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14/12/2025

Verso un nuovo impianto normativo: la sfida della semplificazione nella scuola del presente

di Franca Rossi

Con l’approvazione, il 9 ottobre 2023, del Disegno di legge A.C. 2393 recante “Delega al Governo per la semplificazione dei procedimenti amministrativi e per la riforma della disciplina in materia di organizzazione delle pubbliche amministrazioni e in particolare con l’art.15 dedicato all’Istruzione, si apre per la scuola una stagione di riflessione profonda e di riorganizzazione normativa.

Una sfida grandissima, un passaggio cruciale, non si tratta solo di un mero esercizio legislativo, ma di un’opera di ridefinizione strutturale e culturale della scuola. La scuola di oggi si presenta come un sistema caratterizzato da una stratificazione normativa, frutto di continui interventi non sempre, nel tempo, coerenti fra loro. Il testo unico della scuola (DLGS. 297/1994) rappresenta ancora oggi, un punto di riferimento per l’organizzazione del sistema scolastico italiano. Sono passati trenta anni dalla sua emanazione, e il contesto sociale e normativo è profondamente cambiato. Molte di queste evoluzioni sono state il frutto di normative successive, non organicamente inserite nel Testo Unico, che hanno generato frammentazione normativa e talvolta incertezza applicativa. In ragione di ciò, una attenta revisione normativa deve configurarsi come un atto di cura e un’opportunità per rafforzare la centralità della scuola pubblica del nostro paese e rappresentare uno strumento essenziale per rendere più efficienti i processi e perseguire con efficacia le finalità istituzionali. Va aggiunto che, una semplificazione normativa ben orientata, può alleggerire il carico burocratico (le cosiddette “molestie burocratiche”, come spesso sono definite dalle organizzazioni dei dirigenti scolastici), restituendo centralità alla funzione educativa. Allo stesso tempo, ridurre e razionalizzare le procedure burocratiche, potrebbe far sentire la scuola libera da una sensazione di affanno, da cui si sente spesso attanagliato tutto il personale della scuola e che poco ha a che fare con il necessario benessere che bisognerebbe respirare in un contesto educativo e formativo, laddove una semplificazione normativa e burocratica potrebbe dare nuova linfa al sistema scolastico, riconsegnando a ciascun ruolo le responsabilità e le prerogative che gli competono.  E’, dunque, la semplificazione, un principio che non svuota, ma struttura; non appiattisce, ma rende leggibile e funzionale le necessarie azioni al servizio della collettività e per il raggiungimento degli obiettivi istituzionali che sono propri della Scuola.  

Rimane altresì fondamentale tenere conto della natura peculiare dell’Istituzione Scolastica del nostro paese, che la ricerca sull’analisi dei modelli organizzativi ha da tempo descritto come “sistema a legami deboli”, caratterizzato da equilibri delicati e relazioni multiple, interne ed esterne, che richiedono attenzione e cura costante. In una scuola articolata, la semplificazione deve diventare uno strumento strategico per rafforzare connessioni, rendere le responsabilità più leggibili e gli ambiti di intervento più chiari, evitando sovrapposizioni per restituire centralità alla comunità educante.  Pertanto ogni ambito riformato dovrà tener conto di questa vitale architettura relazionale, e solo così sarà possibile costruire un’organizzazione capace di innovare, motivare e generare senso condiviso.  Una visione realmente efficace della governance non può esaurirsi nella gestione delle dinamiche interne, ma deve estendersi al contesto esterno (famiglie, territorio e comunità locali, imprese e mondo del lavoro, enti pubblici e associazioni culturali), fondamentale per il successo educativo e formativo poiché contribuisce a creare un ecosistema scolastico integrato. Tale prospettiva è pienamente coerente con il dettato dell’art. 1 del DLGS.297/1994, nonché con i principi dell’autonomia scolastica (L. 59/1997 e DPR 275 1999 art. 3-art-4) e la più recente L. 107/2015, (art.1 com. 2-3-22-34) che delinea un modello di scuola che si apre al contributo di una pluralità di soggetti, configurandosi come comunità educante diffusa. La L. 107/2015 non si limita a enunciare principi, ma definisce concretamente modalità di integrazione tra scuola e territorio, favorendo la creazione di reti educative e sostenendo la scuola come comunità educante.

Alla luce di quanto espresso vanno evidenziati i processi ineludibili affinché l’iter di revisione normativa non si traduca in semplificazioni affrettate o riduttive, si chiede di coniugare e assumere uno sguardo prospettico con una solida conoscenza del mondo scolastico, della sua complessa architettura organizzativa e del suo ricco patrimonio di valori.

