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08/07/2024

G7, OCSE e Unione europea: una visione dell’Istruzione subordinata ai bisogni dei mercati

di Carlo Palumbo

Perché un G7 sull’Istruzione?

Si è svolto a Trieste, dal 27 al 29 giugno 2024, il G7 dei Ministri dell’Istruzione dei governi aderenti: l’Italia, paese ospitante, gli Stati Uniti, il Canada, la Gran Bretagna, il Giappone, la Germania e la Francia. Sono stati invitati la Commissaria europea all’Istruzione, i ministri dell’Istruzione di Ucraina e Brasile, i vertici dell’Unione Africana e delle principali Organizzazioni Internazionali competenti in materia, OCSE, UNESCO, UNICEF, Global Partnership for Education, in totale 24 delegazioni. Il rappresentante ucraino è presente per sottolineare la centralità che il G7 assegna al conflitto in corso e il sostegno al paese aggredito; il Brasile sarà invece l’organizzatore del prossimo G20, che si svolgerà nel novembre 2024.
Il G7 è un forum informale nato nel 1975 per discutere di cooperazione economica e finanziaria dopo la crisi energetica del 1973. Dal 1998, all’incontro dei Capi di Stato e di Governo, si accompagnano riunioni a livello ministeriale sui temi che la Presidenza di turno, quest’anno è toccata all’Italia, sceglie tra quelli all’attenzione internazionale; nel 2024 sono previsti complessivamente 20 riunioni ministeriali. Pertanto non deve stupire l’attenzione dedicata all’Istruzione. Il Vertice del G7 e gli incontri specifici si concludono con l’adozione di comunicati che definiscono gli impegni politici assunti nel corso dei lavori. Considerando il peso economico e politico di questi Paesi, si tratta di indicazioni che hanno una certa influenza sul piano internazionale.

Come già la riunione dei leader a Savelletri, anche l’incontro di Trieste ha ricevuto una forte attenzione mediatica. In Puglia era stata la presidente del Consiglio Meloni a ricercare visibilità e riconoscimento in un consesso che sanciva l’uscita della sua forza politica da una condizione di minorità a cui la destra radicale italiana era stata obbligata; a Trieste è invece il ministro Valditara che si è costruito una vetrina ottimale per affermare se stesso all’interno e al di fuori dei confini nazionali. 
L’agenda dei lavori definita dalla Presidenza italiana prevedeva due sessioni, ognuna dedicata ad una priorità politica. La prima era centrata sulla “Valorizzazione dei talenti di ciascuno”, per promuovere le competenze fondamentali, anche con una maggiore personalizzazione degli apprendimenti, e il contrasto all’abbandono precoce, oltre a sostenere tutti gli studenti nel raggiungimento del pieno potenziale di ciascuno.

La seconda sessione si è concentrata sui modi per sviluppare l’istruzione innovativa, capace di ridurre il divario tra domanda e offerta di competenze nel mercato del lavoro e di rispondere alle nuove sfide poste dalle transizioni verde e digitale. In particolare, si tratta di promuovere alleanze più forti tra gli istituti di istruzione tecnico-professionale e gli ITS con il settore privato.

Il ministro Valditara

Nell’intervento introduttivo, il ministro Valditara è stato esplicito: “Insieme, dobbiamo ripensare la missione dell’istruzione, promuovendo sistemi che facilitino lo sviluppo del potenziale di ciascuno, senza lasciare indietro nessuno, anche attraverso nuovi percorsi tecnici e professionali, per la piena realizzazione di ogni persona nella prospettiva di un’adeguata integrazione nella società e nel mercato del lavoro”. Non si tratta di un orientamento particolarmente originale, infatti è stato sviluppato, a partire dagli anni Settanta, nei principali documenti dell’OCSE e poi, dagli anni Novanta, dell’Unione europea. Ha poi precisato: “Dobbiamo riformare il percorso dell'istruzione tecnico-professionale per garantire opportunità coerenti con i talenti e le potenzialità dei nostri giovani”, riferendosi anche a modelli internazionali come quelli di Germania, Giappone e Stati Uniti. Particolare importanza è stata dedicata all’utilizzo responsabile dell’intelligenza artificiale in ambito educativo e al ruolo delle discipline STEM per ridurre le disparità di genere. Tra gli obiettivi più politici la necessità di un piano globale per l’istruzione in Africa e il sostegno alla ricostruzione del sistema educativo in Ucraina.

