I fatti sono abbastanza noti. Da alcuni mesi, a turno, l’attuale Ministro dell’Istruzione (e del Merito), Giuseppe Valditara, docente di Diritto romano, Loredana Perla, professoressa di Pedagogia speciale e attualmente Coordinatrice della Commissione per la revisione delle ‘Indicazioni nazionali’, ed Ernesto Galli della Loggia, noto opinionista ed ex docente di Storia dei partiti e movimenti politici, in una o più interviste a settimana, esternano il loro pensiero sulla scuola che, come si sa, “non è più come quella di una volta”, come d’altra parte non lo sono più le partite a scopone e le mezze stagioni.
In particolare il 30 dicembre un articolo di Loredana Perla sulla ‘Gazzetta del Mezzogiorno’, dopo avere citato alcuni dati sulle scarse capacità di comprensione di testi degli adulti italiani dai 16 ai 65 anni, arriva velocemente al punto. «Da qualche parte si annida la causa della sindrome italiana», sono sue le parole, e l’articolo dà un nome e cognome a questa malattia: le ‘Indicazioni nazionali’ nella parte dedicata all’italiano «soffrono il peso di decenni di sfiducia nell’analisi grammaticale e logica, nell’insegnamento di regole ortografiche e sintattiche, sull’onda infausta delle Dieci tesi per un’educazione linguistica democratica di Tullio De Mauro che ancora lambisce le pratiche dell’insegnamento dell’italiano». Per risollevare le sorti della scuola italiana e in particolare per fare crescere le competenze di lettura (si suppone di giovani ed adulti) bisogna dunque «ridare fiducia a grammatica e a latino […]».
In queste ultime settimane linguiste e linguisti noti per rigore e sapere, come Cristina Lavinio e Miriam Voghera, Michele Cortelazzo, Mario Ambel, Lorenzo Renzi e tanti altri sono intervenuti per segnalare come né le Dieci Tesi, né tantomeno Tullio De Mauro, abbiano inteso eliminare dalle aule scolastiche la riflessione metalinguistica nelle sue diverse forme, ma piuttosto dare spazio a proposte e modelli grammaticali scientifici abbandonando pratiche d’insegnamento basate su categorie confuse e inconcludenti. Nel sito del GISCEL alcuni di questi interventi sono ricordati, ed in parte riportati integralmente.
A queste letture sempre proficue è utile affiancare anche una rilettura collettiva, fatta insieme da generazioni diverse, docenti e studenti, delle Dieci Tesi, proprio nell’anno del loro cinquantenario. È questa la proposta che viene da tutti quanti i docenti di ‘Linguistica italiana’ delle Università siciliane che si sono fatti promotori di una raccolta di firme e di un appello (riportato qui sotto insieme al link per firmare e condividere l’iniziativa) per avviare il secondo semestre di questo anno accademico con lezioni aperte sulle Dieci Tesi. È possibile seguire il dipanarsi dell’iniziativa sui canali social della Scuola di Lingua italiana per Stranieri dell’Ateneo di Palermo e del Centro di Studi Filologici e Linguistici Siciliani, promotori anch’essi di questo evento lungo una intera settimana.
