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20/11/2025

La grammatica insegna a ragionare?

di Maria Piscitelli

Il quesito volutamente provocatorio, nel titolo, discende dal fatto che spesso si attribuisce alla grammatica un potere straordinario, risolutivo di molti problemi. Grazie al suo sistema normativo e al suo rigore formale, garantirebbe a ognuno le competenze relative alla padronanza della madre lingua, insegnando a ragionare, e come si legge nelle nuove Indicazioni per il primo ciclo, sarebbe addirittura in grado di educare ogni individuo al rispetto delle norme nella società civile. Sicuramente così non è per quest’ultimo aspetto, mentre per il primo è possibile, tuttavia ciò accade a determinate condizioni su cui focalizzeremo la nostra attenzione.

La prima condizione riguarda il chiarimento del ruolo della grammatica a scuola, la quale indubbiamente costituisce, insieme all’educazione alla varietà degli usi della lingua e all’educazione letteraria, un settore fondamentale dell’insegnamento linguistico. Insegnandola si rafforza e si affina effettivamente l’uso linguistico, accrescendo capacità cognitive e metacognitive tese principalmente a «costruire la capacità di guardare alla lingua come a un oggetto degno di attenzione e analisi; a costruire una mentalità problematica e un atteggiamento scientifico nell'analisi dei fenomeni linguistici e testuali» [1]. Tuttavia non è la grammatica a sviluppare la padronanza linguistica cioè il possesso «ben strutturato di una lingua assieme alla capacità di servirsene per i vari scopi comunicativi» [2] (QdR Invalsi 2018, p.3). Non è grazie ad essa che si dotano gli alunni di una «lingua articolata e stratificata, portatrice delle componenti identitarie delle comunità e di più mondi in cui la maggioranza di studenti può riconoscersi» [3]. Di una lingua cioè che ogni parlante utilizza in modi che evolvono nel tempo, attraverso lo spazio geografico e sociale, i contesti o mezzi di comunicazione (orale, scritto, trasmesso). Questo compito rientra nell’ambito dell’educazione linguistica impegnata a sviluppare abilità linguistiche e cognitive e quindi la capacità di capire e produrre testi orali e scritti via via più articolati e complessi [4]. Appare quindi del tutto fuori luogo l‘orientamento assunto nelle Indicazioni nazionali 2025 verso la centralità della grammatica valorizzata a tal punto da emarginare l'educazione a una lingua plurale e relazionale insieme alla realtà evolutiva dei fenomeni linguistici. Colpisce il tono distaccato, se non sprezzante, con cui nel documento si oscurano evidenze scientifiche e didattiche,  presumibilmente misconosciute se non negate, e sconcerta l’esaltazione dei pregi di una visione di scuola fondata su una concezione autoritaria e selettiva, destinata a scartare tutte le forme di devianza linguistica, il cui obiettivo principale è quello di insegnare il funzionamento di regole tecniche per la produzione di frasi corrette, trascurando il potenziale generativo del linguaggio. In questo modello di scuola appartenente essenzialmente al passato e non del tutto superato, la pratica di una grammatica normativa (analisi grammaticali e logiche, paradigmi verbali e regole sintattiche), reputata efficace anche nello sviluppo delle capacità linguistiche, era molto apprezzata. Ripetere oggi l’errore di un ritorno ad approcci grammaticalisti sarebbe del tutto irragionevole. Altrettanto lo sarebbe se pensassimo di risolvere attraverso la grammatica «i problemi di un uso competente della lingua in tutta la sua ricchezza e varietà di sfaccettature espressive» [5].