E sugli insegnanti: “La valorizzazione dei docenti deve arrivare non solo attraverso un incremento salariale, ma restituendo loro l’importanza sociale che meritano. I docenti, considerati il pilastro della scuola, svolgono il lavoro più importante poiché formano il futuro dei giovani. È fondamentale convincere la società dell’importanza centrale del ruolo degli insegnanti, che deve essere adeguatamente valorizzato e difeso.” Ci piacerebbe sapere come il Ministro intende convincere la società di tale centralità, perchè, secondo noi, l’unico vero problema è convincere il governo della centralità di chi apprende, giacchè la qualità dell’insegnamento non si ottiene per “convincimento”, ma per la qualità dell’apprendimento che l’insegnamento stesso persegue.

Alcuni dei temi affrontati, in particolare quello delle pari opportunità delle ragazze e quello dello sviluppo di sistemi educativi inclusivi, saranno sviluppati nei prossimi incontri ministeriali di ottobre, sempre nell’ambito del G7 2024, a Matera e a Pescara, dedicati rispettivamente alle Pari opportunità e allo Sviluppo.

Due le metafore intensamente poetiche che il Ministro ha utilizzato nel corso del suo intervento introduttivo: “Sono profondamente convinto che ogni giovane studente sia come una lampada ad olio che aspetta solo il fuoco per accendersi. La scuola innovativa deve essere quel fuoco”. E poi ha concluso:La scuola è come le fondamenta di un grattacielo che va verso il cielo: così le nostre società aspirano al progresso e sono le scuole che lo consentono”. Anche in questo caso, vorremmo sommessamente ricordare al Ministro che la scuola non sta “sotto” la società, ma ne è organo che continuamente la genera, e che nessun alunno dovrebbe essere "arso" dalla scuola, ma, casomai, nutrito e liberato da tutti i condizionamenti e da tutti gli egoismi. Ma forse, Piero Calamandrei e Teresa Mattei, che hanno dichiaratamente assegnato alla Repubblica il compito di istruire cittadini e cittadine secondo equità e giustizia culturale, sono considerati troppo scarsamente “innovativi”.

Il comunicato conclusivo

Al termine dei tre giorni di incontri, i ministri responsabili dell’Istruzione hanno rilasciato una dichiarazione congiunta di 22 paragrafi raccolti in un Preambolo, in tre capitoli: “Valorizzare il talento di tutti”, “Formazione innovativa e nuove competenze per il futuro”, “Cooperazione internazionale”, e una conclusione, “La strada avanti”, dove sono ripresi e sviluppati i temi proposti nella relazione introduttiva di Valditara.
L’istruzione di qualità è considerata fondamentale per ridurre l’impatto delle crisi attuali (conflitti, crisi economica, cambiamento climatico). Essa avrebbe il compito di garantire società sostenibili e individui resilienti. L’istruzione è considerata un diritto universale, pertanto i ministri si impegnano a sostenere la ricostruzione delle scuole dell’Ucraina danneggiate dalla guerra e l’accesso all’istruzione delle persone colpite da tutti i conflitti, in primo luogo ragazze, donne e persone con disabilità. Si confermano gli obiettivi dell’Agenda ONU 2030, in particolare l’SDG4 dedicato all’Istruzione, e le priorità politiche individuate dalla Presidenza italiana.
Un ruolo essenziale è assegnato alla diffusione delle tecnologie digitali, con attenzione all’intelligenza artificiale e all’intelligenza artificiale generativa, che dovranno essere attentamente progettate per migliorare opportunità di apprendimento inclusive e personalizzate. Dovranno essere rafforzare le competenze digitali di studenti, insegnanti, dirigenti scolastici ed educatori, tenendo conto delle esigenze di privacy e sicurezza. In questa visione, l’innovazione nell’istruzione si identifica con l’introduzione delle nuove tecnologie, percorso già ampiamente avviato da molti lustri, e di cui non abbiamo visto una ricaduta  sostanziale e generalizzata  sulla qualità degli apprendimenti.
L’istruzione avrà il compito di sviluppare quelle competenze utili per far incontrare domanda e offerta nel mercato del lavoro. Si dovranno promuovere relazioni e collaborazioni più strette tra scuole, istituti di formazione professionale, università e industria.  Il settore privato dovrà collaborare a rafforzare i sistemi e le politiche di istruzione e formazione tecnica e professionale.

Il comunicato si conclude con l’appello a ritrovarsi in Brasile, in ottobre, quando, in occasione del summit del G20, si incontreranno di nuovo i ministri dell’Istruzione dei paesi partecipanti nell’Incontro Globale sull’Educazione organizzato dall’UNESCO.