La proposta è stata raccolta in questi giorni sia da insegnanti singoli che da associazioni come CIDI e GISCEL. Insieme, docenti, studenti, educatori ragioneremo anche sul contesto nel quale le Dieci Tesi furono scritte, quella ‘scuola di una volta’ così spesso evocata come panacea di tutti i mali. Una scuola che assolveva a un «terrificante» ruolo classista e razzista. Basta ricordare il 25 per cento dei bambini bocciato nella prima elementare e le ‘classi differenziali’ nel triangolo industriale, vere e proprie discariche per «disadattati ambientali», come con grande efficacia ne scrisse Bruno Ciari. Una «grande disadattata» - sono sempre sue le parole citate- che però riuscì anche a divenire luogo di grandi spinte al cambiamento. Ricorderemo insieme le esperienze straordinarie dei maestri del MCE che introdussero già negli anni ’50 pratiche didattiche innovative, e poi insieme a don Milani, Mario Lodi, Albino Bernardini e le loro esperienze scolastiche documentate magistralmente da Vittorio De Seta, e ancora la nascita delle associazioni degli insegnanti ancora oggi attive (MCE, CIDI, GISCEL). Quell’Italia che a volte sembra così lontana, siamo certi che ancora una volta riaffiorerà nella risposta alla domanda che replico ogni anno ai miei studenti: “mi racconti la tua scuola, prova a confrontarla con quanto scritto nelle Dieci Tesi”. Come sempre, purtroppo, accanto a esperienze di pratiche glottodidattiche nei quali è facile riconoscere solidi saperi linguistici e pedagogici, ancora troppi racconteranno “la mia maestra era quella delle poesie a memoria, del dettato e dei pensierini, e che mi ha inculcato la vergogna del dialetto, lei di certo le Dieci Tesi non le aveva lette mai”, oppure “la insegnante delle medie ci faceva fare analisi logica ogni giorno. Ancora mi ricordo come iniziava quell’elenco lunghissimo di complementi: agente’, di ‘causa efficiente’, di ‘materia’, di ‘qualità’, di ‘quantità’, di ‘oggetto interno’, di ‘strumento’, ‘di mezzo’, etc. Ero brava nei complementi ma quando facevo il tema prendevo quattro”. Sono frasi che ho ripreso a caso dagli appunti degli scorsi anni tratti dai laboratori sulle Dieci Tesi, attività che non manca mai nei miei corsi universitari di ‘Lingue e società’. Considero questi laboratori un utile appuntamento per tastare il polso alla scuola reale nella quale più che dare fiducia a una astratta ‘grammatica’ (ma quale grammatica?) bisogna fare entrare ogni giorno saperi linguistici aggiornati lavorando per costruire pratiche di riflessione sulle lingue coerenti capaci di orientare giovani e men giovani all’interno di un mondo linguistico in grande e veloce trasformazione. Tutto questo dobbiamo farlo sempre avendo come riferimento una ‘scuola della Costituzione’, dove democrazia e uguaglianza siano valori fondamentali per tutti, nessuno escluso. Valori, ogni giorno, nell’Italia reale, negati a milioni di bambini ed adolescenti dalla crescita di povertà materiale e povertà educativa. Anche, e forse soprattutto, per questi bambini ed adolescenti rileggeremo insieme le Dieci Tesi.
Iniziamo il semestre con le “Dieci Tesi per l’Educazione Linguistica Democratica” del GISCEL. Noi il cinquantennale lo celebriamo così!
Fra pochi giorni in tutte le Università italiane inizierà il secondo semestre. Noi docenti che insegniamo linguistica italiana, grammatica, storia della lingua italiana, dialettologia, sociolinguistica, didattica dell’italiano, da sempre attenti ai cambiamenti linguistici e sociali, saremo in campo ripartendo dalle “Dieci Tesi per l’Educazione Linguistica Democratica”.
Il primo giorno rileggeremo e rifletteremo su quel testo scritto cinquanta anni fa da un gruppo di docenti e ricercatori, fra i quali il grande linguista Tullio De Mauro, uniti dall’ambizione di costruire, finalmente, una scuola che attuasse la Costituzione e i suoi principi di democrazia ed eguaglianza. Con lezioni aperte, ripartiremo da quelle pagine per ragionare con i nostri studenti sui grandi ritardi nell’educazione al linguaggio e alle lingue rivolta ad italiani vecchi e nuovi, che siano adulti, adolescenti o bambini.
Oggi più che mai, muoversi con consapevolezza, efficacia e spirito critico all’interno di immagini e testi di diverso tipo è una necessità e, forse, l’unica possibilità di non farsi travolgere dai grandi cambiamenti in atto.
Primi firmatari: Giovanni Ruffino, Università di Palermo, Presidente Centro di studi filologici e linguistici Siciliani, Mari D’Agostino, Università di Palermo, Direttrice Scuola di Lingua italiana per Stranieri, Gabriella Alfieri, Università di Catania, Giovanna Alfonzetti, Università di Catania, Luisa Amenta, Università di Palermo, Elvira Assenza, Università di Messina, Marina Castiglione, Università di Palermo, Vito Matranga, Università di Palermo, Giuseppe Paternostro, Università di Palermo, Vincenzo Pinello, Università di Palermo, Fabio Rossi, Università di Messina, Rosaria Sardo, Università di Catania
Il link per firmare l'appello per le Dieci Tesi.