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fuori dai dentiscuola e cittadinanza

05/05/2024

Signor Ministro

di Caterina Gammaldi

...non siamo "contestatori e polemisti di professione".
Siamo insegnanti riflessivi e, in quanto tali, teniamo alla scuola del nostro paese e ai nostri studenti e alle nostre studentesse. 

Nel corso degli anni ci siamo sempre interrogati sulle scelte legislative che si andavano compiendo, perché da esse discendono le scelte metodologico - didattiche che dobbiamo  compiere per garantire competenze linguistiche, storiche, scientifiche ...,  competenze culturali  di cittadinanza per tutt*, non un* di meno. 
Stagioni decisamente complesse, a causa anche di cambiamenti nella società rapidi e contraddittori, vissuti nella consapevolezza che dalle scelte della scuola, dove bambine, bambini e adolescenti fanno esperienza di apprendimento, dipende lo sviluppo di un Paese. 

Alla scuola istituzione della Repubblica, come lei sa, è affidato il futuro. 

Abbiamo attraversato le stagioni dei programmi, dei piani di studio personalizzati, dei curricoli ...convinti come siamo del valore della conoscenza e dei diritti, in primis quello di istruzione, a fondamento dell'accesso a tutti gli altri diritti costituzionali. 
Se si investe in conoscenza si è più consapevoli come singoli e come collettività. 

Siamo convinti  che dalla riflessione attenta del nostro tempo che irrompe nella vita di tutti noi, può  dipendere di tanto  in tanto l'esigenza di manutenzione e di revisione dei documenti di riferimento per la comunità professionale. Sappiamo che cinque anni possono  essere considerati, di norma, un arco temporale giusto per procedere a integrazioni e modifiche , ma siamo anche  decisamente contrari a scelte fatte da una parte politica senza un confronto effettivo con il mondo tutto della cultura, della scuola, dei soggetti che la rappresentano.
Il  paese non appartiene al governo: la cultura della scuola non è  di proprietà di una parte politica. 

Nel caso specifico ci permettiamo di sottolineare che la stesura dei Programmi, prima, e delle Indicazioni per il curricolo, poi, che nel tempo si sono succedute,  sono il risultato di Commissioni e audizioni di uomini e donne con storie e appartenenze culturali  diverse, così come accadde nella Commissione dei 75 incaricata di predisporre il testo costituzionale, a garanzia del pluralismo culturale che la scuola-istituzione impone.
La ricchezza delle argomentazioni della cultura cattolica, liberale e comunista risuona ancora nei resoconti disponibili sui siti parlamentari, di cui intendiamo sottolineare proprio la ricchezza delle argomentazioni che portò alla stesura degli articoli che nello specifico riguardano la scuola e da cui, nel tempo, ha preso vita tutta la legislazione scolastica. 

In particolare, le Indicazioni nazionali del 2012 per la scuola dell'infanzia e per il primo ciclo e sottoposte a "revisione" per iniziativa del Comitato scientifico nazionale nel 2018 rappresentano ancora una scelta culturale coerente con i cambiamenti intervenuti nella società e un sicuro riferimento per chi deve utilizzarle per la progettazione dei percorsi di insegnamento -  apprendimento. 
Gli epistemi disciplinari a cui si fa riferimento in quel testo, i riferimenti al paradigma della complessità del nostro tempo sono ancora il meglio della ricerca disciplinare e pedagogica. Sono il risultato di chi ha creduto in una costruzione didattico-pedagogica condivisa.   

Se di manutenzione occorre parlare forse sarebbe corretto chiedersi se le scelte del primo e del secondo ciclo siano davvero coerenti con gli orientamenti europei  che ispirarono le scelte alla Raccomandazione del 2006 dopo quelle fornite dalla Commissione e dal Parlamento europeo nel 2018, che quardano al profilo di competenza degli adulti.
A meno che lei non pensi che la deriva identitaria che si coglie negli scritti di alcuni esperti a lei vicini, nonchè gli indirizzi culturali retrogradi incarnati dalle leggi sull'introduzione delle modifiche al voto di condotta e alla valutazione degli apprendimenti, di figure come tutor e orientatori, di percorsi di istruzione superiore quadriennale  possano risolvere nella personalizzazione, a colpi di maggiornanza, problemi educativi di più ampia portata sociale. 

Lo diciamo da sempre: la cura dei contesti permette ai processi, in particolare quello di insegnamento - apprendimento, di evolvere, rispondendo al bisogno di costruire un Paese forte e coeso, sicuro; chè non c'è forza nè sicurezza senza il "pieno sviluppo della persona umana", senza quelle compentenze culturali di cittadinanza che la scuola coltiva attraverso un sapere attivo e condiviso, attraverso la convivialità delle differenze che la realtà contemporanea ci offre come ricchezza. 

C'è ancora molto lavoro da fare, signor Ministro. Non è una Commissione di studiosi estranei al mondo della scuola che può prendersi cura degli insegnanti e degli studenti.

Scrive...

Caterina Gammaldi A lungo docente di scuola media; già componente del CSPI

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