Il passato e il presente del G7

Il G7 a presidenza italiana si è svolto sotto l’influenza delle due crisi belliche in corso, le guerre in Ucraina e a Gaza. Si tratta però solo degli aspetti più appariscenti di un confitto generale che oppone attualmente le maggiori potenze occidentali a quelle del Sud globale, una guerra commerciale e finanziaria che sta mettendo in discussione la recente seconda globalizzazione.
L’incontro che si è svolto in Puglia dal 13 al 15 giugno scorso ha messo insieme leader in gran parte indeboliti o in procinto di lasciare il potere. A pochi giorni dalla conclusione del Forum, il Presidente Macron ha convocato elezioni che hanno ridiscusso le maggioranze di governo; il Capo del Governo inglese, Sunak, ha appena perso le elezioni a favore dei laburisti; il Presidente americano Biden è dato perdente nel confronto con l’avversario repubblicano e, anzi, gli si chiede un "passo indietro"; Scholz in Germania e Trudeau in Canada sono in difficoltà di fronte al proprio elettorato. Solo il Governo Meloni sembra essersi rafforzato dopo le recenti elezioni europee.
A questo aspetto congiunturale, si aggiunge però la principale ragione dell’indebolimento del ruolo del G7 a livello globale. Se nel 1990 raccoglieva le principali potenze economiche, col 66% della ricchezza mondiale espressa in termini di P.I.L., oggi il peso di queste economie raggiunge solo il 43% del totale e il 27% del commercio mondiale. Nel frattempo sono emerse nuove potenze economiche: la Cina, l’India, il Brasile. E al G7 si contrappone apertamente il Gruppo dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica), guidato dalla Cina e allargatosi da quest’anno ad altri cinque paesi, che rappresenta oggi il 36% del PIL globale. Il calo del ruolo del G7 è apparso evidente dopo la crisi del 2007-2008, quando è stato di fatto sostituito dall’azione del G20, in cui sono presenti anche i paesi del "Sud Globalepiù sviluppati, che meglio rappresenta la realtà economica mondiale attuale. Per questo motivo, al G7 sono stati invitati anche numerosi capi di governo africani, oltre ad altri paesi non occidentali, rappresentati a vario titolo.

L’egemonia declinante degli Stati Uniti e i suoi strumenti: l’OCSE e la NATO

Quello che oggi appare con più evidenza agli occhi del mondo intero è il blocco di interessi rappresentato dal G7. I paesi che lo compongono si propongono come guida del cosiddetto “mondo occidentale”, inteso non in senso geografico, ma politico-ideologico, autodenominato anche “mondo libero”. Il G7 è formato dai paesi economicamente più sviluppati e potenti, uniti da una visione comune fondata sulla difesa del libero mercato, della globalizzazione economica e finanziaria, della democrazia liberale e dei diritti umani. In realtà, si tratta di valori di massima, che possono essere violati quando l’interesse del momento richiede di sostenere una dittatura, anche la più disumana e lontana dagli ideali di libertà e di democrazia; la libertà di mercato può essere messa in discussione se non è più conveniente per gli interessi dei paesi più ricchi, si veda l’introduzione di dazi commerciali americani ed europei contro la concorrenza della Cina. Quanto ai diritti umani, tutta la storia degli ultimi secoli dimostra che essi sono messi in discussione quando costituiscono un ostacolo per chi detiene il potere e la forza, sia in Europa che in America. Ipocrisia, cupidigia, arroganza: sono i principali peccati dell’Occidente visto dal resto del Mondo.

Questo mondo sviluppato, ricco e genericamente definibile come "democratico", si ritrova oggi all’interno dell’OCSE-OECE. I paesi aderenti sono attualmente 38, con una popolazione di un miliardo di persone, mentre il cosiddetto "Sud Globale" rappresenta gli altri sette miliardi. Sono Paesi ad economia di mercato, che vedono negli Stati Uniti la potenza egemone, non solo sul piano economico e politico, ma, soprattutto, militare. Infatti, se l’OCSE costituisce la proiezione internazionale americana sul piano economico e finanziario, la NATO, che riunisce attualmente 32 Paesi, di cui 24 membri dell’Unione Europea, svolge la stessa funzione sul piano militare. Si pensi che attualmente le spese militari dei paesi NATO rappresentano il  55% del totale della spesa militare nel mondo. Gli Stati Uniti coprono il 38 % di questa spesa, seguono la Cina col 14%, l’India col 3,6%, il Regno Unito col 3,2%, la Russia col 3,1% (Fonte SIPRI 2023).