Strettamente connesso alla funzione della grammatica nell’insegnamento della lingua è l’individuazione di un modello metalinguistico adatto all’insegnamento e all’apprendimento degli alunni. Un problema spinoso, poiché un modello metalinguistico connotato da logiche didattiche e principi pedagogici non esiste. Le norme o i criteri della scienza linguistica seguono altre vie che, rispetto alle esigenze della scuola, sono cieche.  Nonostante queste difficoltà reali, gran parte della scuola continua a riferirsi a un solo modello, senza ricercare altre soluzioni, come ad esempio optare per una rete di modelli. S. Gensini [6] consiglia di usare, a tal proposito «parti dei vari modelli come kit per fare fronte ai singoli problemi del percorso di apprendimento» . Facendo così, supereremmo molti disagi tra cui quello di conseguire traguardi che un solo modello metalinguistico (ad es. quello più diffuso a scuola) non possono prospettare.

Dai modelli metalinguistici passiamo alla riflessione sulla lingua, da considerare una premessa necessaria alla trattazione della grammatica [7]. Già valorizzata in molti documenti e contributi teorici, quest’attività di riflessione allena la mente dell’alunno al ragionamento, insegnando a indagare il rapporto fra i contenuti di pensiero e le forme linguistiche e la realtà della comunicazione [8].
Essendo un ambito di ricerca eterogeneo, essa non esclude la dimensione comunicativa e non necessariamente s’identifica con la riflessione grammaticale, permettendo, infatti, di attivare stimolanti processi di pensiero e atteggiamenti problematici che inducono domande, osservazioni di fenomeni linguistici prodotti dai comportamenti dei parlanti e dalle scelte operate in testi scritti via via più impegnativi. Di tali comportamenti, l'approccio proposto ricerca spiegazioni plausibili, mirando a mettere a fuoco concetti e regolarità soggette a prime generalizzazioni. Stiamo parlando di una riflessione linguistica interessata alla strutturazione di un pensiero logico e non tanto alla denominazione delle strutture linguistiche oppure all’assegnazione di etichette ai fenomeni linguistici, sovente obsolete oppure incomprensibili.

L’attenzione alla riflessione sulla lingua chiama in causa il materiale linguistico che dovrebbe possedere determinati requisiti prima di essere negoziato nelle attiviità. Tra questi,  prioritaria è  la pregnanza socio-culturale, linguistica e motivazionale che si realizza in genere quando gli oggetti linguistici veicolano concezioni, valori, abitudini, comportamenti, gusti, interessi, orientamenti sociali, con i quali si convive e s’interagisce. Al riguardo rilevanti sono le produzioni linguistiche reali, anche degli alunni, che riflettono situazioni concrete: spazi privati e pubblici/paesaggi linguistici (linguistic landscape) abitati da tanti messaggi anche in forma scritta (enunciati, microtesti, generi testuali, orali, scritti, multimediali…); la gamma di testi orali, scritti, multimediali (brevi ed estesi); i singoli enunciati ed enunciati-frase che gradualmente conducono a frasi costruite ad hoc sempre più complesse. Questo tipo di materiale, intriso di linguaggi noti e non noti, di implicazioni socio-culturali sovente specchio della società circostante, consente d’introdurre quasi naturalmente e in modo costruttivo elementi del metalinguaggio grammaticale che forniscono consapevolezze e prime acquisizioni dei concetti linguistici (registro di lingua, tipo di parole che usano i bambini o gli adulti, contesto comunicativo, scopi della comunicazione, atteggiamenti del parlante o dello scrivente, coerenza e coesione...). Di questa realtà messa in testo [9], esplorata, discussa e analizzata, l'alunno usa consapevolmente o inconsapevolmente la lingua sfruttando la sua personale grammatica implicita. Entriamo così nella 5a condizione, incentrata sulla valorizzazione del patrimonio linguistico di ogni alunno, compresa la grammatica implicita. R. Simone la chiama «apparato silenzioso e invisibile […] depositata nella mente di tutti»[10]che «opera silenziosamente e i parlanti la usano senza rendersene conto né saperla formulare a chiare lettere» . Lo stesso succede agli alunni che, «senza conoscere concetti quali quelli di verbo, soggetto, ecc.»[11], si esprimono attraverso enunciati comprensibili. M.L. Altieri Biagi sostiene che ogni attività grammaticale dovrebbe partire da ciò che gli studenti sanno, compresi quelli della sec. di I grado, conducendoli a prenderne gradualmente consapevolezza [12]. Un auspicio gradito che invita a implementare la grammatica implicita e ad accrescerla per arrivare a quella esplicita. Tuttavia, per realizzare le condizioni indicate, occorre abbandonare l’idea di un insegnamento grammaticale esaustivo (6a condizione) e selezionare in chiave formativa i nuclei fondamentali del sapere grammaticale. In quest’operazione il criterio principale è l’adeguatezza (cognitiva e motivazionale) dei contenuti prescelti alle strutture mentali degli alunni, finalizzando l’insegnamento a suscitare interesse e curiosità intellettive, oltreché a migliorare le abilità linguistiche e cognitive e arricchire la varietà degli usi della lingua.

