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fuori dai dentiopinioni a confronto

15/12/2024

Bologna ... e dintorni

di Lorenza Pelagatti
La capacità di leggere e comprendere la realtà e la partecipazione attiva alla vita comunitaria sono tra gli scopi istituzionali della scuola, come è scritto nei profili di uscita delle scuole secondarie di secondo grado, tratto conclusivo del percorso scolare. Anche per questo, forse, l'attuale indirizzo  politico vuole ridurre la loro durata di un anno: lasciare meno tempo alla scuola di fare il proprio lavoro significa mortificare ulteriormente la formazione di quello spirito critico. 
Una linea coerente unisce i provvedimenti sul "comportamento" e la repressione del dissenso giovanile che si è manifestato in molte occasioni, durante l'anno, nelle piazze cittadine: ridurre al silenzio la protesta, per alimentare una narrazione in cui tutto va bene, e chi smentisce è un criminale. 
Il contributo che segue è una netta presa di posizione che chiarisce come le repressioni siano una contro-pedagogia pubblica. 

 

Le vicende seguite ai fatti di Bologna del 9 Novembre scorso meritano secondo me alcune riflessioni.

Il Sindaco della città Matteo Lepore in riferimento alla manifestazione di quel giorno e agli scontri che si sono verificati tra gli antagonisti, i centri sociali e le forze dell’ordine ha dichiarato: "Io mi chiedo, come sia possibile ancora una volta che Bologna non venga rispettata: domani ci sarà la presidente Meloni in città, insieme a vari esponenti di Governo. Io voglio dire che ci hanno mandato trecento camicie nere, noi invece vorremmo ancora i fondi per l’alluvione, per le infrastrutture, per le forze dell’ordine che servono per il diritto alla sicurezza nella nostra città. I fondi per la sanità. Il diritto alla casa".

Il  9 novembre doveva essere l’ultimo giorno di campagna elettorale è si è lasciato spazio alla manifestazione di CasaPound un movimento politico di estrema destra e di matrice neofascista, nonché populista, a pochi passi dalla stazione di Bologna. Una vera beffe se si pensa alla storia recente della città e alla terribile e sconvolgente strage del 2 Agosto del 1980 e quindi alla ferità ancora aperta e sanguinante per tutta la comunità.
La stessa mattina del nove Novembre l’Anpi ha organizzato un presidio in Piazza Nettuno davanti al sacrario dei partigiani a cui hanno partecipato i leader di PD e di AVS, Elly  Schlein e Nicola Frattoianni più alcuni esponenti del M5S.
Nel pomeriggio è poi partita la manifestazione di CsaPound, oggetto d’insulti da parte dei cittadini bolognesi che si e fermata solo dietro agli scudi della polizia in tenuta antisommossa davanti alla stazione centrale. Nel frattempo si era radunato un grande numero di persone che ha intonato il famoso  canto partigiano,  “Bella Ciao”, a cui si è aggiunto il corteo degli studenti che quando ha provato ad avvicinarsi alla stazione si è scontrato con la polizia.

Facciamo però un passo indietro, come il Sindaco Matteo Lepore ha più volte chiarito in diverse interviste, si era riunito prima del 9 un Comitato di Ordine Pubblica a cui avevano partecipato il Prefetto, il Sindaco e il Vicequestore che erano stati tutti d’accordo sul fatto che la manifestazione non si dovesse svolgere in piazza XX Settembre anche perché avrebbe rappresentato  un problema di ordine pubblico che avrebbe potuto mettere a rischio l’incolumità di numerose persone.
Per questi motivi Lepore dichiara: "credo sia grave che chi ha la responsabilità dell’ordine pubblico abbia permesso a 300 persone, vestite con le camicie nere di sfilare di fronte alla stazione". 
Come il Sindaco e il Comitato di Ordine Pubblico avevano previsto si sono verificati degli scontri tra CausaPound e il corteo antagonista.mQuali siano state le reazioni dei ministri e del Presidente lo possiamo facilmente immaginare!
Il ministro dei trasporti Matteo Salvini ha definito “zecche rosse” gli antagonisti e ha aggiunto anche “delinquenti comunisti”. La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni non è arrivata a tanto, ma ha colpevolizzato gli antagonisti e gli studenti, definendoli unici responsabili degli scontri e del ferimento dei 3 agenti durante gli scontri tra il corteo antagonista e le forze dell’ordine.

