La società del Novecento, con le sue strutture di progresso civile e democratico che ci sembravano in sviluppo costanti, si stanno liquefacendo, come i ghiacciai che si sciolgono a causa del riscaldamento globale, aumentando il livello di un discorso pubblico caotico e sostanzialmente privo di contenuti che interessino realmente le persone, così da coprire del tutto la richiesta di aiuto da parte di chi, fuori dai palcoscenici mediatici, cerca ogni giorno di sopravvivere, su una barca o in una periferia urbana.

Eppure, tant* giovani (e meno giovani) hanno la forza di riunirsi per protestare apertamente "per" qualcosa: la pace e il riconoscimenti dei diritti civili, i diritti delle donne, la giustizia climatica e ambientale. 

Allora... la società esiste ancora? Quale ruolo hanno i movimenti culturali "dal basso"? Quale ruolo deve assumere il sistema di educazione ed istruzione che, a differenza degli altri movimenti, ha la specifica caratteristica di essere "funzione pubblica"? L'associazionismo professionale, di cui il C.I.D.I. rappresenta un esempio di durata nel tempo e attraverso le varie politiche scolastiche, è un esempio di "comunità r-esistente". 

Per ragionare su questo, nello spazio di insegnare si sono incontrate, Giorgia Serughetti, ricercatrice dell'Università di Milano Bicocca, con alcune voci della scuola attiva: Marilena Nobis (Pescara, liceo classico), Ruggero Policastro (Firenze, istituto tecnico e professionale), Antonella Tredicine (Roma, scuola secondaria di primo grado).  Con l'intervento di apertura di Valentina Chinnici (presidente nazionale) e il coordinamento generale di M. Gloria Calì (direttrice della rivista), si è riflettuto sul ruolo della scuola per dare spazio ad un dimensione di insegnamento/apprendimento che riesca a rifondare il senso di giustizia e la fiducia nella dimensione collettiva dell'esistenza. 

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