La storia e la geografia contemporanee a Gaza stanno affrontando uno snodo che non lascerà il mondo com'era prima. C'è un prima e un dopo il 7 Ottobre '23, sebbene, come molti analisti hanno scritto, ciò che si compie da quel giorno nella striscia sia stato ampiamente preparato nei decenni precedenti. Il governo di Israele, infatti, ha sistematicamente eroso i diritti all'istruzione e alla salute, i diritti economici e urbanistici, i diritti alla mobilità, in sintesi i diritti umani.
Questo processo ha conosciuto delle fasi di rallentamento e accelerazioni, spesso con l'aiuto validissimo delle armi. Sicuramente ne ha fatto le spese la cosiddetta "gente comune", persone che si sono dovute assoggettare alla guerra, ad un regime di vita oppressivo. La tutela internazionale talvolta si è rivelata più formale che sostanziale.
Fino a quel giorno di due anni fa, il processo di guerra all'esistenza dello stato palestinese è stato condotto con strumenti, tempi e modi che, in qualche misura, lasciavano spazio ad un'ipotesi di reversibilità dei processi; adesso, invece, si deve parlare di genocidio. Il termine non ci sembri esagerato, cucito su un passato ormai dato per concluso; l'onestà intellettuale che dovrebbe caratterizzare anche chi insegna a scuola anzitutto colloca questa parola anche in altre congiunture storiche, a partire, nel Novecento, dal genocidio degli Armeni.
Per chi non è ancora convinto, suggeriamo la lettura dell'articolo di Omer Bartov, storico israeliano, sionista, che ha dedicato la sua attività accademica internazionale allo studio del genocidio nazista; a noi lui dice: "sono uno studioso del genocidio, ne riconosco uno quando lo vedo".
L'attuazione del genocidio è stata riconosciuta e denunciata anche da Bt'Salem, organizzazione non governativa israeliana che controlla il rispetto dei diritti nei territori occupati, ed è formata da illustri personalità dell'area giuridica.
Citiamo intenzionalmente due posizioni di area israeliana, per evidenziare come l'approccio da assumere non è quello della polarizzazione tra due parole vuote ("israeliani vs palestinesi"), ma è necessario distinguere tra le politiche governative e le posizione della cittadinanza e del mondo culturale. Per approfondire questo aspetto, e capire quanti danni sta arrecando l'assolutismo di Netanyahu alla sua popolazione, suggeriamo la lettura di "Il suicidio di Israele" di Anna Foa (Laterza, Bari, 2024).
La situazione di vita a Gaza è arrivata al punto di una "non-vita": chi non muore di bombe muore per fame, o per malattia. Le persone più colpite sono bambini e bambine: mutilazioni, privazione di cibo e di farmaci per le cure, assunzione di alimenti deteriorati o cotti in modo improprio.
Tutto accade sotto gli occhi dei paesi del cosiddetto Occidente, quello che, secondo le nuove Indicazioni Nazionali per il Primo Ciclo, è l'unico che "conosce la storia", ma se la storia è maestra, l'Occidente è uno di quegli scolari che molti e molte insegnanti volentieri boccerebbero.
Noi preferiamo riferirci alle Indicazioni ancora vigenti, in cui c'è una frase che muove ogni pensiero e ogni azione culturale: "I bambini sono il nostro futuro e la ragione più profonda per conservare e migliorare la vita comune sul nostro pianeta."
Per questa frase, e per la sua profonda essenza "politica", è necessario che la scuola si muova, come si muove la società civile nelle piazze, nelle università, nelle parrocchie, nelle associazioni per chiedere di fermare il genocidio a Gaza. La politica dei palazzi e delle diplomazie avrà forse i suoi tempi e i suoi spazi, per ottenere quel risultato, ma noi, che nelle classi lavoriamo con bambini e bambine, ragazze e ragazzi esattamente uguali a quelli che muoiono sull'altra sponda del Mediterraneo, vediamo che i tempi e gli spazi sono sempre più stretti.
Fin dall'inizio, inoltre, si è visto che il genocidio a Gaza si è manifestato come scolasticidio: università e scuole bombardate e minate, per cancellare la prima ed essenziale possibilità di futuro, cioè l'istruzione.
Anche questa non è una novità, come si può leggere in una "notizia" pubblicata su questa rivista nel 2014, quando è stato raso al suolo un asilo costruito e gestito sotto la tutela italiana.
Tra le iniziative più significative, quella della FLC-CGIL , che fa parte di Education International, una rete di sindacati della scuola di vari paesi del mondo; assieme a questa rete, promuove un progetto di supporto all'Unione Generale degli Insegnanti Palestinesi: in questi due anni hanno cercato di fare scuola nonostante l'azzeramento degli stipendi, le bombe, la fame.