Mi chiedo come può essere definito un ministro che usa questo linguaggio? Come può essere definita la Presidente del Consiglio che fa dichiarazioni, non in quanto rappresentante del governo, ma di una sola parte politica?

E’ chiaro oramai a tutti che questo governo vuole portare avanti una linea politica, simile alla vecchia strategia della tensione dei non lontani anni 70. Si vuole buttare benzina sul fuoco, radicalizzare gli scontri e soprattutto criminalizzare la sinistra radicale, ma non solo: direi tutta la sinistra, per giustificare l’uso della forza che viene impiegata, però nei confronti di una sola parte della piazza e quindi della società.
Il “capo” di CasaPound” di fronte al cordone della polizia ha dato “l’ordine” alla polizia stessa di abbassare gli scudi, ordini a cui i poliziotti hanno incredibilmente ubbidito.
Alcuni esponenti politici hanno giustificato la polizia come se l’abbassare gli scudi avesse rappresentato un tentativo di mediazione con CasaPound. C’è da chiedersi perché questa tolleranza viene mostrata sempre e solo con organizzazioni dell’estrema destra e dichiaratamente neofasciste?

Non si può tollerare oltre, il disegno è chiaro la destra, ma non quella cosiddetta eversiva bensì quella istituzionale, vuole avere l’egemonia senza il minimo rispetto delle opposizioni, nelle piazze e nel panorama culturale, utilizzando la diffamazione, la forza e la violenza fisica e verbale nei confronti della sinistra e non solo ma di chiunque le sia d’intralcio per diversità di valori e opinioni.

Credo sia necessario esprimere una posizione netta da parte dei sindacati, partiti, associazioni, e tutti i sinceri democratici e antifascisti nei confronti di questi episodi e della sequela di avvenimenti che si sono succeduti negli ultimi mesi.
In particolare nei confronti della criminalizzazione del movimento studentesco per le sue posizioni nette nei confronti della guerra contro la Palestina e che appare il bersaglio più facile e fragile, proprio perché libero e svincolato dalle forze politiche.

La criminalizzazione del movimento studentesco è fatta ad arte per non dare voce al dissenso politico degli studenti che lottano per una scuola inclusiva e non asservita alle logiche del mercato e della guerra e soprattutto, attenta, ai bisogni di chi la vive.
E’ in atto il tentativo di far tacere la voce degli studenti che vogliono pensare con le loro teste e hanno scavalcato a sinistra gli stessi professori che invece sembrano, ormai indifferenti, e non si occupano di ciò che avviene nella società, perché ritengono che a scuola non si deve fare politica, come se ogni atto educativo, pensiero, comportamento non fosse politica.
Penso che si devono cercare e trovare urgentemente spazi di dialogo confronto e collaborazione con gli studenti nuova linfa per la scuola nel suo complesso.

A questo punto mi aspetto una domanda dai miei pazienti lettori. E la violenza? Come la mettiamo con la violenza delle nuove generazioni? Domanda legittima ma se si fa un’analisi sistemica della realtà emerge che la violenza di giovani è anche espressione di una violenza diffusa in tutti gli strati della società e non dobbiamo scomodare di certo lo scenario internazionale, ma basta rivolgere lo sguardo nelle famiglie, nelle scuole, negli ospedali, nello sport e via dicendo. Ritengo però che, rispetto alla violenza, il dovere della politica dovrebbe essere di in qualche modo “alfabetizzarla”, approcciandosi ad essa come ad un “discorso” sgrammaticato da correggere, ma non da zittire.

Lo scontro tra giovani e adulti fa parte della storia di tutte le generazioni ma laddove manca la dialettica tra generazioni, laddove manca l’ascolto, la violenza prende il posto delle parole non dette. Rispetto al disegno violento e criminalizzante del governo Meloni, occorre una condanna immediata per difendere la nostra libertà di espressione e di parola, come anche quella di manifestare che verrà limitata con il nuovo DDL sulla sicurezza in approvazione e contro cui bisogna lottare con tutti gli strumenti a disposizione.

Direi che è in gioco la nostra stessa vita perché vogliono toglierci la nostra stessa identità e non si può a questo punto non citare Gramsci con la sua famosa frase “Odio gli indifferenti, vivere significa partecipare” e quindi indigniamoci per noi, per tutti, per orgoglio.

Scrive...

Lorenza Pelagatti Doente di lettere nella scuola media, membro del direttivo del CIDI di Pescara

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