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fuori dai dentieditoriali

23/03/2025

Nuove Indicazioni Nazionali: non in nostro nome

di Valentina Chinnici

Chi tace è complice, scriveva Danilo Dolci.

E noi infatti abbiamo parlato e continueremo a parlare.

A distanza di una settimana dalla pubblicazione delle Nuove Indicazioni 2025, il Cidi, insieme ad altre realtà associative e sindacali, ha ricevuto la convocazione per una audizione da parte della cabina di regia ministeriale che ne ha curato la stesura.
La convocazione era corredata dalla richiesta di inviare entro il 25 marzo una nota scritta con rilievi “puntuali” della lunghezza di circa due cartelle, a fronte delle 154 pagine del documento (più del doppio delle Indicazioni del 2012).

Tali modalità hanno reso subito evidente che non eravamo di fronte alla richiesta di un reale confronto dialettico, ma sostanzialmente, come del resto era chiaro già ad una prima lettura del testo, alla presa d’atto di un documento fortemente strutturato, a cui poter proporre qualche eventuale emendamento “migliorativo”. L’incontro online si è svolto peraltro sulla falsariga di quello convocato lo scorso giugno: pochi minuti a testa per esprimere pareri “costruttivi”.
In breve: la stragrande maggioranza dei rappresentanti auditi ha espresso critiche e forti riserve, chi sull’impianto, chi sugli assi portanti, chi su alcuni aspetti particolari delle Nuove Indicazioni.

A nome del CIDI abbiamo affermato alcuni concetti basilari e posto alcune domande fondamentali tese a disambiguare l’operazione:
1) Le Indicazioni Nazionali NON possono essere un testo divisivo e ideologico. Tutta la Scuola italiana deve poter riconoscersi in esse, come finora si era riconosciuta nelle Indicazioni nazionali del 2007 e del 2012, e nei Nuovi Scenari del 2018, la cui pubblicazione era stata preceduta da un’ampia concertazione collettiva.
Questo documento invece ci appare praticamente già pronto: siamo quindi chiamati solo a vararlo apportando modifiche? O sono davvero “materiali per il dibattito pubblico” come recita il sottotitolo? E se è così, per mutuare la metafora della gravidanza usata dalla professoressa Loredana Perla, come mai siamo stati convocati solo a giugno (prima del concepimento!) e ora a Marzo, a nascita avvenuta, senza aver mai potuto seguire i nove mesi di gestazione, se non attraverso le dichiarazioni sulla stampa del ministro Valditara, o di Perla stessa e Galli Della Loggia?

2) Tra I nomi degli estensori non troviamo nessuno di coloro che aveva contribuito alle Indicazioni che per 18 anni la Scuola ha assunto come proprie: certo, il nostro amato maestro e amico Giancarlo Cerini non c’è più, purtroppo, ma, per dare un senso di continuità si potevano almeno consultare Mauro Ceruti, Paolo Mazzoli, Franca Da Re, Italo Fiorin, Carlo Petracca, Franco Lorenzoni… per citare solo alcuni fra I nomi più rappresentativi dei tanti esperti che avevano lavorato con competenza e abnegazione ai testi delle Indicazioni ancora di fatto vigenti. 
O volevate creare una forte cesura e discontinuità con tutta l’elaborazione didattica e pedagogica finora data per acquisita? Sì lo so, la domanda appare retorica, ma noi abbiamo il dovere di porla e di avere risposte chiare, al di là dei nostri presunti “pregiudizi ideologici” e delle nostre “precomprensioni” e diffidenze.

3) Per il CIDI è di fatto incomprensibile e inaccettabile il rovesciamento del paradigma della complessità e il ritorno della linearità e sequenzialità dei contenuti disciplinari, elencati come in indici manualistici e con toni prescrittivi: l’ormai proverbiale “testa ben fatta” di Edgar Morin cede di nuovo il passo alla testa ben piena di precise conoscenze, sebbene nella premessa si raccomandi il criterio del non multa sed multum. Del resto, quasi tutte le associazioni interpellate in audizione hanno fatto rilevare le incongruenze palesi tra parti del lunghissimo documento, dove si coglie qua e là il sovrapporsi di “mani” diverse e talora in contraddizione.

