La tentazione dell’ironia è molto forte, però cederle rischia di essere inutilmente rassicurante. Invece sono molto arrabbiato e preoccupato; non per le singole suggestioni - il latino, le poesie e le filastrocche a memoria, la Bibbia - che, guardando la cosa in sé e per sé (avrebbe detto un filosofo) non sono certo minacciose. Del resto, il ministero ci ha abituato a ben altro. La preoccupazione riguarda la degenerazione ideologica (che un altro filosofo - allievo critico di quello sopra- chiamava “falsa coscienza”). Da un lato è distrazione dalla realtà, dall’altro è rovesciamento antistorico della realtà medesima.
Questo furore ideologico del ministro e della destra, dunque, fa molti danni. Sul versante della distrazione è presto detto: nulla di ciò che servirebbe ai giovani, alla scuola, al lavoro pedagogico, al rigore culturale vero, che non è solo utile, ma affascinante e libero). E, per nascondere questo nulla, una cortina fumogena ottenuta mescolando banalità e ideologia reazionaria.
Sulla realtà “a testa in giù”, invece, qualche riflessione in più.
Intanto, il ministro che oggi sventola (non come un orizzonte, ma come un corpo contundente) il valore formativo dell’antico, non è lo stesso che derideva lo studio dei dinosauri? L’antico è tanto, lungo e assai complesso; e richiede più tempo scuola, non un anno in meno. E, soprattutto, è pieno di sorprese spiacevoli per gli ideologi. Sia detto per inciso, l’importanza del latino, come del greco antico, la loro meravigliosa ricchezza, nella logica di queste figurine dell’ottocento, intanto viene ridotta a mera tecnica linguistica, del tutto scorporata dall’universo culturale che le ha generate; ma, soprattutto, appare per quel che è: un fumogeno che copre le necessità reali della scuola, per esempio, classi più piccole per lavorare meglio sugli effetti dell’analfabetismo di ritorno, sull’impoverimento e la semplificazione dell’espressione linguistica; per produrre, cioè, una revisione seria dei curricoli, attenta ad una didattica che, nella tempesta digitale, continui a produrre complessità cognitiva ed espressiva. A proposito, il ministro delle poesie mandate a memoria non è lo stesso che idolatrava le competenze digitali, misura della presunta distanza tra scuola e “modernità”?
Ecco, quest’ultimo è un caso interessante, perché nemmeno il più sofisticato sofisma potrebbe trovare (sul piano logico-razionale e, ancor meno, pedagogico) una linea coerente tra idolatria del digitale, proibizione dei cellulari e poesie a memoria. L’unico fil rouge (sarebbe meglio dire fil noir) riscontrabile è nell’idea punitiva dello studio e del sapere – come ha scritto, con ficcante lucidità, il Segretario della FLC lombarda – cioè in una idea, reazionaria e selettiva, dello studio identificato solo con fatica e sacrificio (che certo ne sono una componente), in una visione, tra l’altro, puramente individualistica; ignorando completamente la dimensione del piacere, della scoperta, del valore liberatorio e collettivo del sapere. Inutile dire che il sottotesto di questo approccio è: chi non regge lo sforzo si arrangia; non abbiamo tempo da perdere con i fragili, con i deboli, con gli immaturi. Dimenticando (o volendo dimenticare) che tra i 5 e i 20 anni tutti hanno fragilità e debolezze e sono, per definizione e per fortuna, ancora immaturi. Poi, eventualmente, il sottotesto del sottotesto sarà: per chi non tiene il passo, possiamo sempre rispolverare le classi differenziali! Ed è evidente che, in questa logica, giovani e bambini siano, essenzialmente, il terminale ricettivo del lavoro didattico. Per questo motivo, appena lette le prime indiscrezioni, mi è capitato di scrivere: stasera rileggo Rousseau, ho voglia di modernità; perché dietro il furore contro il 68, ce n’è uno più antico, anti illuminista, il fastidio verso la conoscenza come libera scoperta, la negazione del diritto universale al sapere e del dovere della scuola, costituzionale e repubblicana, di garantire una didattica che rimuova - per tutti, nessuno escluso – gli ostacoli alla crescita umana e culturale. Se vogliamo provocare un’orticaria al ministro e alle sue teste d’uovo, diciamolo: una didattica per “ciascuno secondo i suoi bisogni” e che chieda da ciascuno “secondo le sue possibilità”; ma, soprattutto, in cui si impara insieme e si cresce insieme.
Un’altra contraddizione degna di nota è quella che riguarda la storia. Perché, in nome del superamento dell’approccio ideologico, si compie una delle operazioni più ideologiche, che sia possibile pensare. La “storia italica” – oltre a essere un ossimoro, perché non esiste, se non nella propaganda nazionalista e fascista, una sola fase della storia d’Italia (come di qualunque altro Paese), in antico e nella modernità, che possa essere sensatamente spiegato e compreso, se non in un orizzonte più ampio. Che, nel caso della nostra penisola, poi, significa in un orizzonte mediterraneo e non “occidentale” (altra curvatura ideologica, di chi vorrebbe salvarci dall’ideologia). Quest’ultima, come ho già anticipato, secondo l’icastica definizione di Marx (che dell’ideologia fu un critico, non un sacerdote) è proprio, anche in questo caso: “il mondo a testa in giù”. Se, infatti, rimettiamo le linee guida (o quel che ne è trapelato finora) con i piedi per terra, appare molto chiaro che nel mirino dei tiratori scelti del ministro non c’è per niente l’interpretazione ideologica della storia (che è, anzi, il fucile, per così dire); nel mirino c’è l’interpretazione critica dei processi storici, la loro mondialità, la capacità interpretativa delle dinamiche sociali, materiali e culturali. Cioè la storia reale, che non si lascia ridurre alle formulette nazionalistiche e provinciali, magari – per tenersi in esercizio – imparate a memoria, insieme al testo de La leggenda del Piave.
In sintesi (e in attesa di tornare, con maggiore articolazione, sul testo reale delle linee guida), la contraddittorietà dei messaggi, e la coerenza dell’approccio reazionario e punitivo, hanno proprio nel furore ideologico il punto di contatto; e nella occasionalità della propaganda che, da sempre, è il “caporale di giornata” dell’ideologia.