In una realtà internazionale caratterizzata sempre più da conflitti, non solo virtuali o potenziali, ma reali e ad alta intensità, la contrapposizione anche militare tra il nostro “Occidente” e il resto del mondo si fa sempre più concreta. La comunicazione pubblica che caratterizza il nostro paese è asfittica, provinciale, assai poco libera e democratica, come evidenziato dalle indagini internazionali sulla libertà di stampa. I cittadini rischiano di non comprendere le tendenze di fondo che orientano i comportamenti dei differenti soggetti nazionali e internazionali. E fatti che andrebbero messi al centro del confronto pubblico avvengono invece nel silenzio e nell’indifferenza dei principali mezzi di comunicazione.

Mentre erano in preparazione gli incontri italiani del G7, all’inizio di giugno, una squadra navale della Marina militare italiana partiva dai nostri porti per raggiungere il settore indo-pacifico. La portaerei Cavour, attuale ammiraglia della nostra flotta, è affiancata dalla fregata FREMM Alpino e da un pattugliatore d’altura, con diciotto cacciabombardieri di vario tipo e altri aerei specializzati. Partecipano alle operazioni un contingente del San Marco e 400 militari dell’Aeronautica militare. Dopo differenti collaborazioni nel corso del viaggio verso Oriente, il gruppo aeronavale parteciperà ad un’operazione militare internazionale in Australia, a Darwin, tra il 12 luglio e il 2 agosto, sotto il comando dell’aeronautica militare australiana. Il nemico potenziale sarà ovviamente la Cina.

L’opinione pubblica italiana è consapevole di tutto questo?

Conclusioni

Le indicazioni politiche proposte nel summit interministeriale dal nostro Ministro Valditara sono state sostanzialmente riprese nel comunicato finale e hanno trovato l’accordo degli altri sei paesi partecipanti, dimostrando come le politiche sull’Istruzione del nostro Governo non siano isolate, ma rappresentino il pensiero comune dei paesi partecipanti. L’entusiasmo del Ministro sulla promozione del “merito” e dei “talenti” appare come quello di un neofita che mette un po’ forzatamente al centro del dibattito italiano temi che provengono dalla tradizione culturale ed educativa anglosassone. La critica a questa visione assai cara al pensiero neoliberista è stata proposta con chiarezza da Michael Sandel ne La tirannia del merito. Perché viviamo in una società di vincitori e vinti, (2020) per quanto riguarda la realtà americana; mentre Sahra Wagenknecht, Contro la sinistra neoliberale (2021), affronta il caso europeo con una critica alle “terze vie” che si sono imposte a partire dagli anni Novanta.

Assai più seria, tuttavia, come abbiamo accennato sopra, è la volontà di rimettere in discussione, dove già non sia stato fatto, la stessa missione assegnata all’Istruzione dalle nostre carte costituzionali. Subordinare la scuola ai bisogni delle aziende e del mercato è un obiettivo che già negli anni Settanta era avanzato nei documenti dell’OCSE, posizioni riprese con la mediazione dell’European Round Table Industrialists dall’Unione europea con Edith Cresson. Questa visione riduttiva e strumentale dell’Istruzione si è contrapposta a quella umanistica che contemporaneamente era affermata nei documenti dell’UNESCO [1]. 

Le politiche dell’attuale governo su scuola e lavoro non sono nuove. Tutt’altro. Esse risalgono almeno al 2001, col secondo governo Berlusconi, e per quanto riguarda la scuola, al ministro Moratti. A partire da quel momento, la cultura della nuova destra si è imposta sui temi dell’istruzione, penetrando anche tra i partiti di opposizione, e generando quella scuola che si allontana progressivamente dagli scopi per cui è stata concepita: una funzione pubblica, determinante per costruire condizioni di equità, di rimozione degli ostacoli allo sviluppo umano complessivo degli studenti e delle studentesse.

 

Note

[1] E’ un dibattito che abbiamo approfondito nel volume La scuola e il lavoro, prodotto dal CIDI Torino nel 2023; la presentazione nello spazio di insegnare ha avuto luogo il 7 Maggio e il video si può rivedere a questo link

Parole chiave: scuola e società

Scrive...

Carlo Palumbo Ha insegnato al Primo Liceo Artistico di Torino, pubblicista e autore di ricerche e progetti didattici anche nazionali, svolge attività di formatore e aggiornatore in progetti del CIDI, con particolare attenzione alla storia del Novecento,

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