivio. Mercato o democrazia, Franco Angeli (2020) 2022.

M. Benasayag, G. Schmit, L’epoca delle passioni tristi, Feltrinelli 2013.

D. Bertoni Jovine, La scuola italiana dal 1970 ai giorni nostri, Editori Riuniti 1997. (reperibile online)

T. De Mauro, Dieci tesi per una scuola democratica, Franco Cesati editore  2019.

D. Dolci, L’educazione, Edizioni di Comunità 2020.

 Idem, Una rivoluzione non violenta, Altra əconomia 2024.

J. Habermas, Tempo di passaggi, Feltrinelli 2004.

G. Minervini, La politica governativa, Carocci 2016.

E. Morin, I sette saperi necessari all’educazione del futuro, Cortina 2001.

M. Orsi, A scuola senza zaino, Erikson 2016.

Th. Piketty, Il capitale del XXI secolo, Bompiani (2013) 2018.

 

Note

[1] Il convegno è stato preceduto da un documento congiunto che si può leggere a questo link

Scrive...

Rosanna Angelelli Di formazione classica, già insegnante di materie letterarie nei licei, è stata per anni redattrice di "insegnare".

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