Informarsi, ascoltando le voci di chi ha competenze alte e lunga conoscenza di luoghi e persone, è necessario, diremmo anche doveroso, se, chi insegna, crede che la propria funzione non sia erogare contenuti, ma costruire pensiero e partecipazione civile. E' necessario anche superare l'emotività che commuove alla vista dei corpi scheletrite dalla fame, per cercare fonti, ascoltare voci, guardare mappe, ricostruire sequenze.
E' necessario sapere per far sapere, per fare scuola.
Noi che abbiamo tempo, e spazio, e una professione intellettuale, abbiamo tutte le condizioni per assolvere al dovere di "rimuovere gli ostacoli" alla comprensione del presente, invaso dal dolore della gente di Gaza. E' un'operazione didatticamente molto complessa, per cui è necessaria una progettazione lucida e accurata: ricerca e selezioni di fonti attendibili, testuali, visuali, anche sonore; linguaggi diversificati ma integrati; costruzione di percorsi laboratoriali che accompagnino, con la giusta gradualità, alla consapevolezza.
Per approfondire la storia di Gaza e della Palestina nel Novecento, per leggere i dati sulla progressiva "mortificazione" di un popolo e della sua terra ("unisci i puntini per riconoscere il mostro", come suggerisce nel suo pezzo Amira Hass), per studiare le mappe di un territorio soggetto ad un'espropriazione lunga decenni, suggeriamo la lettura di "Palestina", della collana "The Passenger" (Iperborea, 2023). Si tratta di un volume miscellaneo, in cui si leggono contributi di esperti ed esperte di vari ambiti scientifici e giornalistici.
Proponiamo inoltre l'intervista a Paola Caridi, in cui riflettiamo ancora sull'importanza di capire le dinamiche reali oltre gli stereotipi e le narrazioni banalizzanti, sul ruolo della vita nonumana per capire le modificazioni nei territori dove la guerra si fa in molti modi, anche le politiche di uso del suolo. Lo spazio di questi ragionamenti è creato dal saggio "Il gelso di Gerusalemme" (Feltrinelli, Milano, 2024) e dal romanzo per adolescenti "Gerusalemme - La storia dell'altro" (Feltrinelli KIDS - 2019).
Suggeriamo anche la lettura di "J'accuse" di Francesca Albanese (Fuori Scena, Milano, 2025), relatrice speciale all'ONU sui territori palestinesi occupati. Albanese è stata oggetto di pesantissimi attacchi personali per aver denunciato, alle Nazioni Unite, gli enormi interessi economici locali e internazionali che ruotano intorno al genocidio di Gaza.
La recensione del libro è stata pubblicata su questa rivista a firma di Annamaria Palmieri.
Costruire un percorso didattico sul conflitto Israele - Palestina è operazione complessa, come (e più...) di ogni altra iniziativa sui cosiddetti "temi sensibili". La complessità è dovuta alla delicatezza particolare dell'equilibrio tra la vita curricolare e la sensibilità personale, sapere ed essere, metodi e contenuti. Scuola e cittadinanza. Proprio perchè la scuola è lo spazio pubblico in cui si struttura il rapporto con la cultura e le culture, quindi, portare "Gaza in classe" e "la classe a Gaza" è imprescindibile, altrimenti si continuerà a far crescere, magari anche in buona fede, un analfabetismo civico tanto pericoloso quanto nascosto.
Per costruire un percorso didattico nelle classi delle scuole secondarie di secondo grado, è molto utile la pagina dell'ISPI del 6 /12/2023 in cui ottime mappe tematiche e infografiche consentono di visualizzare i dati e le fasi del conflitto attraverso le modifiche degli assetti amministrativi del territorio.
Per la fascia dei dodici - tredici anni, l'approccio alla questione potrebbe partire da una microstoria, magari raccontata con un linguaggio narrativo e con protagonisti adolescenti, agevolando così l'immedesimazione, l'empatia.
Oltre al libro di cui si è discusso nell'intervista sopra citata, segnaliamo anche "Sulla mia terra" di F. Mannocchi (De Agostini, 2024); anche in questo libro, protagonista è il confine, gli spazi contesi e un senso di "appartenenza" molto controverso.
In allegato, proponiamo una proposta didattica, elaborata da Mena Pisciotta, sulla storia della Palestina.
Segnaliamo, infine, una pubblicazione collettiva, che raccoglie spunti didattici per far eseguire i canti tradizionali palestinesi in classe (per la scuola secondaria di primo grado).