4) Ancora, come denunciato anche dall’assenza al tavolo del GISCEL[1] , riteniamo inaccettabile il capovolgimento della visione della educazione linguistica democratica e l’enfasi posta sull’insegnamento della letteratura e del ritorno del latino come chiavi di volta per l’apprendimento della lingua italiana. Si tratta dunque della definitiva damnatio memoriae dell’insegnamento di Tullio De Mauro di cui Galli Della Loggia si professa da anni nemico giurato?

5) Come già nel documento condiviso con ANDIS, MCE, Proteo e Legambiente, abbiamo ribadito il rifiuto assoluto della visione etnocentrica, identitaria e fondata sulla presunta superiorità occidentale, facendo nostro lo sgomento delle voci più accreditate nell’ambito della storia e della sua didattica. Al riferimento identitario ad Atene, Roma e Gerusalemme presente nel testo (in cui risuona l’eco delle argomentazioni “contro i meticci” dell’allora presidente del Senato Marcello Pera), abbiamo contrapposto la visione di Giorgio La Pira che chiamava il Mediterraneo “il grande lago di Tiberiade” perché appartenente alle tre grandi religioni monoteiste della famiglia di Abramo, e di Luigi Sturzo che tratteggiava l’EuroAfrica, la Confederazione tra Unione Europea e paesi africani bagnati dal Mediterraneo. Proprio su Sturzo ci siamo soffermati leggendo questo suo passo per noi fortemente significativo:

"com’è possibile che l’Europa possa essere concepita tutta al Nord…? il mondo arabo è lontano ed è vicinissimo all’Europa; la nuova Europa che non potrà sviluppare la propria personalità senza tener conto del mondo spiritualmente e storicamente diverso che è nel Sud che bagna le sponde del Mediterraneo, dove ancora oggi, e con notevole effetto. si sentono gli echi di Atene e di Roma, di Siracusa e di Cartagine, di Tessalonica, Alessandria, Cesarea, Bisanzio, Gerusalemme. Gli ignoranti possono sorridere a queste evocazioni; ma le persone sensate sanno che l’Europa venne dall’Ellesponto e non potrà mai fare a meno delle porte di entrata: Bosforo, Suez, Gibilterra." [2]

Era il 1958 e questa visione della realtà in chiave complessa, antinazionalista e cosmopolita ci appare oggi molto più attuale e adatta alla costruzione di un curriculo evolutivo, teso a emancipare istruendo, rispetto ad asfittiche indicazioni di “insegnare l’Italia” tra Muzio Scevola e altre aneddotiche moraleggianti, da cui sono esclusi, se non per brevi cenni nel testo, i nostri oltre 900 mila alunni stranieri che in classe stranieri non sono.

Per tutto questo e per molte altre riserve sostanziali che già da giorni vengono condivise in modo puntuale da docenti universitari, insegnanti ed esperti, abbiamo chiesto al gruppo di lavoro delle Nuove Indicazioni di fermarsi, concedere una moratoria in cui ritirare il testo e sedersi a un tavolo vero col mondo della scuola, dove l’ascolto prevalga finalmente sull’ansia di riscrivere i connotati della nostra Scuola della Repubblica, democratica e aperta a tutti, come Costituzione comanda.

 

Note

[1] Tutte le associazioni di area linguistico-educativa hanno redatto e pubblicato un documento di rifiuto netto e totale delle Indicazioni 2025. Da aggiungere anche il testo di M. Lo Duca, che ne analizza l'impianto generale e i dettagli. 

[2] Tratto da "La Piccola Europa", pubblicato in "Il Giornale d'Italia" il 25 Luglio 1958. 

 

 

Scrive...

Valentina Chinnici Docente di italiano nella scuola secondaria di I grado e Dottore di ricerca in Filologia e cultura greco-latina, è Presidente nazionale del CIDI

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