Concludiamo riportando ulteriori interessanti riflessioni dei due linguisti, precedentemente citati, S. Gensini e R. Simone. Gensini si riferisce al fatto che a scuola «si fa più grammatica esplicita nella scuola di base che poi, compresa l’Università. Quando invece la maturazione cognitiva è superiore. […] Siamo di fronte a un rovesciamento di senso dal punto di vista didattico e della produttività dell’insegnamento» [13]. La seconda di R. Simone, che conferma il ribaltamento di senso enunciato da S. Gensini: «la morfologia è un ottimo esempio di eccesso di densità. […] Vista nel suo insieme come sistema è prevedibilmente un terreno d’inciampo. Basta pensare al verbo: ha sette modi, quattordici tempi, le forme finite e non finite, le diverse persone singolari e plurali» [14].

Gran parte della morfologia, aggiungiamo, è in genere prevista per la scuola primaria: ciò dovrebbe far riflettere profondamente sulle didattiche da attuare e sugli scopi formativi dell'insegnamento gramamticale: diventa rischioso e irrealistico affermare che la grammatica insegni a ragionare.

 

 

Note

[1]G. Cerini, I. Fiorin (a c. di), I curricoli della scuola di base, Testi e commenti, Napoli, Tecnodid, 2001, p.118

[2]QdR Invalsi 2018, p.3

[3]T. De Mauro in S. Loiero e M. A. Marchese (a c. di), L'educazione linguistica democratica, Bari, Laterza, 2018. p. 111

[4]Cerini - Fiorin 2001, p. 117

[5]S. Sgroi L'analisi logica ci salverà" Italiano e Oltre a. 17, n. 5, 2002 pp. 308-310

[6]S. Gensini, Grammatica e grammatiche nell’educazione linguistica a scuola e all’università, Giscel, Webinar on line, Roma, 2025.

[7]R. Simone, L'educazione linguistica dalla lingua al linguaggio, Firenze, La Nuova Italia, 1990, p.144)

[8]A. Colombo, I programmi Brocca d’Italiano, Lingua e nuova didattica, XXIII, n. 3, 1994, pp. 8-16.

[9]S. Moirand, Une grammaire des textes et des dialogues, Paris, Hachette,1990.

[10] Colombo 1994, p. 27

[11]Indicazioni Nazionali Primo Ciclo, 2012, p.30

[12]M.L. Altieri Biagi, Didattica dell’italiano, Milano, Edizioni scolastiche B. Mondadori, 1978, pp. 72-3

[13]S. Gensini, Webinar, Giscel, 24 gennaio 2025

[14] Simone 1990, p. 44.

Scrive...

Maria Piscitelli Già docente di lettere nelle scuole secondarie di secondo grado, successivamente distaccata all’IRRE Toscana. Svolge attività di consulenza, ricerca, sperimentazione sul curricolo verticale di educazione linguistica nei vari livelli scolari. È vicepresidente del CIDI di Firenze.

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