L’8 ottobre 2024 è stata pubblicata una ricerca di due docenti ed una ricercatrice dell’Università di Göteborg (Svezia) dal titolo: “Il lavoro sulla piattaforma digitale rafforza la performatività: le risposte degli insegnanti all'intensificazione del lavoro esplorate attraverso l'etnografia delle tracce.”[1].
Nell’abstract di accompagnamento vengono indicati gli obiettivi della ricerca; si legge: “Questo studio esplora criticamente come il lavoro quotidiano degli insegnanti venga riconfigurato attraverso l’utilizzo di e attorno a diverse piattaforme digitali*. In particolare, illustra le esperienze degli insegnanti in termini di intensificazione del carico di lavoro[…] Tracciando etnograficamente** l’attività digitale di sei insegnanti di scuole secondarie superiori pubbliche e private attraverso registri, interviste di follow-up, osservazioni e "collaborazioni" digitali, mostriamo come compiti centrali, amministrazione, comunicazione e insegnamento vengano riconfigurati […] attraverso la distribuzione del lavoro su piattaforme e normative nazionali e locali. Il nostro contributo alla discussione sulle piattaforme nell'istruzione riguarda il modo in cui le piattaforme e l'allineamento di dispositivi e procedure rafforzano le esigenze di performatività nel lavoro degli insegnanti. Questa riconfigurazione produce tensioni, interruzioni e picchi di intensità, spesso visti come conflitti con l’orario di lavoro, ma […] si riferiscono anche a questioni più ampie e critiche sulla natura mutevole del lavoro digitale degli insegnanti che si sta affermando in una a scuola mercificata e altamente digitalizzata."
*Anche il registro elettronico è una piattaforma digitale
** L’etnografia delle tracce è un metodo di ricerca che studia le interazioni sociali, culturali e lavorative in ambienti online, analizzando le tracce digitali lasciate dagli utenti. In questo caso specifico, la ricercatrice è andata in profondità ed ha misurato quanto, con chi e perché i docenti oggetto di studio hanno usato la rete per lavoro. Nelle ipotesi della ricerca si è partiti dall’idea che le tecnologie possano modificare ma soprattutto amplificare le richieste di tempo per il lavoro.
Il concetto di performatività, a cui la ricerca fa riferimento, è complesso e riguarda le dinamiche dell’utilizzo del linguaggio e della comunicazione come veicolo dell'attività produttiva. Nell' industria 4.0 la performativita' sembra riguardare solo le macchine; è infatti attraverso il linguaggio e la comunicazione che esse operano e agiscono. Un messaggio, ad esempio, viene inviato da una macchina ad un’altra per attivare un processo sul cui esito riceve a sua volta un segnale e questo avviene ad una velocità che è quasi istantanea. La velocità e la numerosità degli scambi rende efficiente un sistema produttivo realizzato su questo tipo di interazioni. L’essere umano è ovviamente dentro questi processi in ogni sua attività, soprattutto quella imposta dalla condizione lavorativa; tuttavia (e purtroppo) è sottoposto agli stessi criteri costitutivi: velocità in tempo reale e profluvio di comunicazioni. Per gli esseri umani, però, questo processo “performativo” crea non pochi problemi, per due essenziali motivi:
Il processo integra il lavoratore - in questo caso l’insegnante- in una azione comunicativa che si autoalimenta. Perciò si può dire che in molti casi il suo tempo è governato (perfomato) dalla macchina. Visto in questo modo, il concetto di lavoro, come finora lo abbiamo conosciuto, cambia completamente, come viene affermato dalla Prof.ssa Zappalà[2].
Gli studi della ricercatrice e delle docenti dell’università di Göteborg analizzano questo tipo di interazioni nel lavoro docente.
Quello studio si è basato anche sui dati e le riflessioni di autori di altri Paesi, come dimostra la ricca bibliografia di accompagnamento. E’ stato inoltre rilanciato, a sua volta, ottenendo 82 citazioni, in lavori di altri autori -anche se confinati all’ ambito accademico -.
Ogni Paese ha una propria storia educativa e una diversa organizzazione dei curricoli scolastici, tuttavia le problematiche lavorative vissute dai docenti sembrano essere, in questa fase storica, molto simili.
Nell’autunno del 2023, cioè un anno prima che venisse pubblicato l’articolo appena presentato, è emerso prepotentemente - in una segreteria del Cidi Torino - il tema del disagio e lo stress per la mole crescente e dilagante di impegni per la scuola; si tratta di compiti prevalentemente gestionali, organizzativi, di comunicazione, a scapito del lavoro didattico ed educativo. Il confronto è stato successivamente allargato ed anche i Cidi di Napoli e Palermo hanno aderito all’idea di avviare una indagine, tra gli insegnanti delle relative città, sulla qualità e criticità del lavoro docente.