Serve allora individuare con chiarezza, nella stesura di un nuovo impianto normativo, ciò di cui la scuola non può fare a meno:

1) La collegialità, con profonda attenzione a cosa e come semplificare:

a) ridare voce al collegio dei docenti, anche con articolazioni dello stesso (di cui - bisogna fare chiarezza - sia il testo unico che il D.P.R. 275 riconoscono unicamente la possibilità, non l’obbligo) che consentano il confronto democratico, la crescita culturale e che diano voce alla professionalità docente;

b) rivedere il ruolo dei genitori sia nei consigli di classe sia nel Consiglio di Istituto con una curvatura sulla partecipazione autentica e consapevole, per rendere gli organi collegiali spazi reali di dialogo e decisione condivisa (la scuola non può fare a meno dei genitori nonostante l’insofferenza anche di molti insegnanti).

 2) I rapporti con il territorio (scuola-famiglia-territorio-enti locali-terzo settore)

Sia il testo unico DLGS 297/1994, sia il DPR275/ 1999 sull’Autonomia Scolastica e sia la l.107/2015, fondano il concetto di scuola come presidio culturale integrato nel tessuto sociale e aprono alla nascita di Patti Educativi Territoriali. L’autonomia scolastica deve rimanere un punto di riferimento, lo sfondo per qualsiasi revisione, bisogna però farla vivere nella sua interezza e darne piena attuazione: si potrebbe dire ora o mai più.

3) Il ruolo del Dirigente Scolastico.   

La scuola accoglie e rappresenta la pluralità del mondo che viviamo, per questo non sono possibili scorciatoie, come ad esempio concentrare potere sul ruolo del Dirigente Scolastico, di cui abbiamo già avuto un’esperienza negativa, perché laddove viene esercitata, sostenuta anche spesso dai modelli di formazione iniziale e in servizio dei Dirigenti Scolastici (un D.S. che assume sulla propria figura tutto l’Apparato, fa comodo, anche dal punto di vista economico), si evidenziano elementi di scollamento con i docenti, con il personale, con gli studenti, con il territorio e soprattutto con la missione della scuola.

Sta venendo meno la funzione del Dirigente Scolastico come figura capace di guidare i processi educativi e sostenere apprendimenti significativi per gli alunni. Nei Decreti Delegati il Preside-Direttore Didattico era un primus inter pares, figura fortemente coerente con una scuola collegiale e partecipativa. Con l’autonomia scolastica e il DLGS 196/2001 il Dirigente Scolastico assume la responsabilità della gestione unitaria dell’Istituzione Scolastica e successivamente la L. 107/2015 ha rafforzato questo ruolo, attribuendogli poteri di indirizzo, valorizzazione del personale e definizione del PTOF. La figura del Dirigente Scolastico è, oggi, segnata da una significativa ambiguità, sospesa tra le aspettative di leadership autonoma e le forti e pesanti limitazioni imposte da una normativa centrale pervasiva.    

È necessario e urgente un confronto consapevole e competente, in primis con la politica, affinché, gli ambiti tematici individuati (sicuramente ce ne sono anche altri) e le possibili ricadute di eventuali interventi normativi vengano analizzati con la lente di ingrandimento. Ma anche con il mondo sindacale, che ben conosce le pieghe di ogni tema evidenziato, con le associazioni professionali di docenti e dirigenti, con le associazioni dei genitori, con gli studenti e le studentesse, che sono una leva importantissima, direttamente interessati ad una revisione degli organi collegiali, e hanno dimostrato, in questo ultimo periodo, una grande voglia di impegno e partecipazione in relazione a temi che li toccano da vicino, come la pace e il destino della Palestina e di Gaza.

Ritengo che il futuro della scuola dipenda anche da ognuno di noi: è necessario ripartire fin da subito da quanto è stato fatto per le iniziative del 18 ottobre 2025 per la scuola democratica: sicuramente ogni contesto avrà formato un comitato, bene, facciamolo funzionare nel senso sopra descritto. Riprendiamoci uno spazio nel dibattito pubblico, esercitiamo il ruolo di leva del confronto, con la consapevolezza che il disegno politico che sta prendendo forma è quello di rendere la scuola, dove si forma il futuro di un paese, funzionale al sistema, e così come accaduto per le Indicazioni Nazionali, rivolta al passato. Abbiamo bisogno di un progetto complessivo, in grado di coniugare il punto di vista politico-amministrativo con quello formativo, che costituisca, all’interno di una coerente cornice di senso, una alternativa credibile e robusta in grado di potersi contrapporre alla visione di scuola che sta con molta chiarezza emergendo dagli ultimi provvedimenti normativi.

Scrive...

Franca Rossi Già dirigente scolastica, membro del direttivo del CIDI di Perugia

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