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02/06/2025

Referendum come alta espressione di democrazia rappresentativa o feticcio? Il dilemma di un'insegnante.

di Rosamaria Maggio

In occasione del 2 giugno 2025, Festa della Repubblica, ricordiamo ai nostri studenti che questa data rievoca il primo Referendum Istituzionale del 1946, data in cui in nostri antenati, 79 anni fa, scelsero tra Monarchia e Repubblica. Con una affluenza alle urne dell’89,1% di elettori, un paese in cui l’analfabetismo era molto elevato, il 54,3 % scelse la Repubblica, mentre il 45,7% votò per la Monarchia.
Fu un cambio epocale per il nostro giovane paese, che era divenuto Stato unitario da appena 85 anni e che vide le donne al voto referendario e contemporaneamente elettrici e candidate per la elezione dell’Assemblea Costituente, eletta lo stesso 2 giugno del 1946.

Ancora oggi, la nostra democrazia, che ha meno di 80 anni, in uno Stato unitario che ne ha meno di 200, è considerata molto giovane e sconta la scarsa introiezione da parte dei cittadini dei suoi principi costituzionali.

La Costituzione ha previsto il Referendum fra i suoi istituti ed esso rappresenta la più alta espressione di democrazia diretta, a fronte di istituti di democrazia rappresentativa. Questo è un altro aspetto che dovremmo tener presenti come cittadini elettori, come insegnanti, come studenti.
Non è vero che si abusa di questo istituto, se si pensa che in quasi 80 anni di repubblica democratica, sono stati effettuati 78 referendum, tra i quali quello istituzionale del ‘46, i 4 costituzionali ed 1 di indirizzo.

Spesso queste leggende diffuse, fanno sorgere il sospetto che la politica preferisca l’esercizio di una democrazia indiretta, esercitata attraverso i rappresentanti politici, piuttosto che quella diretta, in cui i cittadini esprimono la propria volontà andando ad incidere sulla legislazione.

Fasulla è altresì l’osservazione di chi, volendo mantenere la normativa che si chiede di abrogare col referendum, accusa i sostenitori di questo, di volere eliminare una legge di cui magari sono stati autori. Anche questa è una eccezione faziosa perché chiunque sia l’autore di una legge che si vuole abrogare, è pienamente legittimato, a distanza di tempo, verificandone l’inefficacia, a proporne l’abrogazione, di fronte all’evidenza della sua inutilità o peggio della sua nocività.

Nel silenzio della TV di Stato, con una informazione che rimane affidata alla sola benevolenza del servizio televisivo privato, ci si prepara ad un importante Referendum popolare abrogativo nei prossimi 8 e 9 giugno. 

Grave l’invito di alcuni delle più alte cariche dello Stato a non andare a votare.

È vero che molti sedicenti costituzionalisti ci ricordano che anche non votare è una espressione di volontà, ma alle politiche si chiama astensione.

Se tutti gli aventi diritto avessero consapevolezza di ciò che fanno non facendo, e cioè non votando, avrebbe anche un senso: quelli che non votano vogliono dire No e lo fanno impedendo il raggiungimento del quorum, scelta dei costituenti per evitare che con una esigua maggioranza si potessero abrogare leggi dello Stato.

Ma così temo non sia. In qualunque tempo, ora e in passato, l’invito all’astensione ha puntato sulla non consapevolezza, la mancanza di informazione, la indifferenza dei cittadini. Solo chi vuole cittadini inconsapevoli può fare questo tipo di campagna. E lo dico alle forze politiche.

Da parte delle Alte cariche dello Stato questo è un processo eversivo.

Un paese democratico, un Governo democratico, dovrebbe avere a cuore l’informazione dei cittadini, non la loro ignoranza o inconsapevolezza.

Poi sarebbe legittimo il Si, il NO, l’astensione.

Ma il legislatore costituente non voleva l’astensione.

Voleva che l’abrogazione discendesse da una volontà popolare consistente e consapevole, non dall’astensione.  Quindi la ratio della disposizione costituzionale che sancisce il quorum, l’art. 75 della Costituzione, non contempla l’astensione ma parla di quorum per la validità del Referendum allo scopo, assolutamente indispensabile, che a sancire tale validità sia la maggioranza degli aventi diritto. Non parla di astensione come un voto. Anzi l’art. 48 della Costituzione stabilisce che il voto è un diritto ed un dovere civico.
Quindi l’astensione comporta l’invalidità del Referendum, che verrà sancita sia da coloro che, contrari, non si affaticano neanche a scrivere No sulla scheda referendaria, ma anche da tanti elettori che, per inconsapevolezza o indifferenza, non si recheranno alle urne. È quello che vogliamo?

Da insegnanti della scuola democratica italiana, abbiamo il preciso compito costituzionale di rimuovere tutti quegli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana” e “l’effettiva partecipazione” all’organizzazione politica” del Paese. Molti dei nostri alunni sono già elettori e devono essere accompagnati all’esercizio del diritto/dovere al voto con una informazione corretta, al fine di consentirne l’esercizio consapevole.Le istituzioni non possono proporre una visione propagandistica e faziosa di questo diritto /dovere: devono fare costante riferimento alla Costituzione.

I partiti potranno cercare di portare i cittadini verso le rispettive posizioni, i quali però devono giungere ad esercitare il loro diritto/ dovere al voto con consapevolezza. 

Come insegnanti siamo continuamente richiamati a fare della educazione civica la nostra missione principale, come se tutti i mali della società dipendessero da una scarsa attenzione della scuola ai temi della cittadinanza. Negli ultimi anni essa è addirittura diventata una materia trasversale, soggetta a valutazione.
La scuola non si può sottrarre al suo mandato, pur nella criticità delle soluzioni proposte dal legislatore.

L’8 e il 9 giugno potremo esprimere il nostro Si, il nostro No, o votare scheda bianca per 5 proposte abrogative:

1) Abrogazione della norma della disciplina dei licenziamenti in virtu’ della quale, nelle imprese con più di 15 dipendenti, il lavoratore non ha diritto ad essere reintegrato nel posto di lavoro in seguito ad un licenziamento illegittimo. L’abrogazione della norma ne consentirà il reintegro.
2) Abrogazione della norma che limita a 6 mensilità il risarcimento del lavoratore illegittimamente licenziato. Se col Referendum si abroga la norma, l’indennità decisa dal giudice potrà superare le 6 mensilità.
3) Abrogazione di quelle norme che non obbligano a motivare la stipula di contratti a termine inferiori a 12 mesi. In caso di abrogazione i contratti a termine per un periodo inferiore ai 12 mesi, devono motivare questa scelta.
4) Abrogazione delle norme che in caso di incidenti sul lavoro, limitano la responsabilità solidale tra committente, appaltatore e subappaltatore. In caso di abrogazione l’impresa che appalta i lavori ne risponderà con l’appaltatore ed il subappaltatore.
5) Propone di ridurre a 5 anni il tempo di residenza dello straniero per ottenere la cittadinanza. Attualmente il tempo di residenza richiesto è 10 anni.

Andiamo tutti ad esprimere con consapevolezza la nostra volontà.

Scrive...

Rosamaria Maggio Docente di diritto nelle scuole superiori, già vicepresidente nazionale del Cidi

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