Lo strumento immaginato è stato quello classico dell’indagine statistica, un metodo di analisi diverso, nella preparazione e nell’analisi dei dati, rispetto a quello utilizzato a Göteborg sopra citato.
Consapevoli delle difficoltà e della mole di lavoro, innanzi tutto per la raccolta dei dati, sono stati coinvolti i Forum delle associazioni della scuola, che in maggioranza hanno risposto positivamente.
Con il coordinamento di Gian Carlo Cerruti, già docente dell’Università degli studi di Torino - segno che il rapporto tra scuola e università è possibile -, i CIDI di Torino, Napoli e Palermo hanno stilato un questionario di ben 51 domande tese a tracciare sia il profilo socio-anagrafico dei rispondenti, sia il loro carico di lavoro effettivo a scuola e a casa, sia i motivi di soddisfazione e di stress derivante dall’attività lavorativa. L’indagine era aperta ai docenti di tutti gli ordini di scuola e il questionario è stato distribuito online tra il febbraio e il maggio del 2024. Nel complesso sono state raccolte 1824 risposte (diffuso online, il questionario ha trovato attenzione anche di docenti non appartenenti alle 3 città); ne sono stati utilizzati solo 1292 (927 Torino, 365 Palermo). Il motivo di questa scelta è stata la rappresentatività del campione statico. Solo i dati di Torino e Palermo erano in corrispondenza per alcuni dati socio-anagrafici con l’universo - il numero totale - degli insegnanti delle due città. Il Cidi di Napoli a sua volta ha fornito sotto il profilo qualitativo molti elementi di analisi sulle differenze e somiglianze tra le problematiche rintracciabili nelle altre due situazioni.
Per l’elaborazione statistica dei dati ci si è avvalsi della collaborazione di Davide Roccati.
La scelta del questionario come metodo di indagine ha permesso - e permette - molti possibili approfondimenti (rispetto a quello svedese) data la maggiore quantità dei temi indagati e la mole e l’articolazione del campione: tutti gli ordini di scuola invece che solo la secondaria di 2° grado; un campione numericamente significativo rispetto ai solo 6 insegnanti seguiti analizzando le loro tracce online; diversi temi piuttosto che solo l’orario di lavoro.
Il questionario Cidi infatti era suddiviso in 6 sezioni:
1) caratteristiche socio-anagrafiche degli intervistati;
2) tempo di lavoro: sono stati esplorati molteplici aspetti che strutturano l’orario di lavoro reale degli insegnanti: E’ emerso il grande peso che hanno le ore di lavoro a casa, tanto da sollevare il problema di una nuova identità della professione dell’insegnante;
3) incarichi e funzione docente: si è cercato di tracciare il profilo reale del lavoro dell’insegnante: dai normali compiti didattici in senso stretto, a quelli gestionali e amministrativi, alle supplenze;
4) professionalità: le domande hanno toccato i vari tipi di formazione e il loro impatto sulla qualità della prestazione professionale insieme alle attività ritenute più rilevanti ai fini della crescita professionale;
5) organizzazione dell’istituto: si è sondato il grado di percezione degli insegnanti sull’adeguatezza delle attrezzature, delle strutture scolastiche e di quelle organizzative (organi collegali e sui flussi informativi) per realizzare una didattica innovativa;
6) soddisfazione e stress da lavoro: domande volte a cogliere il grado di soddisfazione degli insegnanti per diversi fattori, i motivi di ansia e le cause di stress, nonché gli elementi incidenti sulla qualità/non qualità del lavoro.
Il lavoro di elaborazione e di analisi dei dati è stato complesso. Solo nella primavera del 2025 abbiamo cominciato a pubblicare online sulle pagine web dei tre Cidi coinvolti, più quella del Cidi nazionale, i report delle prime analisi (recuperabili a questo link) grosso modo corrispondenti alle sezioni del questionario sono:
L’analisi è ben lungi dall’essere terminata, dal momento che altre indagini di approfondimento potrebbero essere svolte; tale processo, tuttavia assume un valore in relazione alle domande che la lettura dei risultati solleva, al dibattito che ne può seguire, alle interpretazioni e agli interlocutori, tra cui speriamo i lettori/lettrici della rivista.
Per favorire il confronto, è stato programmato un incontro di presentazione pubblica attraverso il collegamento contemporaneo online delle tre sedi Cidi che hanno partecipato al lavoro, per il 23 ottobre 2025. E’ previsto l'intervento di diversi interlocutori per supportare il lavoro di riflessione e le possibili prospettive future di approfondimento e analisi.
Immagine a fianco creata con un Generatore di Immagini AI.
[1] Kalliopi Moraiti, Annika Bergviken Rensfeldt, Mona Lundin, “Digital platform work reinforcing performativity: teacher responses to work intensification explored through trace ethnography”; Pubblicato online: 08 Oct 2024. https://doi.org/10.1080/17508487.2024.2409661
[2] Per approfondire questi temi: